
Sono anni che non mi confesso…
Come vivere la confessione dopo anni di lontananza da questo sacramento? Consigli per il sacerdote e per il penitente.
Sono davvero tante le storie che ascolto durante il mio ministero di confessore, e molte sono fonte di riflessione che è bello condividere con tutti: c’è sempre da imparare e da crescere nella fede, e anche nella capacità di vivere questo sacramento in modo sempre più santo.
Come vivere la confessione dopo anni di lontananza da questo sacramento? Consigli per il sacerdote e per il penitente.
Non andare a Messa è peccato grave non perché si trasgredisce un precetto: è una mancanza di riconoscenza a Cristo, morto in croce per noi.
Pur configurandosi secondo diversi gradi di gravità, la bestemmia è sempre un male, sia per chi la dice che per chi la deve ascoltare suo malgrado.
Molti penitenti si accusano di peccati che non sono tali: stati d’ansia, paure, preoccupazioni… Qui il confessore deve rassicurare e consolare.
Occorre leggere e capire le proprie arrabbiature per verificare che non siano frutto dell’ira, e usarle nella direzione giusta, per fare chiarezza senza ferire.
Le complicazioni nell’esporre i nostri peccati in confessione sono stratagemmi del diavolo per farci perdere la serenità e la speranza nella misericordia divina.
Tanti chiedono ogni quanto sia bene confessarsi… ma se amiamo il Signore la domanda non ha senso! Il nostro rapporto con Dio non è un contratto!
La Confessione non è un tribunale di condanna, ma di misericordia! Il confessore, come medico, deve guarire e come giudice deve assolvere.
È davvero un peccato non pregare o pregare poco, in tutti i sensi! Chi non prega non sa cosa si perde e quanto male si fa: non pregare è un lento suicidio!
Occorre chiarire che saper perdonare non significa riuscire a dimenticare i torti subiti: è una virtù che richiede un cammino impegnativo e tanta preghiera.