Beata perché benedetta. Assunzione della Beata Vergine Maria

Beata perché Benedetta

Maria è detta “Beata” perché ha capito che Dio l’aveva “benedetta”, amata e prediletta fin dall’eternità. Se ci fideremo sempre di Lui saremo beati anche noi.

Letture: 1Cr 15,3-4.15-16;16,1-2; Sal 131 (132); 1Cor 15,54-57; Lc 11,27-28 (Messa della vigilia)
Ap 11,19; 12,1-6.10; Sal 44 (45); 1Cor 15,20-26; Lc 1,39-56 (Messa del giorno)

La festa dell’Assunta quest’anno cade in domenica, perciò interrompiamo l’ascolto del capitolo 6° del vangelo secondo Giovanni, che ci stava istruendo su Gesù Pane di Vita.

Insieme a tutta la Chiesa, siamo invitati a fermarci a contemplare ancora una volta la nostra Madre Celeste, per intravedere quello che saremo chiamati ad essere.

Scriveva – infatti – Padre Raniero Cantalamessa in una sua omelia anni fa:

In tutte le altre feste noi contempliamo Maria come segno ed esempio di ciò che la Chiesa deve essere; nella festa di oggi la contempliamo come segno di ciò che la Chiesa sarà.

Maria ci ha preceduto in quello che sarà il nostro destino secondo il disegno di Dio Padre: essere con Lui nella Sua gloria, ed esserlo completamente, anima e corpo.

È ciò che proclamiamo nella professione di fede “corta”, detta Simbolo degli Apostoli: «Credo nella risurrezione della carne». Su questo tema ho dedicato la riflessione due anni fa.

Perché Maria è “beata”?

In questa solennità dell’Assunzione di Maria mi voglio fermare a riflettere sul titolo di “beata”, che sempre la Chiesa antepone al suo nome.

Perché la nominiamo quasi sempre “Beata Vergine Maria”?

Di sicuro non la chiamiamo così sottintendendo il senso del nostro modo di parlare corrente («Beata te che puoi fare le ferie in Egitto… beato te che hai un lavoro strapagato…»).

Maria è “beata” perché vive la beatitudine celeste, assieme a tutti gli Angeli e i Santi… ma questo appellativo l’ha ricevuto già sulla terra; la prima ad attribuirglielo è proprio la sua parente Elisabetta:

«beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».

Poco dopo se lo attribuisce da sola, profetizzando che quello rimarrà il suo appellativo per sempre:

«D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata».

Vivere col cuore in Cielo

L’anno scorso dicevo che Maria poteva fare questa affermazione senza ombra di superbia per il fatto di vivere «con i piedi sulla terra e il cuore in Cielo».

Ella ha vissuto giorno per giorno la sua vita con sguardo credente, avendo lucida coscienza che Cielo e terra si toccano, che Dio non smette mai di essere vicino alle Sue creature e agisce continuamente nella storia.

Contemplare l’opera di Dio sulla terra

Infatti, tutto il Magnificat non è altro che un elenco delle grandi opere che Dio ha compiuto sulla terra; cantandolo, Maria si aggiunge al coro dei “beati”, ovvero di coloro che sanno vedere “oltre”, che riescono ad intravedere lo “zampino” di Dio dietro ogni cosa, come proclama Gesù:

«Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio» (Mt 5,8).

Come dice Elisabetta, Maria è “beata” perché anche lei «ha creduto» al Signore e alle Sue promesse, proprio come un bambino crede senza ombra di dubbio a tutte le parole del suo papà e della sua mamma.

Prima di tutto “benedetta”

Ma il primo saluto che Elisabetta rivolge alla cugina è “Benedetta”.

Cosa vuol dire “benedetto”?

A noi viene subito in mente l’atto del sacerdote che benedice qualcosa o qualcuno, aspergendolo con l’acqua santa… ma il termine – in sé – è la fusione di due parole: “dire” e “bene”.

“Benedetto” è colui di cui un altro «parla bene», tessendone le lodi (oppure prendendone le difese nel momento in cui qualcun altro lo accusasse).

Il primo a benedire è Dio

Da chi è “bene-detta” Maria?

Anzitutto da Dio, come ella stessa aveva appreso poco prima dall’Arcangelo Gabriele:

«Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te» (Lc 1,28).

A queste parole Maria rimane turbata perché fa fatica a capire l’appellativo «piena di grazia», parola che – tradotta letteralmente dal greco – significa «tu che sei stata resa graziosa».

Quella parola (in greco kecharitoméne) non dice una qualità naturale e innata di Maria, ma un dono fattole da Dio fin dall’eternità, proprio perché Lui le vuole bene, la stima, si prende cura di lei: è «con lei», da sempre e per sempre. È Gabriele stesso a ribadirlo:

«Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio» (Lc 1,30).

In queste parole mi sembra di immaginare l’angelo – un po’ goffo e un po’ “invidioso” – riferire a questa piccola ragazzina di Nazareth tutta l’attenzione e la cura che Dio ha verso di lei e che lui stesso ha percepito nei modi di Nostro Signore mentre lo inviava a portarle l’annunzio.

Della serie: «devi proprio essere una delle Sue preferite per parlarmi così bene di te e farmi tutte queste raccomandazioni, eh? Con nessuno di noi angeli fa così il premuroso!»

Più avanti – infatti – aggiunge:

«Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra» (Lc 1,35).

Meditando su queste parole Maria si scopre amata, protetta, difesa, da un “avvocato” imbattibile, come dirà l’apostolo Paolo:

«Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? …Chi muoverà accuse contro coloro che Dio ha scelto?» (Rm 8,31.33).

