È questo il momento. 32ª Domenica del Tempo Ordinario (A)

È il momento di svegliarsi

Può sembrare fuori luogo parlare di questo nostro tempo come «momento favorevole», eppure è così. È tempo di svegliarci dal sonno e preparare le nostre lampade.

Omelia per domenica 12 novembre 2023

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Letture: Sap 6,12-16; Sal 62 (63); 1Ts 4,13-18; Mt 25,1-13

Nelle tre domeniche che portano a termine il Tempo Ordinario ascoltiamo le ultime tre parabole del vangelo di Matteo, che fanno parte del Discorso escatologico, il quinto e ultimo dei discorsi di Gesù secondo il nostro “compagno di viaggio” di questo ciclo liturgico “A”.

Dimmi quando quando

Il discorso escatologico inizia come risposta a una domanda precisa degli apostoli, incuriositi e spaventati dall’annuncio della distruzione di Gerusalemme:

«Di’ a noi quando accadranno queste cose e quale sarà il segno della tua venuta e della fine del mondo» (cfr Mt 24,1-3).

La risposta di Gesù ci aiuta a inquadrare il senso delle tre parabole che ascolteremo da oggi fino alla fine dell’anno liturgico, in particolare quella odierna delle dieci damigelle invitate a nozze:

«…sentirete di guerre e di rumori di guerre… Si solleverà infatti nazione contro nazione e regno contro regno; vi saranno carestie e terremoti in vari luoghi…
…per il dilagare dell’iniquità, si raffredderà l’amore di molti. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato. Questo vangelo del Regno sarà annunciato in tutto il mondo, perché ne sia data testimonianza a tutti i popoli; e allora verrà la fine»
(cfr Mt 24,4-14).

Quante volte è già successo?

Ogni volta che leggiamo queste parole ci vengono i brividi e cominciamo a pensare alla fine del mondo. Soprattutto in questi ultimi anni, dopo una tremenda pandemia, diversi terremoti, alluvioni, siccità, cataclismi e due conflitti che ormai non sono più locali ma coinvolgono tutto il mondo, ci pare di dover iniziare a contare i giorni.

Allo stesso tempo, se non siamo così ciechi e ignoranti, sappiamo bene che queste cose sono successe migliaia e migliaia di volte lungo la storia, prima e dopo che Gesù ne parlasse.

E allora il senso del Vangelo, che è parola vera ed eterna, è proprio quello di saper leggere tutte queste cose con sapienza, e viverle con altrettanta fede e speranza.

Luce del mondo

Cosa può fare un cristiano in mezzo a questi “tempi apocalittici”?

Senz’altro non può e non deve essere pessimista, perché vorrebbe dire cedere alla disperazione, alla convinzione che alla fine vincerà il male, ma non è così, perché il discepolo sa che il suo Maestro ha già vinto il mondo (cfr Gv 16,33).

In mezzo a tutto questo buio, il cristiano sa che «la luce vera» è venuta nel mondo, e che se seguiamo Cristo non camminiamo nelle tenebre (cfr Gv 1,9; Gv 8,12).

No solo, se rimaniamo in Lui, anche noi siamo «la luce del mondo», ed è qui che troviamo la chiave di lettura della parabola di oggi:

non si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli (cfr Mt 5,13-16).

Siamo chiamati a tenere accesa la lampada della nostra fede per illuminare «tutti quelli che sono nella casa», tutti gli uomini di questa “casa comune” che è il mondo.

È quasi mezzanotte

Possiamo leggere tutta la nostra vita – e in particolare questi momenti angosciosi – come la notte nella quale tutte e dieci le ragazze si assopiscono. Lo scorrere della vita, con le sue poche gioie e tanti dolori, è il tempo nel quale sembra che lo sposo tardi, e c’è il rischio di pensare che non arriverà mai…

Quanti uomini stanno perdendo la speranza, e anche quanti cristiani! Appunto: «per il dilagare dell’iniquità, si raffredderà l’amore di molti».

Perciò, l’invito di Gesù è a vegliare, sempre, soprattutto in questo momento di angoscia, a ricordarci che noi discepoli non siamo «del mondo», ma viviamo «nel mondo» (cfr Gv 15,19 e Gv 17,11.18), e in questo mondo dobbiamo essere luce e sale.

Questo tempo è la mezzanotte della parabola: è questo il momento in cui si leva il grido «Ecco lo sposo! Andategli incontro!»

È questo il momento

Può sembrare fuori luogo parlare di questo nostro tempo come «momento favorevole» (quello che i cristiani in greco chiamavano kairòs), eppure è così.

Da credenti, siamo chiamati a leggere i segni dei tempi, a vedere dentro la nostra storia i semi della presenza misteriosa di Dio, come ci ha insegnato il nostro caro Papa Giovanni.1

La pandemia, i cambiamenti climatici, le guerre non sono “incidenti di percorso” e nemmeno annunci di una punizione imminente, ma l’invito a tutti i credenti a tenere accesa la loro lampada per far sì che tutti gli uomini possano conservare la speranza e credere in Dio, nonostante tutto.

L’olio che fa la differenza

Questo è l’olio che fa la differenza, che aiuta il credente a non andare dietro a tutti gli altri nel pessimismo o – di contro – a non ergersi sopra agli altri come profeta di sventura,2 ma a correre con fiducia incontro allo Sposo.

L’olio delle cinque ragazze sagge può essere interpretato in diversi modi: la preghiera, la perseveranza, le buone opere fatte nel quotidiano… è qualcosa che si accumula solo vivendo in un atteggiamento di constante ricerca del bene e della sapienza che è ben descritto nella prima lettura.

Tempo di svegliarci

Ma ciò che mi sta a cuore in questa riflessione è ribadire che questo è il momento, sia di far ardere l’olio accumulato, sia di metterne da parte altro, perché – come ammonisce Gesù – non sappiamo né il giorno né l’ora.

Non è il momento della disperazione, così come non è il momento di darsi alla pazza gioia se le cose vanno meglio.

È sempre il momento di svegliarsi e vegliare, come raccomandava l’apostolo Paolo ai Romani:

è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché adesso la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti. La notte è avanzata, il giorno è vicino. Perciò gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce (cfr Rm 13,11-14).

  1. Il primo a introdurre l’espressione «segni dei tempi» nel linguaggio cattolico ufficiale fu papa Giovanni XXIII, nella Costituzione apostolica Humanae salutis (HS) del 1961: «Sappiamo che la visione di questi mali deprime talmente gli animi di alcuni al punto che non scorgono altro che tenebre, dalle quali pensano che il mondo sia interamente avvolto. Noi invece amiamo riaffermare la Nostra incrollabile fiducia nel divin Salvatore del genere umano, che non ha affatto abbandonato i mortali da lui redenti. Anzi, seguendo gli ammonimenti di Cristo Signore che ci esorta ad interpretare “i segni dei tempi” (Mt 16,3), fra tanta tenebrosa caligine scorgiamo indizi non pochi che sembrano offrire auspici di un’epoca migliore per la Chiesa e per l’umanità» (HS 4). ↩︎
  2. È sempre il nostro caro Papa Giovanni a coniare questa espressione: «A Noi sembra di dover risolutamente dissentire da codesti profeti di sventura, che annunziano sempre il peggio, quasi incombesse la fine del mondo» (Giovanni XXIII, Gaudet mater ecclesia, Discorso nella solenne apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II, 11 ottobre 1962, EV 1/41*). ↩︎