Conversione è fede. 3ª Domenica del Tempo Ordinario (B)

Conversione è credere alla Parola di Dio

Letture: Gio 3,1-5.10; Sal 24 (25); 1Cor 7,29-31; Mc 1,14-20

Per il secondo anno celebriamo oggi la “Domenica della Parola di Dio”, voluta e istituita da Papa Francesco con la lettera apostolica Aperuit illis.

Non è che la Parola di Dio debba essere messa al centro solo oggi, anzi: il fatto di aver dedicato una specifica domenica a questa attenzione ne ribadisce l’importanza per la vita quotidiana.

La potenza della Parola

Se l’anno scorso le letture del Ciclo liturgico “A” mettevano al centro il tema della luce (presentandoci la Parola di Dio come lampada che illumina il cammino), quest’anno il “filo rosso” è la conversione.

Parlare di conversione in questa particolare domenica, ci invita a considerare la potenza, la forza, l’efficacia della Parola di Dio, che ha la capacità di cambiare il cuore e la mente dell’uomo, di provocare la sua conversione, come leggiamo nel libro del Profeta Isaia:

Come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo
e non vi ritornano senza avere irrigato la terra,
senza averla fecondata e fatta germogliare,
perché dia il seme a chi semina e il pane a chi mangia,
così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca:
non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero
e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata
(Is 55,10-11).

Così ci ricordava anche Papa Francesco ieri, attraverso il suo profilo Twitter:

La #ParoladiDio ci consola e incoraggia. Allo stesso tempo provoca la conversione, ci scuote, ci libera dalla paralisi dell’egoismo. Perché ha il potere di cambiare la vita, di far passare dall’oscurità alla luce.

La prima conversione

Come tanti altri termini della nostra lingua, anche la parola “conversione” è stata ridotta e impoverita parecchio.

Per lo più, quando la sentiamo, ci vengono in mente le vicende di Santi famosi che hanno dato una virata decisa alla loro vita: san Paolo, sant’Agostino, san Francesco d’Assisi… perciò ci sentiamo subito “chiamati fuori”, perché – dopo tutto – noi siamo già cristiani, mica pagani o atei come quei personaggi “illustri” prima che incontrassero Cristo!

E se il prete ci dice che – in realtà – ci sono piccole o grandi conversioni che dobbiamo fare tutti, ogni giorno, ci giustifichiamo ricorrendo ai soliti luoghi comuni:

«va beh, dopotutto non sono un santo ma neanche un peccatore incallito! Faccio il mio dovere, anzi, anche qualcosa in più: vado a Messa tutte le domeniche, dico le preghiere… Dai, se proprio bisogna fare penitenza, vorrà dire che cercherò di fare qualche “fioretto” in Quaresima…»

Bazzecole e quisquilie, insomma, roba da “pie donne”…

Ma siamo proprio sicuri di essere a posto? Possiamo ribattere al prete che è troppo esigente, ma… cosa rispondiamo a Gesù? Proprio a noi – oggi – Cristo rivolge questo invito pressante:

«convertitevi e credete nel Vangelo».

È l’inizio e la sintesi del Suo messaggio: davanti al Regno di Dio che si è fatto vicino non si può rimanere quelli di prima; occorre cambiare tutto!

«Io vi dico infatti: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli» (Mt 5,20).

La prima conversione che dobbiamo operare – allora – è anzitutto prendere sul serio questo invito, e sentirlo rivolto proprio a noi, direttamente da Dio.

Una parola potente

Nella Sacra Scrittura “conversione” è una parola potente:

  • in ebraico il verbo shûb (uno dei più usati nella Bibbia) indica un cambio vero e proprio di direzione, un volgersi e tornare sui propri passi;
  • in greco metanoéō significa un rinnovamento della mente e del cuore, un ravvedimento fatto di tutto cuore: cambiare mentalità.

Non si tratta di “spolverare i soprammobili”, insomma, ma di “ribaltare” la propria vita, completamente!

Davanti a una richiesta di conversione così esigente, scatta in noi un meccanismo di autodifesa: ci schermiamo come di fronte a qualcosa di impossibile e inattuabile, dicendo «alla mia età, cosa pretendi? Ormai sono fatto così; è il mio carattere, e il carattere non si cambia».

Cambiare è possibile

La prima lettura di oggi sta a testimoniare proprio il contrario: cambiare è possibile, per tutti.

Ninive era la capitale dell’Assiria: per gli Ebrei gli Assiri non erano solamente dei pagani, ma nemici acerrimi e sanguinari, i primi che li avevano deportati! Insomma, l’emblema stesso del male e del peccato! (questo il motivo per il quale Giona era così riluttante da rifiutare l’incarico la prima volta: cfr Giona 1,1-3).

