Coraggio, popolo mio

Coraggio, popolo mio!

Il profeta, oltre ad aiutare il popolo a riconoscere le proprie infedeltà, sa infondere coraggio nella salvezza che viene da Dio quando ci si pente sinceramente.

Omelia per sabato 7 ottobre 2023

Letture: Bar 4,5-12.27-29; Sal 68 (69); Lc 10,17-24

Ieri abbiamo meditato la bellissima preghiera di pentimento che apre il libro del profeta Baruc; oggi, invece, ci sono proposti alcuni spezzoni di una splendida omelia profetica di consolazione che chiude il suo libro (cfr Bar 4,5 – 5,9).

Coraggio, si intravvede la gioia

Vi dicevo ieri di come la sincera preghiera di pentimento, soprattutto per noi cristiani, apre già alla gioia, lasciando immediatamente intravvedere e sperimentare la misericordia di Dio.

Così anche la profezia di Baruc, anche se ancora intrisa del ricordo delle infedeltà del popolo, trasuda di speranza e consegna un messaggio di salvezza:

Coraggio, popolo mio, tu, memoria d’Israele!

Siete stati venduti alle nazioni
non per essere annientati…

Coraggio, figli, gridate a Dio,
poiché si ricorderà di voi colui che vi ha afflitti.

…chi vi ha afflitto con tanti mali
vi darà anche, con la vostra salvezza, una gioia perenne.

La madre parla ai suoi figli

È molto bella l’immagine centrale del brano, in cui Gerusalemme è personificata in una madre che parla rivolgendosi alle nazioni vicine per spiegare loro il motivo di quanto capitato ai suoi figli esuli in Babilonia:

«Ascoltate, città vicine di Sion,
Dio mi ha mandato un grande dolore.

Ho visto, infatti, la schiavitù in cui l’Eterno
ha condotto i miei figli e le mie figlie.

Io li avevo nutriti con gioia
e li ho lasciati andare con pianto e dolore.

Nessuno goda di me nel vedermi vedova
e abbandonata da molti;
sono stata lasciata sola per i peccati dei miei figli,
perché hanno deviato dalla legge di Dio».

È l’immagine della mamma che spiega al suo bambino il motivo della punizione inflittagli con dolore dal padre per fargli capire i suoi sbagli.

Come in tutti i testi profetici, Dio viene presentato come Colui che, per punire il popolo Suo figlio, lo consegna (o abbandona) nelle mani di un persecutore, perché possa rendersi conto dell’infinita e abissale differenza tra il Suo Amore e la schiavitù prestata agli idoli stranieri.

L’impegno richiesto

Alla fine del brano, come in ogni sincero e fruttuoso cammino di pentimento e conversione, al popolo è richiesto un impegno “corposo”:

Però, come pensaste di allontanarvi da Dio,
così, ritornando, decuplicate lo zelo per ricercarlo.

È quello che siamo chiamati a fare anche noi in ogni buona confessione:

  • accogliere coraggiosamente l’invito alla conversione,
  • confessare sinceramente i nostri peccati,
  • riconoscere che – semmai Dio ci ha castigati – è solo per il nostro bene,
  • proporci sinceramente e promettere di non allontanarci mai più da Lui.

Non è quello che ci fanno pregare le due classiche preghiere di pentimento e richiesta di perdono che recitiamo alla fine della Confessione (O Gesù d’Amore acceso e Atto di dolore)?