Evviva, siamo rovinati! 4ª Domenica del Tempo Ordinario (B)

Cristo è venuto a rovinarci, a demolire tutto il male che c'è in noi

«Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci?». Sì, in Gesù – Parola vivente – Dio è venuto a distruggere il male che è in noi e rifare l’uomo nuovo.

Letture: Dt 18,15-20; Sal 94 (95); 1Cor 7,32-35; Mc 1,21-28

Rileggendo la prima lettura e il vangelo di questa domenica mi è tornata in mente una scena che ho scolpita vivida nella mente: è successa anni fa, nei primi anni del mio ministero nella Parrocchia di Sant’Angelo in Rozzano (MI).

Sant’Angelo era un “porto di mare” (in senso buono): un vero luogo di passaggio (e spesso di sosta) per tanti preti, specialmente quelli della Comunità Missionaria del Paradiso (che l’avevano fondata nel lontano luglio 1967).

Uno di questi, don Saverio Parietti, vi capitò di sorpresa nel 2006, dopo qualche anno di servizio nella Diocesi di Livorno. Arrivando in portineria, mi disse in modo spiccio e senza tanti giri di parole che il Vescovo di Livorno l’aveva cacciato, motivando la sua scelta con questa frase: «tu non sei un prete, sei un profeta! Così mi mandi in rovina la Parrocchia!»

«Il Signore susciterà per te un profeta»

Non dovetti aspettare molto per capire il senso di quelle parole che mi avevano inizialmente scioccato.

Prima di tutto lo stile di vita di don Saverio era semplice e povero, al limite della trasandatezza (i benpensanti l’avrebbero definito un pezzente straccione); ma soprattutto integro: parola e vita in lui corrispondevano alla lettera.

Parlava sempre e solo di carità e di attenzione ai poveri: era il suo chiodo fisso. E – parimenti – aveva le mani bucate: non si poteva regalargli nulla, che lui l’aveva già regalato ad un povero. Qualsiasi cosa, perfino un giaccone pesante e un PC portatile che le Parrocchie di Rozzano gli avevano regalato nel 2008, quando decise di andare missionario in Brasile.

Ma torniamo alla scena di cui parlavo all’inizio: un sabato sera, essendo “di turno” a celebrare la Messa, durante la sua omelia, un signore in fondo alla chiesa si alzò e si mise a gesticolare platealmente e ad urlare: «lei, don Saverio, la deve smettere di fare politica!»

Eh già… come suo solito, anche in predica, don Saverio stava facendo parlare il Vangelo, mettendo sulla graticola tutte le logiche di questo mondo (in quel caso il capitalismo) che hanno poco a che fare col messaggio di Cristo.

Ecco: un profeta che parla «con autorità», al punto da suscitare la reazione scomposta di un “indemoniato” dei nostri giorni.

«insegnava loro come uno che ha autorità»

Anticipavo già domenica scorsa che Gesù stupiva la gente del suo tempo proprio per questo suo parlare «come uno che ha autorità, e non come gli scribi».

Una persona è autorevole quando non parla a vanvera, ma fa quello che dice, e prima ancora di dirlo.

Queste persone tutte d’un pezzo, se da un lato – teoricamente – piacciono a tutti, dall’altro infastidiscono, perché sono ineccepibili e inattaccabili.

Gli scribi si limitavano a ripetere gli insegnamenti di altri, imparati a memoria, e spesso la loro vita concreta non corrispondeva a quanto insegnavano. Gesù invece portava «un insegnamento nuovo, dato con autorità», perché Lui stesso è la Parola che annuncia.

Mi piace riportare qui un bell’esempio che ho ascoltato da don Roberto Fiscer: come un insegnante madrelingua ha tutta l’autorità necessaria per insegnare quella lingua (perché non l’ha imparata studiando, ma è proprio la sua), così Gesù è “insegnante madrelingua della Parola di Dio”: quella Parola è la Sua, non di qualcun altro!

La Parola di Dio infastidisce

Quante volte quell’indemoniato (che pare fosse un abituale frequentatore della sinagoga di Cafarnao) avrà ascoltato le Sacre Scritture di sabato… ma perché solo ora reagisce così?

Perché ora, per la prima volta, la Parola di Dio non è proclamata con superficialità, come un libro di scuola ripetuto “a macchinetta”, ma è Parola vera e incarnata! Annunciata da Gesù,

«la parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore» (Eb 4,12).

Cosa avrà detto di così travolgente e nuovo Gesù per lasciare la gente meravigliata e suscitare la reazione scomposta dell’indemoniato? Luca ci spiega più diffusamente il contenuto della predicazione di Gesù e il suo modo autorevole di annunciare la Parola:

«secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:

Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio…

…Allora cominciò a dire loro: “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato”» (Lc 4,16-21 passim).

I profeti parlavano sempre al futuro, annunciando promesse di Dio che si sarebbero realizzate dopo lungo tempo; Gesù – invece – afferma che «il tempo è compiuto» e Dio si è reso presente in Lui.

