Come se non ci fosse Dio

Come se non ci fosse Dio

La superbia ci fa spesso parlare e agire come se non ci fosse un Dio, anzi: facendocene prendere il posto. Abbiamo tutti bisogno di umiliarci.

Omelia per mercoledì 22 maggio 2024

Letture: Gc 4,13-17; Sal 48 (49); Mc 9,38-40

Onestamente non so per quale recondito motivo i liturgisti abbiano omesso i due versetti della Lettera di Giacomo che stanno tra il brano della Prima Lettura ascoltato ieri e quello proposto oggi:

Chi dice male del fratello, o giudica il suo fratello, parla contro la Legge e giudica la Legge… Uno solo è legislatore e giudice, Colui che può salvare e mandare in rovina; ma chi sei tu, che giudichi il tuo prossimo? (cfr Gc 4,11-12).

Come appare in modo abbastanza chiaro, queste poche righe fanno da collegamento tra i due brani e sono la chiave di lettura del testo di oggi.

Come se non ci fosse Dio

Se nel testo di ieri l’apostolo ci spiegava che le liti, le divisioni e le guerre (dentro e fuori di noi) nascono dall’«amore per il mondo» che ci allontana da Dio, nella pagina odierna dipinge in modo impietoso che fine fa l’uomo quando si allontana da Dio, anzi, agisce come se non ci fosse Dio:

voi, che dite: «Oggi o domani andremo… faremo…», …non sapete quale sarà domani la vostra vita! Siete come vapore che appare per un istante e poi scompare.

Superbia e arroganza

Voi che ragionate così – dice Giacomo – vi vantate nella vostra arroganza, ma ogni vanto di questo genere è iniquo.

Ecco perché dicevo che i due versetti mancanti sono la chiave di lettura del brano di oggi: «chi sei tu, che giudichi il tuo prossimo?» – chiede Giacomo, lapidario – sei solo un arrogante, un superbo, che ragiona come se non ci fosse un Dio!

Sì, avete inteso bene: quando giudichiamo gli altri ci mettiamo al posto di Dio, perché Uno solo è legislatore e giudice, Colui che può salvare e mandare in rovina.

Mettersi al posto di Dio

Ogni volta che ci innalziamo su un piedistallo e puntiamo il dito contro gli altri, ci crediamo detentori della giustizia, della verità, dell’ordine e del destino del mondo: pensiamo, parliamo e agiamo come se non ci fosse Dio, anzi, facendoci noi dei “padreterni”.

È lo stesso atteggiamento di Giovanni nel vangelo di oggi, che voleva impedire a uno di scacciare demòni in nome di Gesù perché non faceva parte dei Dodici: il discepolo che agisce come se non ci fosse un Maestro, anzi, che vuole prenderne il posto, come Pietro a Cesarea di Filippo.1

Farsi piccoli

Ancora una volta siamo chiamati a umiliarci, a farci piccoli, a sottometterci a Dio (come ci esortava Giacomo nel testo ascoltato ieri), ricordando che siamo tutti Suoi figli, e nessuno di noi può vantare una superiorità rispetto agli altri.

Se Dio vorrà

Uno dei modi per coltivare questa umiltà è proprio quello del rimettere le cose al loro posto, nel giusto ordine, ricordando che tutto è in mano al Signore:

Dovreste dire: «Se il Signore vorrà, vivremo e faremo questo o quello».

Non è fatalismo né rassegnazione negativa: è rimettersi nelle mani di Dio, nella certezza rassicurante che – grazie al Cielo – è Lui che decide, e Lui decide sempre e solo per il bene, di tutti.

  1. [Gesù] cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto… Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini» (cfr Mc 8,31-33). ↩︎