Confessioni “complicate”
Le complicazioni nell’esporre i nostri peccati in confessione sono stratagemmi del diavolo per farci perdere la serenità e la speranza nella misericordia divina.
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In questa nuova “puntata” della nostra rubrica, vorrei dare qualche consiglio per vivere la confessione in modo sereno, perché a volte mi capitano dei penitenti che, nell’aprire il loro cuore, si tormentano arrampicandosi sugli specchi, nel senso che complicano anche le cose più semplici, cercando ad ogni costo un peccato per ogni pensiero o dubbio che li attraversa.
Precisione sì…
Certamente, la Tradizione e il Magistero ci hanno insegnato ad essere chiari e precisi nel confessare le nostre mancanze: i peccati (specialmente quelli mortali) vanno specificati nella specie e nel numero,1 perché non si può essere superficiali quando si tratta di ammettere le proprie responsabilità di fronte a Dio e alla Chiesa.
Insomma, non basta dire «ho fatto delle cose non belle» (come fanno i bambini), e nemmeno dire, con pressapochismo: «a parte uccidere, gli altri li ho fatti quasi tutti».
…ma non complicazioni
Ma non è nemmeno il caso di passare all’estremo opposto, trasformando ogni aspetto della nostra vita (pensieri, sensazioni, idee…) in qualcosa di potenzialmente peccaminoso, arrovellandosi in un ragionamento così complicato che neanche un filosofo o uno psicologo riuscirebbero a districarsi…
Non è tormentandosi con ardite auto-analisi psicologiche che si fa una buona confessione, ma cercando di dare un nome preciso ai propri peccati e mettendoli con sincerità davanti a Dio.
In questo la Scrittura ci viene in aiuto: i Comandamenti consegnati da Jawhé sul Sinai sono “solo” dieci, e Gesù li ha riassunti addirittura in due!
Furono i farisei a complicare le cose al punto da essere ripresi per la loro ipocrisia (cfr Mc 7,1-13).2
Non è una seduta psichiatrica
Ci sono persone che entrano in confessionale e iniziano a scavarsi il cuore e la mente, scendendo approfonditamente in dettagli anche delicati, spesso con grande sforzo e sofferenza affettiva e psicologica, ma poi non sono capaci di dire, con chiarezza:
«mi dimentico di Dio, provo odio verso una persona, ho calunniato il mio collega, ho rubato, ho tradito mia moglie…»
Non si deve confondere l’esame di coscienza (e tantomeno la confessione) con l’autoanalisi di tipo psicologico:
- la capacità introspettiva può aiutarci a cercare di capire che cosa avviene in noi e perché, ricercando l’origine di meccanismi psicologici, condizionamenti etc.;
- l’esame di coscienza, invece, è lo sguardo chiaro e sereno, davanti a Dio, sulle proprie responsabilità, che valuta se le scelte fatte sono state dettate dall’amore di Dio e del prossimo o dalla ricerca del proprio interesse egoistico.
Il diavolo complica e confonde
Aggiungo che, in questo complicarsi la vita, c’è lo zampino del demonio. Infatti, poiché la confessione sacramentale vissuta bene è una delle armi più formidabili per combattere il male dentro e fuori di sé, il diavolo fa di tutto perché questo sacramento sia vissuto in modo sbagliato e non porti i suoi frutti.
Uno dei suoi stratagemmi per ottenere lo scopo è proprio complicare le cose nel nostro cuore e confonderlo, facendo apparire bene ciò che è male e viceversa: da Adamo ed Eva in poi, il metodo è sempre lo stesso.3
Ci fa trovare scuse (magari anche plausibili) per farci auto-assolvere da un peccato grave e ci fa, invece, individuare responsabilità che non abbiamo per scoraggiarci e deprimerci in situazioni che Dio comprende benissimo e nelle quali, con grande e paterna misericordia, ci “concede le attenuanti”.
Dio semplifica e dona gioia
Lo Spirito Santo di Dio, invece, illumina con rispetto e tenerezza la nostra coscienza e ci fa vedere le cose con limpida chiarezza, facendoci capire ciò che è male, non per umiliarci o farci perdere la speranza, ma per consegnarlo umilmente nelle mani misericordiose del Padre.
Ora, senza contraddire ciò che afferma il Magistero, avete mai sentito Gesù, nel Vangelo, chiedere spiegazioni e dettagli prima di rimettere i peccati? Perfino il padre misericordioso della parabola non lascia finire l’elenco di scuse del figliol prodigo (cfr Lc 15,21-24)!
Ciò che Dio cerca nei Suoi figli è l’umiltà, il pentimento sincero, nella presa di coscienza di aver sprecato occasioni d’amore pensando solo a noi stessi; ma soprattutto vuole fare festa con noi e coi nostri fratelli quando torniamo a Lui con tutto il cuore!
Per discernere
Il punto discriminante per discernere se è lo Spirito Santo a parlare in noi oppure il Maligno è proprio questo:
- Dio ci fa sentire perdonati prima ancora di aprir bocca, e ci riempie di gioia;
- il diavolo, invece, complica ogni cosa, confonde la mente e il cuore facendoci uscire disperati pure da una confessione formalmente “ineccepibile”.
- Codice di Diritto Canonico, Can. 988 – §1. ↩︎
- I farisei più ortodossi rispettavano pedissequamente altri 613 precetti tramandati dal Talmud rabbinico. ↩︎
- Cfr Gen 3,1-6. ↩︎