A Corinto, lavoro e predicazione

A Corinto, lavoro e predicazione

A Corinto Paolo prima si mantiene col suo lavoro, poi si dedica totalmente alla predicazione. Anche nella Chiesa di oggi qualcuno “vive” del proprio apostolato.

Omelia per giovedì 9 maggio 2024

Letture: At 18,1-8; Sal 97 (98); Gv 16,16-20

La pagina degli Atti che ascoltiamo oggi narra dell’arrivo di Paolo a Corinto e della fondazione della Chiesa in quella città.

Corinto, città cosmopolita

Ricostruita da Giulio Cesare, Corinto era diventata la capitale della provincia romana dell’Acaia.

La colonia giudaica di Corinto era importante, ma l’elemento romano e latino vi predominava; a causa del suo essere una città portuale, attirava una popolazione cosmopolita.

Anche per questo, era diventata tristemente nota per la licenziosità dei suoi costumi.

Lavoro e predicazione

Il brano è suddiviso in due parti (per quanto riguarda la vicenda di Paolo): all’inizio l’autore ci informa che l’apostolo – appena giunto a Corinto – si stabilisce nella casa di Aquila e Priscilla e si mantiene col lavoro delle sue mani (fabbricare tende).

Mantenersi col lavoro

Sebbene Paolo riconoscesse ai missionari il diritto al sostentamento,1 egli volle sempre lavorare con le sue mani2 per non essere di peso ad alcuno3 e per dar prova del suo disinteresse.4

Non accettò mai aiuti, eccetto che dai Filippesi,5 e – ugualmente – raccomandava ai suoi fedeli di lavorare per provvedere alla proprie necessità6 e a quelle dei bisognosi.7

Apostolato “retribuito”?

Nella seconda parte, dopo che Sila e Timoteo giungono dalla Macedonia portando aiuti per assisterlo,8 Paolo si dedica totalmente alla predicazione della Parola.

Sono due modi di svolgere il ministero apostolico, entrambi possibili tutt’oggi nella Chiesa, come abbiamo recentemente letto e studiato durante la catechesi degli adulti.9

In ogni caso, Cristo al centro

In entrambe le situazioni, comunque, Paolo ha sempre e solo una preoccupazione: testimoniare e persuadere tutti, sia i Giudei che i Greci, che Gesù è il Cristo.

Sempre nella gratuità

Come dicevo, tutt’oggi nella Chiesa ci sono persone che testimoniano la loro fede in Cristo continuando a mantenersi con la propria attività professionale, e altre che si dedicano totalmente alla predicazione e all’apostolato (preti o laici che siano), ma per tutte e due le categorie – pur cambiando il tempo dedicato specificamente all’apostolato – deve rimanere vero che annunciare il Vangelo non è un lavoro, ma una necessità interiore, che si svolge nella totale gratuità.

Quando a noi preti chiedono «che lavoro fai? E quanto ti pagano?», ovviamente dobbiamo rispondere che campiamo grazie alla generosità dei cristiani (che versano offerte o devolvono l’8×1000 alla Chiesa cattolica), ma che il nostro non è comunque un lavoro ma, come diceva Paolo, una necessità e una ricompensa:

annunciare il Vangelo non è per me un vanto, perché è una necessità che mi si impone: guai a me se non annuncio il Vangelo! Se lo faccio di mia iniziativa, ho diritto alla ricompensa; ma se non lo faccio di mia iniziativa, è un incarico che mi è stato affidato. Qual è dunque la mia ricompensa? Quella di annunciare gratuitamente il Vangelo senza usare il diritto conferitomi dal Vangelo (cfr 1Cor 9,16-18).

  1. Cfr 1Cor 9,6-14; Gal 6,6; 2Ts 3,9; cfr Lc 10,7. ↩︎
  2. Cfr 1Cor 4,12. ↩︎
  3. Cfr 1Ts 2,9; 2Ts 3,8; 2Cor 12,13-15. ↩︎
  4. Cfr At 20,33-34; 1Cor 9,15-18; 2Cor 11,7-12. ↩︎
  5. Cfr Fil 4,10-19. ↩︎
  6. Cfr 1Ts 4,11-12; 2Ts 3,10-12. ↩︎
  7. Cfr At 20,35; Ef 4,28. ↩︎
  8. Cfr 2Cor 11,8-9; Fil 4,15. ↩︎
  9. Nella Chiesa sono degni di particolare onore e raccomandazione i laici, celibi o uniti in matrimonio, che si consacrano in perpetuo o temporaneamente al servizio delle istituzioni e delle loro opere con la propria competenza professionale… I pastori della Chiesa accolgano volentieri e con animo grato questi laici, procurino che la loro condizione soddisfi quanto più possibile alle esigenze della giustizia, dell’equità e della carità, soprattutto in merito all’onesto sostentamento loro e della famiglia, e che essi godano della necessaria formazione, di spirituale conforto e incoraggiamento (Concilio Vaticano II, Apostolicam actuositatem 22). ↩︎