Benedetti perché piccoli

Allo stesso tempo, Maria si rende conto che questa predilezione e protezione di Dio le viene a motivo della sua piccolezza e insignificanza:

«ha guardato l’umiltà della sua serva».

Il termine è stato tradotto con “umiltà”, ma in realtà il significato è molto più “denso”: in greco – infatti – tapèionsis vuol dire “pusillanimità”.

Maria vive nella consapevolezza di essere piccola, povera, insignificante davanti alla grandezza di Dio e del Creato, ma – proprio per questo – degna del Suo sguardo d’Amore e predilezione, perché – da sempre – Dio sceglie i piccoli:

«Il Signore protegge i piccoli:
ero misero ed egli mi ha salvato»
(Sal 116,6).

Conosce la Storia della Salvezza, e ricorda bene che Dio ha scelto Giacobbe invece di Esaù (cfr Gen 25,19-34), il piccolo Davide invece dei suoi fratelli più grandi e forti (cfr 1Sam 16,1-13)…

Piccoli per scelta

Però, sa anche che – davanti a Dio – non basta essere piccoli e poveri a livello di condizione sociale ed economica (magari perché resi tali dalle ingiustizie dei prepotenti), ma che l’umiltà e la semplicità sono virtù da coltivare e vivere, ogni giorno.

La povertà è un atteggiamento di fede: “poveri” lo si è anzitutto nello spirito (cfr Mt 5,3). Prima ancora che lo insegni suo figlio Gesù, Maria sa che la piccolezza accettata, cercata, vissuta con fede è l’unica condizione per essere graditi a Dio:

«chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato» (Lc 14,11).

Dio innalza gli umili

Infatti, continuando il suo cantico di lode, Maria proclama che Dio

«ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili»
.

Resa Beata perché fattasi piccola

Fin dal primo incontro Maria si è fatta piccola piccola davanti a Dio:

«Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola» (Lc 1,38).

Rispondendo così all’angelo, Maria ha permesso che Dio compisse in lei lo stesso cammino che Lui stesso aveva deciso di compiere nel Suo Figlio, fin dall’eternità: abbassarsi e umiliarsi facendosi servo degli uomini:

Cristo Gesù:
pur essendo nella condizione di Dio,
non ritenne un privilegio
l’essere come Dio,
ma svuotò se stesso
assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini.
umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce
(cfr Fil 2,5-8).

Essendosi Maria umiliata fino a farsi “serva” – in modo del tutto simile a quello operato dal Suo Unigenito Figlio – Dio ha deciso di innalzarla nella gloria, nella condizione di beatitudine in cui la festa di oggi ce la fa contemplare.

Proprio come aveva fatto con Suo Figlio, a motivo della Sua fedeltà e umiltà:

Per questo Dio lo esaltò
e gli donò il nome
che è al di sopra di ogni nome…
(cfr Fil 2,9-11).

Se volgiamo essere “beati”…

Dicevamo all’inizio che – in Maria – Dio ci vuol far intravedere il destino di gloria che ci ha riservato: l’essere per sempre “beati” in Cielo, con la Madonna, gli angeli e i Santi.

Vogliamo davvero essere “beati” così, o ci accontentiamo delle nostre piccole e false “felicità” terrene?

Non è un cammino semplice, l’abbiamo detto: per salire in Cielo occorre anzitutto abbassarsi fino a terra, facendosi umili e poveri.

Anche Maria – come e prima degli altri Santi – non è arrivata in Cielo “salendo le scale”, ma scendendo nei “bassifondi” della povertà umana, facendosi serva di Dio e degli uomini.

Ancora una volta (è la raccomandazione che faccio sempre): non facciamo l’errore di pensare alla santità come il frutto di un unico gesto eroico, ma il risultato di tanti piccoli gesti di servizio, svolti nella semplicità e nel nascondimento della vita quotidiana.

Così è stato per il caro San Massimiliano Kolbe (che ricordiamo nella vigilia dell’Assunzione), di cui – ahimè – ricordiamo solo il gesto eroico di aver donato la vita al posto di un padre di famiglia nel campo di concentramento di Auschwitz.

Come vivere già ora da beati

Volevo spendere anche una parola o due sul bellissimo brano dell’Apocalisse che fa da Prima Lettura alla Liturgia di oggi.

L’immagine grandiosa della donna vestita di sole non è solo prefigurazione di Maria, ma di tutta l’umanità. E il drago minaccioso, pronto a rapire il bambino che sta per nascere, è simbolo del male di cui siamo circondati e di cui facciamo esperienza ogni giorno.

Contemplare Maria beata in Cielo da quaggiù, dalla nostra terra martoriata dal dolore, non ci deve far provare invidia, o scoraggiarci fino a farci cadere le braccia, anzi!

La sorte di quella donna che – pur minacciata – trova salvezza «nel deserto, dove Dio le aveva preparato un rifugio», ci deve rincuorare.

Ma per trovare salvezza bisogna che – come Maria – tutta la Chiesa prenda coscienza di non poter affrontare da sola il male che minaccia il mondo e l’avvento del Regno di Dio.

Spesso – di fronte ai mali e alle difficoltà della vita – l’umanità si “danna” (“dannata” è il contrario di “beata”), pensando di poterli affrontare da sola, senza far affidamento su Dio.

È proprio questo il “drago” contro cui dobbiamo combattere oggi: l’indifferenza, il pensiero ateo, che ci spinge a creder che Dio non esiste, o che se ne può fare a meno.

Invece saremo “beati” anche noi con Maria, già su questa terra, se ci faremo prendere per mano da Dio, se crederemo nell’adempimento delle Sue parole, se ci fideremo totalmente di Lui.