È la fine del mondo!
Omelia per martedì 30 luglio 2024
Per un credente è un brutto segno pensare alla fine del mondo con angoscia, perché «allora i giusti splenderanno come il sole nel Regno di Dio».
Letture: Ger 14,17-22; Sal 78 (79); Mt 13,36-43
Per un commento sul testo di Geremia che ascoltiamo alla Prima Lettura vi rimando a quanto ho scritto due anni fa: credo valga la pena di prendersi il tempo di ritornare anche su quel brano, perché è abbastanza difficile da capire.1
Una delle tante interpretazioni
Per quanto riguarda il brano di vangelo, invece, ripeto anzitutto quanto ho detto mercoledì scorso riguardo alla spiegazione della parabola del seminatore:
Tutte le parabole hanno molteplici interpretazioni, perché sono immagini simboliche che aprono uno squarcio sul mistero di Dio e, quindi, su qualcosa che non è mai del tutto comprensibile per la nostra mente.
Perciò, pur prendendo assolutamente per buona la spiegazione attribuita a Gesù stesso anche della parabola della zizzania, cerchiamo di non farne una lettura riduttiva e solamente moralista.
Guardare anzitutto il bene
Anzi, credo proprio che a Gesù stesso non interessasse assolutamente “calcare la mano” con una divisione manichea tra bene e male ma, anzi, ancora una volta, sottolineare il sicuro prevalere del bene sul male.
Dico così perché, già nel raccontare la parabola alla folla, Gesù non punta l’attenzione sulle cose negative: né sul nemico che semina la zizzania, né sul fatto che tutti si addormentino dopo la semina (in altre parabole, il vegliare è assolutamente un aspetto fondamentale), ma sul buon seme seminato nel campo.
Anche noi siamo invitati a non farci spaventare dalla presenza del male nel mondo, tutto attorno a noi e dentro di noi, ma continuare a fissare lo sguardo sul tanto bene che Dio semina nel mondo.
Continuiamo a fare di tutto per crescere – noi per primi – nel bene, come buon grano, ricordando che il bene, venendo da Dio, vince sempre, e che – come dicevo mercoledì scorso – la carità copre una moltitudine di peccati (cfr 1Pt 4,8).
Evviva! È la fine del mondo!
In tal senso, vi invito a leggere nella maniera giusta anche l’espressione «fine del mondo», che Gesù usa ben due volte nel brano odierno.
Quando noi pensiamo alla fine del mondo (eccetto alcuni modi di dire in senso positivo), veniamo subito assaliti da un senso di angoscia e terrore, ma – ve lo devo dire francamente – per un credente è un brutto segno pensare alla fine (sia la propria personale che quella del mondo) con terrore e angoscia: è sintomo di poca fede.
Un discepolo del Risorto dovrebbe gioire ogni volta che pensa alla fine del suo cammino terreno e alla fine della storia umana, perché ambedue sfoceranno nella realizzazione del regno dei cieli; se no perché ripetiamo ogni giorno «venga il tuo regno» quando preghiamo il Padre Nostro?
Un fuoco che consuma e illumina
Anche nella parabola della zizzania e nella sua spiegazione questa cosa è del tutto evidente:
- anzitutto perché Gesù attacca la narrazione dicendoci chiaramente che «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo» e termina assicurando che il grano sarà riposto nel granaio.
- In secondo luogo, perché la fine del mondo non è solo la fornace ardente nella quale saranno gettati tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità, ma anche e soprattutto lo splendere come il sole dei giusti nel regno del Padre loro: l’Amore infinito di Dio sarà un fuoco purificatore che brucerà il male ma anche e soprattutto un fuoco amico che scalderà e illuminerà i figli del Regno.
Perciò, impegniamoci solo e solamente a splendere, fin da ora, nell’Amore del Padre, vivendo da figli della luce.2