Dio non ci abbandona. Lunedì fra l’Ottava di Pasqua

Dio non ci abbandona

Come promesso e profetizzato da Davide, Dio non ha abbandonato negli inferi Suo Figlio. Allo stesso modo, non abbandonerà noi.

Omelia per lunedì 1° aprile 2024

Letture: At 2,14.22-33; Sal 15 (16); Mt 28,8-15

Quest’anno ho concentrato la riflessione per il giorno di Pasqua sul comprendere le Scritture, nel senso di imparare a rileggere la propria vita e la propria storia alla luce dei Testi Sacri, e con lo stesso sguardo di fede dei loro autori.

Leggere in filigrana

L’ascolto impegnativo delle abbonanti pagine della Scrittura proposte nella Veglia Pasquale aveva l’intento di farci intravedere la “filigrana”, la sottile trama che unisce tutti i punti della storia apparentemente oscuri e incomprensibili ad un semplice sguardo umano, razionale o scientifico.

Quel filo sottile è la Provvidenza di Dio, che guida ogni avvenimento verso un disegno di Bene e di Amore.

Lo Spirito illumina

È quello che fa l’apostolo Pietro il giorno di Pentecoste, colmato e illuminato dallo stesso Spirito che aveva ispirato Davide nel comporre la preghiera stupenda che la Liturgia ci propone oggi come Salmo Responsoriale:

gioisce il mio cuore
ed esulta la mia anima;
anche il mio corpo riposa al sicuro,
perché non abbandonerai la mia vita negli ínferi,
né lascerai che il tuo fedele veda la fossa.

In questi due versetti del Salmo 16 l’apostolo è capace di vedere una profezia della sorte di Gesù:

poiché era profeta e sapeva che Dio gli aveva giurato solennemente di far sedere sul suo trono un suo discendente, previde la risurrezione di Cristo e ne parlò: questi non fu abbandonato negli ínferi, né la sua carne subì la corruzione.

Leggere in modo nuovo

Quante volte, Pietro e i suoi compagni, avranno pregato quel Salmo, senza stare tanto a pensare al suo significato profondo?

Perché non gli vennero mai in mente quei versetti come chiave di lettura delle parole di Gesù quando annunciò più volte la Sua morte e risurrezione?

Anzi: di fronte a quell’annuncio, la prima volta Pietro aveva protestato e si era messo a rimproverare Gesù (cfr Mc 8,31-33), e la seconda era rimasto basito e confuso, «chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti» (cfr Mc 9,9-10).

È proprio lo Spirito del Risorto, donato agli apostoli, che aiuta in questa lettura tutta nuova delle Scritture e della storia.

Dio mio sei Tu

Tra l’altro, secondo alcuni biblisti, sarebbe stato proprio questo Salmo 16 ad affiorare sulla bocca di Gesù negli ultimi istanti sulla croce, piuttosto che non il Salmo 22.1

L’ipotesi nasce dal fatto che, nei vangeli di Matteo e Marco, alcuni dei presenti fraintendono le parole di Gesù e dicono «Costui chiama Elia»:2 tale fraintendimento è spiegabile solamente se Gesù ha detto semplicemente «Elì, Elì attà» (ovvero: «Dio mio, Dio mio Tu»«Tu sei il mio Dio»). Ascoltata in aramaico, questa esclamazione, è praticamente identica a «Eliah thà», che significa «Elia, vieni!».

Dio non ci abbandona

Perciò, sono fuori strada quei teologi che parlano di un “Dio abbandonato da Dio”: non solo Gesù non avrebbe detto «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?», ma – al contrario – avrebbe iniziato a pregare il Salmo 16, che dice «non abbandonerai la mia vita negli inferi».

Oltretutto, fosse anche stato il Salmo 22, occorre leggerlo per intero: non è affatto la preghiera di un disperato, ma di un uomo fiducioso, convinto della fedeltà di Dio!

#appuntalaparola

Ecco perché, alla fine di questa riflessione, “estraggo” per me e per voi l’ennesimo hashtag, o “parola-chiave”, l’ennesimo Post-it da appendere sullo sportello del frigorifero:

Dio non ci abbandona, mai!

Ce lo ha promesso da sempre.

Ha già mantenuto la Sua promessa quando ha risuscitato Suo figlio e non l’ha abbandonato negli inferi, e la manterrà quando si tratterà di salvare noi.

  1. Riporto la riflessione proposta dal biblista don Claudio Doglio qualche anno fa in un corso di Esercizi Spirituali:
    «Elì, Elì, lemà sabactàni?» (citato da Matteo e Marco) non è altro che l’inizio del primo versetto del Salmo 21 (22): è quasi il titolo del Salmo. All’epoca, infatti, i Salmi non erano citati con un numero, ma con l’incipit. Perciò, è come se nei vangeli ci fosse scritto «Gesù pregava col Salmo 21». Luca, poiché era ellenista, e sapeva che i suoi lettori avrebbero fatto fatica a capire, ha riportato, invece, un versetto del Salmo 31, aggiungendo l’espressione tipica di Gesù: «(Padre), nelle tue mani consegno il mio spirito» (cfr Sal 31,6). In Giovanni non c’è nulla di questo se non l’espressione «ho sete», che potrebbe – però – essere parte del Salmo 63 («di te ha sete l’anima mia, / a te anela la mia carne, / come terra deserta, / arida, senz’acqua»: cfr Sal 63,2b).
    «Dio mio tu» si trova nei Sami 22, 31 e 63 (proprio i tre Salmi da cui sono tratti i versetti citati da Matteo, Marco, Luca e Giovanni!):
    – nel Salmo 22: «Dal grembo di mia madre, sei Tu il mio Dio» (cfr Sal 22,11); tra l’altro, in Giovanni, con la Madre lì presente, è ancora più pregnante! Come dire: «dall’annunciazione (dal grembo di mia madre) Dio mio sei Tu»;
    – nel Samo 31: «io mi affido alle tue mani… Tu sei il mio Dio, / i miei giorni sono nelle tue mani» (cfr Sal 31,6.15);
    – nel Salmo 63: «O Dio, tu sei il mio Dio, all’aurora ti cerco, / di te ha sete l’anima mia, / a te anela la mia carne, / come terra deserta, / arida, senz’acqua» (cfr Sal 63,2).
    «Elì attà» è la parola verissima di Gesù sulla Croce: non è una recita. È la parola vera del hassìd che si sente nelle mani di Dio. Egli rende vero quello che è stato scritto. Non lo dice per compiere le Scritture, ma perché vi si ritrova dentro perfettamente.
    Anche nel Salmo 118 (il Salmo della risurrezione) compare questa espressione: «La pietra scartata dai costruttori / è divenuta testata d’angolo… Sei tu il mio Dio (Elì attà) e ti rendo grazie…» (cfr Sal 118,22.28). La comunità apostolica ha ritrovato nei Salmi le preghiere di Gesù, e così siamo chiamati a fare noi. Preghiamo come Gesù, che insegna come rendere vera e viva la Parola di Dio nella nostra esistenza. Pregare i Salmi è il modo per ascoltare il Signore e vivere ciò che Egli ci dice. ↩︎
  2. Cfr Mt 27,47 e Mc 15,35. ↩︎