Dov’è il tuo tesoro là sarà il tuo cuore

Dov'è il tuo tesoro...
Omelia per venerdì 21 giugno 2024

Il più infallibile quesito per far verità sulla nostra vita è proprio questo: «dove hai messo il tuo tesoro?» E, quindi, «dove hai messo il tuo cuore?»

Letture: 2Re 11,1-4.9-18.20; Sal 131 (132); Mt 6,19-23

Ho già commentato due anni fa il testo scioccante della Prima Lettura prendendo come chiave di lettura la seconda parte del brano di vangelo.

Oggi, perciò, mi fermo sulla prima parte del brano evangelico, partendo dall’affermazione lapidaria che la conclude:

«dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore».

Uomo, dove sei?

L’ho spiegato tante volte nelle mie riflessioni: nel linguaggio biblico, il cuore non indica solo la sede dei sentimenti, ma la totalità della persona (comprese la sua intelligenza e la sua volontà), perciò, questa affermazione di Gesù è ancor più potente.

Tradotto: «uomo, dove c’è il tuo tesoro, lì sei anche tu».

Sottintesa a questa affermazione c’è la prima tremenda domanda che Dio fece risuonare nei confronti dell’uomo:

«Dove sei?» (Gen 3,9)

Il cuore va condotto

Con questo insegnamento, Gesù ci mette in guardia, dicendoci «attento a non farti “sequestrare” da ciò che non conta, perché il tuo cuore si può facilmente imbrogliare».

Noi siamo quelli dell’epoca “romantica”, che si ripetono come un mantra «va’ dove ti porta il cuore», ma Gesù ci avverte chiaramente che il cuore è ondivago e labile, si lascia facilmente ingannare, e spesso va dalla parte sbagliata.

Il cuore non va assecondato, ma educato, condotto per mano, dalla parte giusta.

La “calamita” del cuore

Il nostro Maestro conosce bene le dinamiche interiori, e ci aiuta a fare discernimento: sa che il nostro cuore, come i materiali ferrosi, ha la sua “calamita”, ovvero: tutto ciò che gli sembra prezioso.

Ma, come una gazza ladra è attratta da tutto ciò che luccica, così il nostro cuore è attirato da tutto ciò che ai nostri occhi appare tanto prezioso da considerarlo un tesoro (anche quando non lo è).

Per questo, come dice il seguito del brano, occorre avere un occhio semplice: per distinguere cosa è veramente “oro” da ciò che, invece, è solo “oro del Giappone“, come dicevano i nostri vecchi.

Il tesoro in cielo

Siccome il nostro occhio non è ancora così limpido e allenato al discernimento, Gesù ci suggerisce un criterio infallibile per capire cosa è un vero tesoro e cosa non lo è:

«accumulate per voi tesori in cielo, dove né tarma né ruggine consumano e dove ladri non scassìnano e non rubano».

In cielo, ovviamente, non si può portare nulla di deperibile, ma solo ciò che è destinato alla vita eterna.

Là non porteremo né oro, né argento, né oggetti preziosi, ne proprietà varie, e nemmeno – udite udite – le persone care: quelle (anche se sono destinate al Cielo e ugualmente attese dal Padre Celeste) dovranno fare, assieme a noi, lo stesso sforzo di alleggerire il cuore da tutto ciò che è pesante e deperibile.

Il tesoro è la libertà donata

Nemmeno delle persone, perciò, dobbiamo dire «sei il mio tesoro», perché – così facendo – le rendiamo delle “cose”, delle “proprietà”, e faremmo appesantire sia il nostro cuore che il loro.

Tutte le persone, anche quelle che ci sono più care (anzi: soprattutto quelle) non sono il nostro tesoro, ma il tesoro di Dio, perciò le dobbiamo lasciarle libere, anzi, se le amiamo, dobbiamo renderle libere, come dice una famosa canzone di Sting che mi piace tantissimo (e che ho già citato un sacco di volte):

If you love somebody set them free.1

  1. «Se ami qualcuno rendilo libero»: qui il video della canzone su YouTube, qui il testo tradotto in italiano. ↩︎