Alla fine chi resterà? 4ª Domenica del Tempo Ordinario (A)

Sulla terra resteranno solo i miti, gli umili e i poveri

Quando tutti i prepotenti si saranno distrutti a vicenda, chi resterà ad abitare la terra? I miti, «un popolo umile e povero» che confida nel Signore.

Omelia per domenica 29 gennaio 2023

Letture: Sof 2,3; 3,12-13; Sal 145 (146); 1Cor 1,26-31; Mt 5,1-12

Mentre Marco e Luca iniziano a raccontare il ministero pubblico di Gesù partendo dai Suoi miracoli, Matteo si focalizza anzitutto sul Suo insegnamento, e attacca subito “alla grande” col Discorso della Montagna (e quindi con la pagina delle Beatitudini, la Magna Carta di Gesù).

Di solito ascoltiamo questo brano nella Solennità di Tutti i Santi e in questa Quarta Domenica del Tempo Ordinario del Ciclo Liturgico “A”, ma tre anni fa l’abbiamo saltata a piè pari perché quella domenica cadeva il 2 di febbraio, e allora abbiamo celebrato la festa della Presentazione del Signore.

Due parole sulle Beatitudini

Anche se ci troviamo davanti ad una delle pagine più ricche e importanti del Vangelo, non posso commentare le Beatitudini per intero, perché non ne avrei lo spazio, il tempo e nemmeno l’adeguata competenza: mi soffermerò solo su una di esse che mi pare cadere a pennello per la situazione attuale.

Una chiave di lettura generale, però, la devo pur dare. Queste affermazioni di Gesù sono costituite da tre elementi:

  1. la proclamazione di beatitudine, comune a tutte («Beati…»),
  2. la categoria di persone che è oggetto di questa proclamazione,
  3. la motivazione della beatitudine.

Delle tre, la più importante è l’ultima, e bisogna porre l’accento su quella, ovvero: non si è “beati” perché ci si trova in una determinata condizione o categoria (altrimenti bisognerebbe presupporre che Gesù ci chieda non solo di diventare poveri in spirito, puri di cuore, misericordiosi e operatori di pace – il che sarebbe anche comprensibile – ma anche di essere afflitti e di cercare la persecuzione!).

I poveri o gli afflitti non devono considerarsi felici in ragione della loro condizione, ma perché Dio li rassicura di stare dalla loro parte. La proclamazione di beatitudine è motivata dal fatto che Dio sta dalla parte degli umili e degli ultimi.

Il perché della mia scelta

Data la chiave di lettura, la Beatitudine su cui mi soffermo a riflettere oggi è

«Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra».

L’ho scelta perché da mesi (troppi ormai) viviamo con una guerra alle porte, e la cosa – invece di spaventarci e preoccuparci – ha diviso l’opinione pubblica in due: da una parte i pacifisti e dall’altra gli entusiasti sostenitori dell’aiuto militare a oltranza all’Ucraina (in quanto Paese invaso).

E anche la discussione tra queste due fazioni assume – spesso e volentieri – i toni di una vera e propria guerra.

In realtà, quasi tutte le discussioni pubbliche diventano veri e propri conflitti: basti pensare a cosa si scatena nei talk show in TV, ma soprattutto sui Social, dove vari “leoni da tastiera” si lanciano invettive e minacce da far gelare il sangue.

C’è un clima di odio, prepotenza e prevaricazione che fa rabbrividire.

La guerra è sempre sbagliata

Io l’ho già detto in diverse occasioni: la guerra è sempre sbagliata, anche quando la si fa per difendersi, e occorre cercare sempre in tutti i modi di fermarla con il dialogo tra le parti.

Ovvio che chi è vittima di un’aggressione non può farcela da solo a cercare il dialogo col suo aguzzino… ma tutti gli “astanti” hanno il dovere di fare da pacieri! Soprattutto chi si proclama Paese pacifico che «ripudia la guerra» (cfr l’articolo 11 della nostra Costituzione).

Invece – è notizia di queste ultime ore – l’escalation militare diventa sempre più preoccupante, e l’Italia ci è dentro fino al collo.

La mitezza è l’unica via

La mitezza, anche quando sembra insensata, è l’unica via umana possibile; e per noi cristiani è addirittura un comandamento, perché è la via scelta da Gesù (una scelta pagata sulla sua pelle!):

«amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano» (Mt 5,44);


«A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra; a chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica» (Lc 6,29);


«Non rendete a nessuno male per male… Non fatevi giustizia da voi stessi… Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene» (cfr Rm 12,17-21).

La violenza non è mai una risposta adeguata al male, perché non fa che aumentarlo.

Quante volte è stato agitato in questi mesi lo spauracchio di una guerra atomica? E da quanti anni Papa Francesco ci ammonisce che stiamo combattendo una terza guerra mondiale a pezzetti?

