Sepolti con Cristo. Veglia Pasquale (A)

Sepolti con Cristo

La Veglia Pasquale completa il cammino quaresimale alla riscoperta del nostro battesimo: siamo stati battezzati, cioè sepolti in Cristo, per risorgere con Lui.

Omelia per sabato 8 aprile 2023

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Letture: brani a scelta tra le 7 letture proposte (almeno tre dall’A.T.; obbligatoria Es 14,15- 15,1)

Quest’anno, durante la Veglia Pasquale, avrò la gioia di amministrare un battesimo, e così la celebrazione sarà senz’altro molto lunga, ma – finalmente – completa in tutte le sue parti.

La liturgia battesimale della Veglia, infatti, quando non ci sono battezzandi è “ridotta al lumicino”, e si rischia di viverla come qualcosa di molto simbolico, veloce e scarno.

Comunione dei santi

Invece, quando si celebra un battesimo, si ha la possibilità di ripercorrere in pienezza tutti i simboli del Sacramento che ci ha fatti rinascere a nuova vita.

Non è solo l’occasione di una mistagogia per i fedeli presenti, ma – per effetto della comunione dei santi (e delle cose sante) – i doni che scendono sul battezzando sono partecipati a tutti i presenti.

Una degna conclusione del cammino

Questo ha ancora più valore a coronamento della Quaresima di questo anno del ciclo liturgico “A”, che ci ha fatto ripercorrere tutte le tappe proposte fin dall’antichità ai catecumeni.

La Liturgia, infatti, prevede che il sacerdote si rivolga a tutta l’assemblea con queste parole:

Fratelli e sorelle, per la grazia del mistero pasquale
siamo stati sepolti insieme con Cristo nel Battesimo,
per camminare con lui in una vita nuova.
Ora, portato a termine il cammino quaresimale,
rinnoviamo le promesse del santo Battesimo…

Oltre a sottolineare che questa grande Veglia è la degna conclusione di un cammino quaresimale alla riscoperta del nostro battesimo, la monizione del sacerdote riprende un’espressione ascoltata durante la Liturgia della Parola nell’Epistola (sono le parole dell’apostolo Paolo ai Romani):

Per mezzo del battesimo dunque siamo stati sepolti insieme a lui nella morte…

Sepolti per risorgere

Non è proprio una bella immagine quella della sepoltura, soprattutto se la si usa per parlare ai genitori del bambino da battezzare, eppure è fondamentale nell’economia del significato teologico del Sacramento e del suo legame con la Pasqua.

È un concetto fondamentale nel linguaggio paolino per descrivere come il Battesimo renda presente la Pasqua di Cristo, operando in noi il passaggio dalla morte alla vita.

Ma per risorgere occorre prima morire, per forza di cose, e venire anche sepolti.

Non ci sarebbe vera risurrezione, se prima non si fosse appurata con certezza la morte, come nella vicenda di Lazzaro, che abbiamo meditato nel vangelo della 5ª Domenica di Quaresima.

L’immagine di Lazzaro che «manda già cattivo odore» perché è nel sepolcro «da quattro giorni» non ci ha certo allettati, eppure era necessaria perché Gesù potesse manifestare la gloria di Dio, capace di riportare la vita in un corpo ormai in putrefazione.

Così anche noi, questa notte, potremo risorgere a vita nuova solo se accetteremo di morire del tutto ed essere sepolti, senza tante storie. Anche a noi – come a Marta – Gesù Risorto dice:

«Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?»

L’immagine perduta

La parola “battesimo” significa “immersione”, perché nell’antichità il rito avveniva proprio così: il catecumeno scendeva alcuni scalini in una piscina fino a immergersi totalmente, per poi riemergere (gli Ortodossi lo celebrano tuttora così, come si vede dall’immagine di copertina che ho scelto per questa omelia).

Tale dinamica è essenziale per riproporre il movimento di Cristo che viene deposto nel sepolcro per poi uscirne vivo e glorioso dopo tre giorni.

Così i catecumeni venivano “sepolti” nell’acqua per significare in modo anche plastico nel loro gesto la morte di una vita caratterizzata dal peccato e la risurrezione a una vita nuova.

Un significato da recuperare

Oggi, purtroppo, il battesimo avviene per infusione e non più per immersione, però è bene ribadirne adeguatamente il significato, nonostante non vi sia più un’immagine così chiara da contemplare.

È bene che questa notte individuiamo tutto ciò che di noi va sepolto, immerso nella morte di Cristo, pena: il vivere una Pasqua solo esteriore.

E lo dobbiamo fare noi adulti, già battezzati, anche e soprattutto a nome di questo bambino, a partire – quindi – dai suoi genitori e padrini.

Nostalgici del passato

Nel nostro modo di parlare c’è un’espressione che a volte usiamo per dire che una cosa è finita e persa irrimediabilmente: «questa cosa è morta e sepolta».

La maggior parte delle volte lo diciamo con rassegnazione riferendoci a qualcosa a cui tenevamo tanto, e che – purtroppo – è sfumata e si è perduta nel passato.

Per carità: alcune cose si possono anche rimpiangere… ma noi – pur vivendo in una società che cerca sempre il nuovo e l’ultimo modello in tutto – siamo fondamentalmente dei nostalgici, degli innamorati dei “bei tempi passati”.

La Pasqua ci invita a invertire la rotta, a far piazza pulita delle nostre nostalgie malate, per far spazio a qualcosa di nuovo.

Via le cose vecchie!

Bisogna aver coraggio per risorgere a vita nuova: il coraggio di morire ed essere sepolti.

Questa notte dobbiamo avere la forza di seppellire cose futili e vuote (alle quali difficilmente sappiamo rinunciare) per fare spazio a ciò che è vero e autentico, e per far nascere in noi una vita nuova.

Nell’Epistola di Paolo che abbiamo letto, l’apostolo parla dell’«uomo vecchio», del vecchio “Adamo”, che deve essere crocifisso con Cristo.

Anche i nostri fratelli ebrei in questi giorni celebrano la festa degli Azzimi, facendo sparire tutto ciò che sa di vecchio (il lievito naturale non è altro che un derivato del pane vecchio, raffermo).

E noi, cosa dobbiamo seppellire e far sparire definitivamente?

Cosa seppellire?

Morti e sepolti devono essere gli atteggiamenti di indurimento che abbiamo, quando diciamo di noi stessi: «io sono fatto così… alla mia età non posso più cambiare»; e quando diciamo delle nostre comunità parrocchiali: «qui si è sempre fatto così…»

Morti e sepolti devono essere i comportamenti intransigenti, che rendono il nostro cuore duro, arido, chiuso alla grazia di Dio.

Morti e sepolti devono essere gli atti di chiusura che sbattono le porte in faccia ai nostri fratelli e a chi vorrebbe incontrare Cristo, e invece si imbatte in “cristiani” acidi, rancidi e raffermi.

Dietrofront!

Anche noi, come le donne del vangelo, dobbiamo invertire la rotta: non più a verso la tomba, con lo sguardo triste e rassegnato, ma «abbandonato in fretta il sepolcro con timore e gioia grande… correre a dare l’annuncio».

Se vogliamo fare Pasqua e uscire di qui totalmente nuovi, dobbiamo seppellire i nostri “altarini” e “mausolei” vari alle inutili nostalgie del passato.