Contrari per scelta e quando serve, non per sport

direzione contraria

In un mondo di opinioni uniformate o contrarie per convenienza, il discepolo è chiamato ad andare in direzione contraria quando occorre opporsi al male col bene

Omelia per lunedì 19 giugno 2023

Letture: 2Cor 6,1-10; Sal 97 (98); Mt 5,38-42

Come sempre, nei giorni feriali, per il piccolo pensiero di riflessione sulla Parola di Dio, traggo spunto soprattutto dalla prima lettura.

Oggi, però, mi sembra che il brano proposto dal Lezionario si specchi bene nel piccolo frammento di vangelo tratto dal Discorso della Montagna, in particolare da una delle cosiddette “antitesi” di Gesù.

Rispondere al male col bene

Istintivamente, il male chiama male e il bene chiama bene, perciò la cosiddetta “legge del taglione” (“Occhio per occhio” e “dente per dente”) appare logica… Invece Gesù ci chiede di invertire la rotta, di creare una discontinuità con questo modo di fare, e di reagire al male con il bene:

«Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra»

Non è un invito a mettere male e bene sullo stesso piano, e nemmeno a farsi sopraffare dalle cattiverie: Gesù stesso non ha porto l’altra guancia, ma ha chiesto spiegazioni (cfr Gv 18,22-23).

È, invece, la constatazione sapiente che reagire al male con altro male, con la vendetta, non porta ad altro che alla distruzione totale dell’umanità in una reazione a catena incontrollabile.

Pecoroni e bastian contrari

Oggi, nella politica come negli altri ambiti della società, sembra una moda percorrere una delle due vie estreme:

  1. accodarsi all’opinione della maggioranza, nell’uniformazione del “pensiero unico”;
  2. dire il contrario di quello che dicono gli altri, per partito preso e senza alcuna motivazione di senso.

Il discepolo del Vangelo non può uniformarsi alla massa, perché è chiamato ad essere sale della terra e luce del mondo (cfr Mt 5,13-16); ma non deve nemmeno fare il “bastian contrario”, opponendosi all’ordine costituito o al senso comune per il semplice gusto di dire qualcosa di diverso dagli altri.

Diversi per essenza

Il discepolo è diverso “per essenza”, per costituzione, perché vive nel mondo senza essere “del mondo” (cfr Gv 17,14-16).

Perciò è chiamato ad andare in direzione ostinata e contraria solo quando si tratta di opporsi al male, vincendo il male con il bene (cfr Rm 12,17-21).

Facendo così, apparirà in modo evidente la sua contrarietà al male e la sua diversità rispetto alla massa, proprio come rileva l’apostolo alla fine del brano che ascoltiamo nella prima lettura.

Non dare scandalo essendo scandalo

Paolo ci invita a comportarci in maniera degna del ministero che abbiamo ricevuto (cfr anche Ef 4,1), evitando di dare scandalo, ma non lo fa consigliandoci di “allinearsi” al sistema, o di non dare fastidio all’ordine costituito… anzi: ci chiede di essere “scandalosamente” diversi da tutti gli altri rimanendo fermi:

nelle tribolazioni, nelle necessità, nelle angosce, nelle percosse, nelle prigioni, nei tumulti, nelle fatiche, nelle veglie, nei digiuni; con purezza, con sapienza, con magnanimità, con benevolenza, con spirito di santità, con amore sincero, con parola di verità, con potenza di Dio; con le armi della giustizia a destra e a sinistra; nella gloria e nel disonore, nella cattiva e nella buona fama.

Questo sì che è un vero “scandalo” per il mondo e l’andazzo comune, proprio come chi porge l’altra guancia.

Oltre le apparenze

È questo modo “scandaloso” di essere del discepolo del Vangelo che rivela al mondo tutta la sua inconsistenza, mettendo in evidenza la verità e sconfessando le apparenze, proprio nella vita e nella persona dei discepoli, che

sono dipinti come impostori, eppure sono veritieri;

sembrano sconosciuti, eppure sono notissimi;

appaiono come moribondi, e invece vivono;

sono descritti come afflitti, e invece sono sempre lieti;

sono giudicati come poveri, ma invece sono capaci di arricchire molti;

come gente che non ha nulla e invece posseggono tutto.