Con tutto te stesso. 31ª Domenica del Tempo Ordinario (B)
Omelia per domenica 3 novembre 2024
Comandandoci di amare con tutto noi stessi, Dio non ci chiede l’impossibile, ma di sperimentare già ora ciò che un giorno vivremo in pienezza.
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Letture: Dt 6,2-6; Sal 17 (18); Eb 7,23-28.18; Mc 12,28-34
L’aggettivo «tutto» martella ossessivamente le pagine della Scrittura di questa domenica:
il primo di tutti i comandamenti…
amare con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente, con tutte le forze…
Intensità o unità?
“Tutto” è un vocabolo con un sacco di sfumature semantiche: basta consultare un dizionario per rendersene conto.
Per quanto riguarda l’uso nella formulazione «tutto il cuore, tutta l’anima, tutta la mente», il sito di Treccani dice che ha una funzione prevalentemente intensiva; ma io credo che la Parola di Dio voglia rimarcarne soprattutto il senso unificatore.
Frattura insanabile?
Quante volte facciamo esperienza di sentirci divisi al nostro interno?
Vale per la mente, quando mille pensieri affollano la testa; vale per il cuore, quando ci sentiamo divisi tra due o più affetti contrastanti.
Ancor di più, vale per la separazione che spesso avvertiamo tra cuore e cervello, tra ragione e sentimento: una frattura quasi insanabile.
La cosa più difficile
Per questo, credo che la parte più difficile del comandamento dell’amore di Dio e del prossimo sia quel “tutto” che la Parola rimarca in modo quasi ossessivo.
Com’è possibile amare Dio così, in modo totale e unificato, quando non riusciamo a fare unità dentro noi stessi?
Una mente dispersa
Ci risulta difficile concentrarci quando leggiamo, quando ascoltiamo una lezione a scuola, quando cerchiamo di seguire il discorso di una persona che ci parla (specialmente le omelie dei sacerdoti)… non parliamo poi di quando cerchiamo di pregare!
La nostra mente è multitasking, come i computer! Quindi è impossibile tenerla tutta su una cosa sola!
Un cuore incostante
Per quanto riguarda il cuore, forse abbiamo fatto alcune volte l’esperienza di sentirlo tutto concentrato su un unico oggetto, ma abbiamo anche sperimentato la volatilità dei sentimenti e dei desideri, perciò, – se è vero che il cuore viene coinvolto totalmente quando si infiamma – è altrettanto vero che non è costante.
La fatica che ci blocca
Anche le forze, che indicano l’attività pratica umana, possono essere utilizzate tutte per un unico scopo, ma non in modo continuativo e, certamente, non in eterno: la fatica ci fa desistere, e abbiamo bisogno di riposare.
Impossibile metterci tutto?
E quindi? Dobbiamo arrenderci? Dichiarare sconfitta?
O, peggio, dobbiamo arrabbiarci perché Dio ci stia chiedendo qualcosa di impossibile?
Già e non ancora
In realtà, per alcuni piccoli attimi della nostra vita, siamo riusciti ad essere un tutt’uno di cuore, intelligenza e attività: è successo quando abbiamo amato per davvero, e – se siamo sinceri – dobbiamo ammettere che quelli sono stati i momenti più intensi e felici della nostra vita, nei quali abbiamo toccato il cielo con un dito.
Sono le esperienze nelle quali abbiamo intravisto e assaporato la felicità e l’eternità che Dio ha in serbo per noi: un destino che è già presente ma non ancora del tutto realizzato.
Comandandoci di amare con tutto noi stessi, Dio non ci sta chiedendo l’impossibile, ma di tendere a ciò che già ora possiamo sperimentare e che un giorno vivremo in pienezza, quando – come dice l’apostolo Paolo parlando della risurrezione – Dio sarà tutto in tutti (cfr 1Cor 15,20-28).