Dio non è mai in casa
A Dio non piace stare “chiuso in casa”, fermo immobile in un luogo sacro. Egli vuole camminare con noi e condividere in tutto e per tutto il nostro peregrinare.
Omelia per mercoledì 24 gennaio 2024
Letture: 2Sam 7,4-17; Sal 88 (89); Mc 4,1-20
Abbiamo già ascoltato il testo della prima lettura di oggi nella Quarta Domenica di Avvento (era la vigilia di Natale), ma è una pagina che fa sempre bene riascoltare e meditare.
La chiave di lettura
L’inizio del testo (che oggi non leggiamo) dà la chiave di lettura e il contesto:
Il re, quando si fu stabilito nella sua casa, e il Signore gli ebbe dato riposo da tutti i suoi nemici all’intorno, disse al profeta Natan: «Vedi, io abito in una casa di cedro, mentre l’arca di Dio sta sotto i teli di una tenda» (2Sam 7,1-2).
Un po’ come dire: «ora che mi sono sistemato, posso sistemare anche il Signore».
Sincero ma ambiguo
Davide sembra mosso da un desiderio sincero e premuroso: costruire un luogo decoroso della presenza di Dio; ma l’intenzione nasconde anche una pericolosa ambiguità.
Costruire chiese e templi magnifici è stata (e sempre sarà) l’usanza di tutti i tempi e di tutte le religioni, ma fare una casa a Dio è come cercare un posto ben preciso dove “sistemarlo”, in cui “parcheggiarlo”, possibilmente fuori da casa nostra.
Fuori da casa nostra
Di fatto, mentre si costruiscono luoghi sacri, “deputati” all’incontro con Dio, si afferma – allo stesso tempo – che tutto il resto è “profano”, ovvero: qualcosa con cui Dio non c’entra nulla (e dove non deve assolutamente mettere piede).
L’uomo pensa di poter “inscatolare” Dio, di poterlo prendere, spostare e mettere dove vuole, a proprio piacimento, per poter disporne quando ne ha bisogno e riporlo in un angolo quando «non gli serve» più…
Barricato in chiesa
L’altra tentazione (che è soprattutto dei fondamentalisti cattolici) è quella di pensare che Dio abbia bisogno di essere “protetto” e “difeso”, per impedire che la Sua presenza venga violata o profanata.
Perciò, oltre a “barricarlo” nei tabernacoli delle chiese, si costituiscono fantomatici “eserciti” di Suoi strenui difensori, con l’effetto di non permettere a nessuno di poterlo avvicinare e incontrare, un po’ come i dottori della Legge rimproverati da Gesù (cfr Lc 11,52).
A Dio piace stare per strada
In realtà, a Dio non passa nemmeno per la testa di starsene rinchiuso da qualche parte:
«Io non ho abitato in una casa da quando ho fatto salire Israele dall’Egitto fino ad oggi; sono andato vagando sotto una tenda, in un padiglione… ho forse mai detto ad alcuno dei giudici d’Israele…: Perché non mi avete edificato una casa di cedro?».
In queste parole si scorge addirittura una certa fierezza di essere libero di “vagare” come un eterno migrante, pur di poter camminare «insieme con tutti gli Israeliti».
È lo stesso stile di Gesù, che non si è mai rintanato in casa, non ne ha mai avuta una,1 ma ha percorso ostinatamente le strade polverose della Palestina, desideroso di incontrare l’uomo del Suo tempo.
Chiesa in uscita
È stato lo stile di Paolo e dei primi missionari del cristianesimo, ma si è perso per strada da tempo, e ormai essere cristiani è un fatto privato e “domestico” (quanti “cristiani” ormai guardano la Messa in TV o sul cellulare?).
Perciò, anche a noi – come a Davide – Dio tira le orecchie e ripete: «Io non ho mai abitato in una casa».
È anche a questa pagina che dovremmo pensare ogni volta che Papa Francesco ci ricorda che dobbiamo essere una «Chiesa in uscita».
- «rispose Gesù: “Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo”» (cfr Mt 8,19-20). ↩︎