Accettare di non comprendere. Cuore Immacolato di Maria

Castità è accettare di non comprendere (il ritrovamento di Gesù nel Tempio)
Omelia per sabato 28 giugno 2025

Castità è accettare di non comprendere, amare rispettando l’intimità e l’unicità dell’altro, accettando di contemplarlo “da fuori”, senza “fagocitarlo”.

Letture: Is 61,10-11; 1Sam 2,1.4-8; Lc 2,41-51

Quando pensiamo a Maria e al suo cuore immacolato, siamo sempre orientati a pensare alla purezza morale, intesa come assenza di ogni pensiero e desiderio impuro.

Questo è senz’altro vero per Maria, ma è solo la conseguenza “ultima” di qualità ben più profonde, che stanno “a monte”.

La purezza sta più a monte

I «puri di cuore» che Gesù dichiara «beati»,1 sono anzitutto persone che non sanno e non vogliono vedere il male in nessuno, nemmeno nel loro peggior nemico; essi «vedranno Dio» perché lo sanno già intravvedere ora, in qualsiasi situazione, in qualsiasi persona:

«tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (cfr Mt 25,40).

Sapersi stupire

Sono persone semplici, che si lasciano stupire e meravigliare da tutto, a partire da ciò che non comprendono.

Così Luca ci descrive Maria e Giuseppe nel frangente dello smarrimento e del ritrovamento di Gesù – dopo tre giorni – tra i dottori nel tempio:

Al vederlo restarono stupiti

essi non compresero ciò che aveva detto loro.

Non pensare subito male

Mettiamoci nei panni di questi due genitori, angosciati nella ricerca del figlio: noi come avremmo reagito?

Maria e Giuseppe non pensano subito male di Gesù, ma danno per scontato che si trovi nella comitiva, tra i parenti e i conoscenti: sono genitori capaci di fidarsi del figlio, di dargli responsabilità, nonostante sia ancora un ragazzino.

Quanti genitori di oggi, invece, tengono i loro figli «sotto una campana di vetro», considerandoli incapaci di badare a sé anche quando sono ormai adulti? Quanti pensano male del mondo e degli estranei a prescindere?

Accettare di non comprendere

E anche quando si rendono conto che le cose non stanno come pensavano loro, Maria e Giuseppe non reagiscono da arrabbiati, non urlano, non sbraitano, non inveiscono, ma chiedono conto al figlio del perché della sua scelta:

«Figlio, perché ci hai fatto questo?»

Poi si mettono in ascolto, e accettano di non comprendere:

essi non compresero ciò che aveva detto loro.

Non giudicare

Un cuore puro è quello che, anche di fronte alle cose che non comprende, non “spara” subito giudizi, non fa il processo alle intenzioni (come facciamo sempre noi), ma si dà il tempo necessario per riflettere:

Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore.

Quante volte, di fronte alle azioni dei nostri fratelli che non riusciamo a comprendere (perché esulano dai nostri schemi) prendiamo la via più breve del giudicare male, del pensare (o dire) «io non avrei mai fatto così!»?

Castità è rinunciare a comprendere

E, se proprio vogliamo collegare il Cuore Immacolato di Maria al concetto di castità, essa va compresa in modo ben più profondo rispetto alla semplice purezza in ambito sessuale.2

L’amore casto è quello che riconosce la sacralità dell’altro e non pretende di “inglobarlo” dentro di sé.

In tal senso, ritorno sul concetto espresso poco sopra dell’accettare di non comprendere: l’etimologia del verbo “comprendere”, prima di rimandare al concetto intellettuale di «far entrare nella testa un concetto», rimanda al “contenere in sé”, “abbracciare”, “racchiudere”.

Perciò, castità è rinunciare a comprendere: significa amare rispettando l’intimità e l’unicità dell’altro, accettando di contemplarlo “da fuori”, senza “fagocitarlo” immediatamente per dare soddisfazione alla famelicità del proprio desiderio.

Tutti chiamati alla castità

A questa castità siamo chiamati tutti, nessuno escluso, perché è fondamentale nella coppia di sposi ma anche per i genitori nei confronti dei loro figli, per gli insegnanti verso i loro alunni, per i preti nei confronti dei loro parrocchiani…

  1. Cfr Mt 5,8.
  2. Vi invito ad approfondire il concetto cristiano di castità attingendo a quanto scritto dal fondatore della Comunità di Bose: cfr Enzo Bianchi, Le parole della spiritualità, Rizzoli, 1999 pp.145-148 (testo che si può leggere anche in formato digitale sul sito del Monastero di Bose).