È il Dio di tutti i popoli. Epifania del Signore 2024

È Dio di tutti i popoli

Nell’Epifania il Signore si mostra come il Dio di tutti i popoli, non di qualcuno a esclusione di qualcun altro. È ora che la smettiamo di dire «il nostro Dio».

Omelia per sabato 6 gennaio 2024

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Letture: Is 60,1-6; Sal 71 (72); Ef 3,2-3.5-6; Mt 2,1-12

Il senso di questa solennità, oltre a rivelare la natura divina del bambino nato a Betlemme, è la manifestazione di Dio a tutte le genti, a tutti i popoli della terra.

Il tema è annunciato fin dalla Colletta:

O Dio, che in questo giorno,
con la guida della stella,
hai rivelato alle genti il tuo Figlio unigenito…

Il popolo e le genti

Con la parola “genti”, nell’antichità biblica si indicavano tutti gli stranieri: i non appartenenti al popolo dell’alleanza.

Il rapporto tra «il popolo eletto» e le popolazioni straniere è spesso di conflittualità: le pagine profetiche non di rado sono costellate di «oracoli contro le nazioni», tanto da far acquisire al termine una connotazione persino spregiativa.

Lo stesso Gesù rivela l’appartenenza a questo sentire quando, alla donna siro fenicia che lo implorava di guarirle la figlia, replica duramente comparando gli stranieri ai «cani» (impuri, secondo il linguaggio del tempo).1

Non mancano, però, altri testi che aprono anche agli stranieri, svelando che pure di essi Dio si cura e li spinge a una vita giusta, così da essere ammessi alla Sua salvezza. Esemplare è il racconto di Giona che contrappone al profeta gretto e integralista l’amore del Signore che si preoccupa anche di Ninive, la capitale assira, considerata tradizionale avversaria del popolo ebraico.

Anzi, nel libro del profeta Isaia si arriva a leggere questa benedizione divina:

«Benedetto sia l’Egiziano mio popolo, l’Assiro opera delle mie mani e Israele mia eredità» (Is 19,25).

Dio ama tutti i popoli

È in quest’ultima prospettiva che la solennità dell’Epifania ci fa riflettere, invitandoci a constatare come – nel mistero della Sua Incarnazione – Dio si sia rivelato a tutti i popoli, a partire proprio dai più lontani.

Anzitutto i pastori che – pur appartenendo al popolo ebraico – erano considerati alla stregua degli stranieri, per la loro vita lontana dalla Legge e dalle prescrizioni ebraiche.

I Magi, poi, sono espressamente rappresentanti dei popoli stranieri,2 di quei popoli che vengono da lontano di cui si sente il riverbero nella prima lettura e nel Salmo Responsoriale:

Cammineranno le genti alla tua luce…

verrà a te la ricchezza delle genti.

…di Màdian e di Efa,
…da Saba…


I re di Tarsis e delle isole portino tributi,
i re di Saba e di Seba offrano doni.
Tutti i re si prostrino a lui,
lo servano tutte le genti.

Allargare lo sguardo

L’invito a guardare Dio in questa prospettiva (ovvero, come il Dio di tutti i popoli, di tutte le genti) è quanto mai attuale oggi, in un mondo dove, purtroppo, la religione è ancora argomento per dividere anziché per unire.

Non mi riferisco solo all’oscenità aberrante del fare guerre “di religione”, in nome di Dio, ma anche alle divisioni più o meno marcate che ci sono tra le varie confessioni cristiane e – peggio ancora – dentro la Chiesa.

Dovremmo essere «figli del Concilio Ecumenico Vaticano II», ricordando che Dio è uno solo e si vuole far conoscere a tutti gli uomini di buona volontà, e invece siamo qui ancora a fare i “distinguo” tra una parrocchia e l’altra!

È ora che la smettiamo di dire «il nostro Dio»! O è Dio di tutti o non è Dio!

  1. Cfr Mt 15,21-28. ↩︎
  2. La tradizione li identifica come astrologi dell’antica religione di Zoroastro. ↩︎