Dio è nel silenzio. 19ª Domenica del Tempo Ordinario (A)
Cerchiamo Dio nei segni miracolosi e terribili, ma Lui ci si rivela in un silenzio sottile, tendendoci la mano e invitandoci a non avere paura e fidarci di Lui.
Omelia per domenica 13 agosto 2023
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Letture: 1Re 19,9.11-13; Sal 84 (85); Rm 9,1-5; Mt 14,22-33
Domenica scorsa, candendo nella data del 6 agosto, la Liturgia ha interrotto la lettura semicontinua del vangelo di Matteo per farci rivivere la Trasfigurazione di Gesù.
Assieme a Pietro, Giacomo e Giovanni abbiamo contemplato con meraviglia, stupore e timore la bellezza di Gesù, apparso in tutta la Sua gloria divina.
Continua la teofania
I testi di questa domenica, in un certo senso, ci permettono di prolungare l’esperienza di questo “a tu per tu” con Dio:
- la prima lettura ci porta sul monte Oreb, assieme al profeta Elia;
- il vangelo ci spinge in mezzo al lago di Tiberiade, sulla barca dei discepoli, in balia del vento e delle onde.
Gli elementi classici delle teofanie dell’Antico Testamento sono tutti presenti: le forze oscure e terribili della natura, di cui Dio è padrone, si manifestano e sconvolgono il cuore dell’uomo.
Ma Dio non era là
Quello che colpisce del testo della prima lettura, però, è il ritornello:
«…ma il Signore non era nel vento,
…ma il Signore non era nel terremoto,
…ma il Signore non era nel fuoco».
Elia, uomo focoso «la cui parola bruciava come fiaccola» (cfr Sir 48,1), era abituato a cercare e invocare Dio in questi elementi: così era successo poco prima, sul Monte Carmelo, nel confronto coi profeti di Baal (cfr 1Re 18,36-39).
Eppure non sono questi i segni della rivelazione divina: questa volta l’incontro è “a tu per tu”, e Dio si rende presente in modo totalmente diverso.
Sussurro e silenzio
Il Signore gli si manifesta nel «sussurro di una brezza leggera», espressione che, letteralmente, dovrebbe essere tradotta con «voce di silenzio sottile».
Un’antitesi potente, quella tra «voce» e «silenzio»; è proprio nel silenzio che Dio si svela e riporta al cuore di Elia il coraggio per la sua missione rinnovata:
«Su, ritorna sui tuoi passi verso il deserto di Damasco» (1Re 19,15).
Nell’alone del silenzio e della solitudine il Signore chiama spesso per dare l’avvio alla rinascita di una vocazione in crisi.
Grida di paura, parole di coraggio
Anche nel vangelo c’è il contrasto tra il rumore e il silenzio:
- da una parte l’ululare del vento, le grida terrorizzate dei discepoli, il grido di richiesta d’aiuto di Pietro;
- dall’altra la voce tranquilla di Gesù che infonde coraggio e calma il vento e i cuori dei Dodici.
I discepoli si lasciano impressionare dalla furia del vento, delle onde, da quell’uomo che cammina sul mare e sembra un fantasma… L’immagine è una reminiscenza del Salmo 107:
…un vento burrascoso,
che fece alzare le onde…Ondeggiavano e barcollavano come ubriachi:
tutta la loro abilità era svanita.Nell’angustia gridarono al Signore,
ed egli li fece uscire dalle loro angosce.La tempesta fu ridotta al silenzio,
tacquero le onde del mare (cfr Sal 107,23-32).
«Io-Sono»
Nel Suo camminare sulle acque, Gesù dimostra il controllo divino su quello che per gli ebrei era il simbolo per eccellenza del caos e delle potenze del male; ma ciò che rivela la Sua divinità è la frase con cui si fa riconoscere:
«Coraggio, sono io, non abbiate paura!»
L’espressione che in italiano è tradotta con «sono io», in realtà è il nome stesso di YAWH: «Io-Sono» (cfr Es 3,14).
Solo che questo nome, impronunciabile, misterioso, terribile, ora risuona dalla bocca di un uomo in carne ed ossa, ed è associato all’invito a non temere e ad avere coraggio.
Solo Dio può incoraggiare
Tutti possiamo dire «coraggio» a qualcuno per cercare di calmarne l’agitazione, ma sono solo parole, perché siamo tutti canne sbattute dal vento, che dicono ad altre canne di non temere e non tremare al vento!
Solo Dio ha il potere di dire «coraggio!» con una parola efficace, che produce ciò che significa, perché Dio è padrone del Cielo e della terra, la Sua parola crea e dispone ogni cosa al suo posto (cfr Gen 1,3.9), e perché Gesù ha vinto il mondo! (cfr Gv 16,33).
Silenzio, pace e serenità
Quando ci incoraggiamo a vicenda (soprattutto se cerchiamo di calmare una persona che urla dalla paura) noi di solito precediamo la parola “coraggio” con uno «shhh» sussurrato: non è tanto il silenzio esteriore che si vuole intimare, ma quello del cuore, che è tipico dei sentimenti di calma, pace e serenità.
Ecco: mi piace immaginare che anche Gesù abbia preceduto il suo invito ad avere coraggio con uno «shhh», sicuro che la Sua Parola e la Sua voce avrebbero portato la quiete nel cuore dei Suoi discepoli, come Dio l’aveva riportata nel cuore di Elia con la Sua «voce di silenzio sottile».
Cercatori di silenzio
Continuando la nostra estate, facciamo come Elia, e andiamo in cerca di quella grotta sull’Oreb: lasciamo che si spenga il frastuono del vento impetuoso, del terremoto, della rabbia focosa che ci portiamo dentro, e attendiamo con pazienza di incontrare Dio nel silenzio del nostro cuore.
È lo stesso invito che vi ho rivolto domenica scorsa commentando il vangelo della Trasfigurazione: in questa ricerca del silenzio e della quiete interiore, possiamo riscoprire il gusto del bello e ritrovare la nostra bellezza e bontà interiore, che origina dall’incontro e dall’intimità con Dio.