Anche Dio sta con gli Ucraini

Però, in ogni pubblico confronto, si obbietta che ragionare così equivale ad essere filo-putiniani, dare ragione all’invasore invece di stare dalla parte offesa, degli oppressi, dell’Ucraina… Ebbene: non c’è falsità più grande di questa!

Essere per la pace non significa parteggiare per l’uno o per l’altro dei contendenti, o fare di tutta l’erba un fascio, senza riconoscere le responsabilità oggettive di chi ha usato violenza e prepotenza.

Anche Dio sta dalla parte degli oppressi, da sempre! (cfr Sal 9,10; Ger 22,3; Zc 9,8 e il Salmo Responsoriale di oggi).

Possiamo tranquillamente dire che Dio – in questa guerra assurda – sta dalla parte degli Ucraini, senza bisogno di tirarlo per la giacchetta (e non a caso Papa Francesco ci invita sempre – ogni giorno – a «pregare per la martoriata Ucraina»).

Ma il Suo modo di stare dalla parte degli aggrediti non si attua schiacciando e umiliando l’oppressore, come pensa la maggior parte degli Stati occidentali.

Chi resterà alla fine?

Torniamo ai miti: alla fine perché Gesù li proclama «beati», felici?

La loro felicità – come spiegavo all’inizio – non deriva certo dal farsi mettere la testa sotto i piedi, o dal dare ragione ai prepotenti, permettendo loro di perpetrare le più atroci ingiustizie, ma dal fatto che «erediteranno la terra».

Cosa vuol dire che i miti «avranno in eredità la terra»?

Questa non è altro che la previsione (più che probabile) che alla fine – dopo che tutti i prepotenti si saranno distrutti a vicenda nel tentativo di usurpare e arraffare – resteranno solo i miti ad abitare la terra, come afferma anche Sofonìa nella prima lettura:

«Lascerò in mezzo a te
un popolo umile e povero».

Confiderà nel nome del Signore
il resto d’Israele.

Il «resto di Israele» è una categoria biblica frequente nei profeti dell’esilio (cfr Is 10,20; Ger 31,7; Mi 2,12), e identifica proprio questo “rimasuglio” di “poveri cristi” che scelgono di tenersi ai margini dei litigi di chi vuole “spartirsi la torta” a tutti i costi, e nemmeno vogliono prendere parte alla difesa dei diritti coi metodi della violenza.

Sono i non violenti, gli «artigiani di pace», come recita un’altra delle Beatitudini.

The day after

C’è una considerevole filmologia sul tema di cosa resterebbe dopo un’eventuale conflitto mondiale atomico, e tutte le immaginazioni possibili prospettano il ritorno a una società rurale, molto simile a ciò che c’era prima di tutto quello che noi chiamiamo “progresso”.

J.F.Millet, Angelus

L’immagine che mi è venuta subito alla mente è quella della società contadina molto ben rappresentata nel celebre dipinto di Jean-François Millet che ho usato come immagine-copertina di questa omelia: L’Angélus.

Non raffigura solo una situazione di pre-industrializzazione, ma anche (e soprattutto) un atteggiamento di fede e profondo rispetto di tutto e di tutti: dei propri simili – visti come figli di Dio – e dell’intero Creato.

Non a caso, un film più recente (dal titolo molto simile a quello sottinteso poco fa) prospetta una distruzione totale e un ritorno alla preistoria non a causa di una guerra mondiale, ma degli inevitabili e catastrofici effetti dei cambiamenti climatici, che non sono altro se non il risultato della violenza e della prepotenza con cui l’uomo tratta il Creato, come se ne fosse padrone.

Restiamo umani

L’invito finale di questa riflessione a partire dalla beatitudine dedicata ai miti è quella di non aspettare di autodistruggerci per tornare alla situazione pacificata che Dio aveva pensato quando aveva creato il mondo, ma di cercare a tutti i costi di riportare le cose al loro ordine senza violenza, ma con la mitezza e il dialogo.

Non ci dovrà sempre essere un “diluvio universale” per farci capire che stiamo andando nella direzione sbagliata, o no?

E anche i cristiani che invocano da Dio un castigo per “resettare” tutto non hanno capito nulla! Significa chiedere al Signore di diventare violento come noi, anziché cercare noi di diventare miti come Lui:

«imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita» (Mt 11,29).

Gesù si è fatto uomo così (cfr Fil 2,5-11), e se vogliamo essere uomini secondo il progetto di Dio dobbiamo assomigliare il più possibile al Figlio Suo.

Essere e restare uomini oggi significa anzitutto questo: rinunciare alla violenza sempre, e cercare la pace ad ogni costo (anche la propria vita).