Anche nella versione di Luca, all’inizio c’è una reazione di meraviglia:

«Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca» (Lc 4,22).

Ma anche a Nazaret, pur non essendoci persone possedute, la gente si indispettisce presto: anzitutto avanzando la stessa pretesa di conoscere bene Gesù:

«dicevano: “Non è costui il figlio di Giuseppe?”»

(come l’«io so chi tu sei» dell’indemoniato), e poi – di fronte al «nessun profeta è bene accetto nella sua patria» – con lo sdegno:

«tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù» (Lc 4,28-29).

Insomma, quando la Parola di Dio penetra in profondità (come dice il brano della lettera agli Ebrei che ho citato poco sopra), dà fastidio, ferisce i sentimenti e ne svela tutta la falsità.

Annunciatori tiepidi

Ora, io mi chiedo: perché nelle nostre chiese non succede mai nulla di simile? La Parola di Dio annunciata e spiegata alla gente di oggi non fa né caldo né freddo. Perché?

Senz’altro perché noi preti (primo fra tutti il sottoscritto) non siamo credibili e autorevoli, ovvero non viviamo seriamente e con impegno quanto annunciamo.

O forse perché – per paura di scomodare qualcuno – cerchiamo di “addolcire” la Parola, togliendole così la carica sovversiva che porta con sé…

Una parola inopportuna

Ma la Chiesa e il mondo di oggi non hanno bisogno di altri teatranti del politically correct! Di quelli c’è già pieno il mondo.

La Parola di Dio deve tornare ad infastidire, a “rovinare” letteralmente il nostro quieto vivere. Come raccomandava san Paolo al suo discepolo Timoteo, deve essere annunciata sempre con franchezza, anche e soprattutto quando è scomoda perché viene a mettere in stato d’accusa le nostre incongruenze:

«annuncia la Parola, insisti al momento opportuno e non opportuno, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e insegnamento» (2Tm 4,2).

Ascoltate la voce del Signore!

Per poter annunciare così, occorre che l’annunciatore sia prima di tutto ascoltatore, destinatario accogliente di questa Parola.

A differenza di Gesù (che è la Parola di Dio fatta carne), noi sacerdoti (e ogni cristiano) siamo semplici ministri, servitori della Parola di Dio. E per poterla servire dobbiamo anzitutto metterci in atteggiamento di ascolto.

«Ascoltate oggi la voce del Signore» abbiamo ripetuto più volte come ritornello del Salmo Responsoriale… Sì, la Parola di Dio deve essere ascoltata (non solo sentita), e presa come guida e norma della nostra vita.

Questo è il significato etimologico di “obbedire”: ascoltare e prendere veramente in considerazione le parole di chi mi sta parlando. Ma solo se riteniamo Dio degno di fede (perché è Colui che ci Ama infinitamente) possiamo accogliere la Sua Parola con questo spirito.

Una Parola che ci rovina, per salvarci

Se alla Parola di Dio diamo questo potere, se la lasciamo entrare in noi con tutta la sua forza, allora anche la nostra prima reazione sarà la stessa dell’uomo posseduto nella sinagoga di Cafarnao:

«Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci?»

Ci sentiremo crollare dentro: sarà – talvolta – una tragedia interiore devastante. Ma ciò che la Parola di Dio vuole far crollare in noi e mandare in rovina è solo il nostro peccato. Vuole fare macerie del nostro uomo vecchio per ricostruirci ad immagine di Dio:

«vi scongiuro nel Signore: non comportatevi più come i pagani con i loro vani pensieri, accecati nella loro mente, estranei alla vita di Dio a causa dell’ignoranza che è in loro e della durezza del loro cuore… Ma voi non così avete imparato a conoscere il Cristo, se davvero gli avete dato ascolto e se in lui siete stati istruiti, secondo la verità che è in Gesù, ad abbandonare, con la sua condotta di prima, l’uomo vecchio che si corrompe seguendo le passioni ingannevoli, a rinnovarvi nello spirito della vostra mente e a rivestire l’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella vera santità» (Ef 4,17-24 passim).

Sì, ve lo dico con sincerità: se questo significa ascoltare seriamente il Signore che mi parla, allora voglio essere “rovinato” totalmente, perché Cristo possa ricostruirmi a Sua immagine.

Cristo, la nostra “dolce rovina”

Stavolta vi lascio in dono una stupenda poesia di Padre David Maria Turoldo (anche lui un profeta scomodo e perseguitato per tutta la vita, che ho avuto la grazia di incontrare negli ultimi giorni della sua esistenza terrena):

Cristo, mia dolce rovina,
gioia e tormento insieme tu sei.
Impossibile amarti impunemente,
dolce rovina, Cristo,
che rovini in me tutto ciò
che non è amore.
Impossibile amarti senza pagarne il prezzo
in moneta di vita.
Impossibile amarti e non cambiare vita
e non gettare dalle braccia il vuoto
e non accrescere gli orizzonti che respiriamo.