Eppure, anche dei pagani così immersi nel peccato si mettono in gioco:

credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, grandi e piccoli.

Cos’è che li porta ad agire così? Il prendere sul serio le parole del profeta, non come parole dette al vento, ma come parole provenienti veramente e direttamente da Dio. A tal proposito, mi viene in mente un bellissimo passo di Paolo ai Tessalonicesi:

noi rendiamo continuamente grazie a Dio perché, ricevendo la parola di Dio che noi vi abbiamo fatto udire, l’avete accolta non come parola di uomini ma, qual è veramente, come parola di Dio, che opera in voi credenti (1Ts 2,13).

Conversione è anzitutto fidarsi

Prima ancora che un “fare”, la conversione è un credere, un fidarsi.

Quante persone nella vita vengono a darci consigli («se fossi in te farei così… fidati di me, fa’ come ti dico io…»), ma di quante ci fidiamo veramente? A chi diamo ascolto?

Solo chi ci vuole bene ed è affidabile ci spinge a cambiare, a convertirci, per l’appunto. Ciò può capitare solo in un legame di amicizia profonda e sincera, in un rapporto affiatato di coppia, tra genitori e figli… di sicuro non diamo (o non dovremmo dare) credito al venditore di pentole in TV!

Di chi ci possiamo fidare?

Pochi versetti più avanti, il nostro evangelista ci riferisce che gli astanti nella sinagoga di Cafarnao

erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi (Mc 1,22).

Cos’è che stupisce delle parole di Gesù? Sono parole autorevoli, ovvero, dette da una persona di cui ci si può fidare.

Di Gesù si fidano subito anche i primi quattro discepoli chiamati… Perché?

Anzitutto, perché il Maestro non chiede qualcosa che riguarda solo loro e che devono fare da soli, con fatica, ma li invita a seguirlo su una strada che Lui stesso sta percorrendo («Venite dietro a me»).

E poi, perché propone loro qualcosa di sensato, pur essendo straordinario: li chiama a partire dal loro lavoro di pescatori per dare una svolta e un senso nuovo alla loro vita e ai loro sforzi:

«vi farò diventare pescatori di uomini».

Gesù è affidabile perché crede in quello che dice e lo vive in prima persona, incarna la parola annunciata… anzi: Lui stesso è la Parola incarnata!

Quante persone (anche nella Chiesa) invece «dicono ma non fanno» (Mt 23,3)…

Se abbiamo fede possiamo

I due imperativi della prima “predica” di Gesù («convertitevi e credete nel Vangelo») non sono due azioni che si succedono, ma due momenti del medesimo movimento che dipendono l’uno dall’altro:

  • per convertirci dobbiamo fidarci di Dio;
  • per credere in Lui dobbiamo convertirci, cambiare mente e cuore, e smetterla di dire «ho sempre fatto così».

Tutti i miracoli compiuti da Gesù sono stati possibili grazie alla fede di chi li ha ricevuti, ma me ne viene in mente uno bellissimo, che sottolinea ancor più chiaramente questa dinamica:

Mentre Gesù si allontanava di là, due ciechi lo seguirono gridando: «Figlio di Davide, abbi pietà di noi!». Entrato in casa, i ciechi gli si avvicinarono e Gesù disse loro: «Credete che io possa fare questo?». Gli risposero: «Sì, o Signore!». Allora toccò loro gli occhi e disse: «Avvenga per voi secondo la vostra fede». E si aprirono loro gli occhi (Mt 9,27-30).

Il cambiamento, la conversione, la guarigione (fisica e spirituale) avviene in loro perché si fidano di Gesù, credono nella Sua Parola potente e creatrice.

Questa è la conversione interiore che dobbiamo operare anche noi: prendere sul serio la Parola di Dio, credendo che essa è per noi non una parola qualunque ma Parola di vita che – se accolta – può veramente cambiare la nostra esistenza.

Anche Dio si “converte”

Termino sottolineando il finale bellissimo della prima lettura, che sembra accennare a una sorta di “conversione” anche da parte di Dio:

Dio vide le loro opere, che cioè si erano convertiti dalla loro condotta malvagia, e Dio si ravvide

In ebraico, il vocabolo che indica questo “ravvedimento” descrive un cambiamento interiore, da un animo contristato e preoccupato, ad uno sollevato e consolato: come una madre o un padre che – vedendo i loro figli imboccare la strada giusta dopo aver sperimentato fatiche e sbagli – tirano finalmente un sospiro di sollievo.

La conversione dell’uomo è causa della consolazione di Dio.

E allora: cosa aspettiamo a fidarci della Sua Parola e a convertirci?


Anche oggi vi lascio un canto per meditare e far scendere la Parola nel cuore, così che sia principio di conversione: Ogni mia parola.