Confessarsi spesso fa bene
Tanti chiedono ogni quanto sia bene confessarsi… ma se amiamo il Signore la domanda non ha senso! Il nostro rapporto con Dio non è un contratto!
Ascolta questo articolo su Spotify
Come promesso in un’omelia tempo fa, in questa nuova “puntata” della nostra “rubrica” vorrei affrontare il tema della frequenza della confessione.
L’incipit frequente
Sono molti quelli che – entrati in confessionale – iniziano dicendo «Padre, è da tanto che non mi confesso».
Se da una parte sono contento per il fatto che un’anima si riavvicina alla Riconciliazione, dall’altra inizio a “tremare” per quello che di solito segue alla dichiarazione inziale.
Due casi diversi
Infatti, tra questi “penitenti di ritorno” dopo una lunga assenza, ci sono due categorie:
- quelli che si sono allontanati dal sacramento per pigrizia e indolenza,
- quelli che si sono allontanati a causa di un grande dolore o una crisi di fede.
Generalmente, i primi sono ormai diventati così superficiali da non ravvisare nessun peccato da confessare; i secondi, invece, vivono un vuoto interiore ancor più profondo, sperimentando il non senso della vita.
Questo perché il non confessarsi da molto tempo è abbinato solitamente al non ricevere più l’Eucaristia, o addirittura al non mettere più piede in chiesa nemmeno per una visita, al non pregare più… così il rapporto con Dio si affievolisce, tanto che Egli ci diventa quasi un estraneo.
Due “case” diverse
Tornando alle due categorie di penitenti presentate poco fa, potremmo descrivere, per ciascuna, lo stato di quella “casa interiore” che è l’anima:
- nei primi l’anima assomiglia molto a una casa in cui non si fanno regolarmente i mestieri, piena di polvere, oggetti in disordine abbandonati qua e là alla rinfusa…
- nei secondi, invece, l’anima è molto simile a una casa disabitata, lugubre, buia, infestata da presenze oscure e misteriose, nella quale si ha paura ad entrare.
Allo stesso modo di quanto accade nei rapporti della vita quotidiana, nella prima “casa” Dio non lo si fa entrare perché si ha vergogna… nella seconda non ci entriamo nemmeno noi, perché abbiamo paura di chi potremmo incontrare.
Sentirsi “a casa”
Nel nostro rapporto con Dio succede la stessa cosa di quando si ospita qualcuno:
- più le visite reciproche sono frequenti (come avviene con parenti stretti e amici cari), più i rapporti sono cordiali e informali, più ci si sente a casa propria;
- più le visite si fanno rare (come avviene tra persone che appena si conoscono), più cresce il disagio e la paura di disturbare, di sporcare, di “essere di troppo”.
Ecco perché confessarsi spesso fa bene: per sentirsi “di casa” nel rapporto con Dio! Per non perdere la confidenza e la famigliarità con Lui, per evitare di farci di Lui idee sbagliate che nascono dal non vedersi da tempo, dal limitarsi a dei messaggini frettolosi come quado mandiamo gli auguri di Natale su WhatsApp a tutta la rubrica!
Un’idea sbagliata
Confessarsi raramente, a volte, è la conseguenza di un’idea del tutto sbagliata del sacramento, che intende la confessione come una sorta di “lavatrice” in cui buttare i panni sporchi… e siccome, guardandosi attorno, non ci sembra di essere poi così lerci (o, quantomeno, non più degli altri), non sentiamo il bisogno di andare in “lavanderia”.
E poi, come dice il proverbio, «i panni sporchi si lavano in casa», mica vado a raccontarli a un prete!
Capite perché l’immagine del “lavarsi la coscienza” è davvero troppo superficiale e riduttiva?
La festa del ritorno a casa
Confessarsi, invece, è un incontro personale, a tu per tu con Dio: un incontro carico di affetto e amore, perché Dio non è un esattore delle tasse, ma un Padre.
È un incontro di gioia, come ce lo racconta Gesù nella parabola del Padre misericordioso, che corre incontro al figlio, gli si getta al collo, lo bacia e fa festa perché è tornato a casa sano e salvo (cfr Lc 15,20-24).
Quanto spesso confessarsi?
Capite perché ha poco senso la domanda «ogni quanto bisogna confessarsi?» o andare a ripescare il Diritto Canonico che impone l’obbligo di confessarsi almeno una volta l’anno?1
Il nostro rapporto con Dio – se è un rapporto di amicizia – non può essere ridotto a questioni burocratiche!
Due fidanzati non si metterebbero mai a calendarizzare quando e quanto vedersi! Se ci si ama ogni scusa è buona per vedersi e sentirsi, anche la più stupida!
Capite perché i grandi Santi sentivano il bisogno di confessarsi così spesso e consigliavano ai loro amici di fare altrettanto?2 Il nostro Papa Giovanni si confessava tutte le settimane!3
- Il Codice di Diritto Canonico al Canone 989, prescrive: «Ogni fedele, raggiunta l’età della discrezione, è tenuto all’obbligo di confessare fedelmente i propri peccati gravi, almeno una volta nell’anno». ↩︎
- Cfr l’interessante articolo I Santi consigliano la confessione frequente sul sito floscarmeli.net. ↩︎
- «Durante tutta la mia vita fui sempre fedele alla mia confessione settimanale» (Giovanni XXIII, Il Giornale dell’Anima, 946, San Paolo 200013). ↩︎