Fame e sete, mai! 18ª Domenica del Tempo Ordinario (B)

Fame e sete mai
Omelia per domenica 4 agosto 2024

Gesù ci promette che se andiamo a Lui e crediamo in Lui non avremo mai più fame né sete. Siamo pronti per questo slancio verso l’Eternità?

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Letture: Es 16,2-4.12-15; Sal 77(78); Ef 4,17.20-24; Gv 6,24-35

Ed eccoci qui, come anticipato la settimana scorsa, a partecipare a una lunga catechesi in quattro puntate sull’Eucaristia; e anche noi, come la folla, iniziamo con una bella tirata d’orecchi da parte di Gesù:

«voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati».

La Parola scava

È così la Parola fatta carne:1 è potente, ci interroga, ci trapassa, ci scava dentro.

La prima “scavata” che ci dobbiamo lasciar dare da questa Parola è una serie di domande:

  • perché siamo venuti a Messa oggi? E perché ci andiamo tutte le domeniche (o magari tutti i giorni)?
  • Per abitudine, per senso del dovere, per far contento qualcuno (magari il Signore)?

Se, invece, è il bisogno ad averci portati qui, è già un buon segno, ma non basta: occorre chiederci di cosa abbiamo bisogno.

Anche la gente del tempo di Gesù, infatti, aveva un gran bisogno di… risolvere i problemi principali della vita, possibilmente alla svelta, meglio ancora se gratis, senza alcuno sforzo.

Ho l’impressione che la “fede” di tanti “cristiani” sia un po’ così: si va a Messa per ottenere qualcosa con poco sforzo (almeno si spera).

Il bisogno va educato

Dicevo che il bisogno è già un buon punto di partenza perché, se ascoltato, ci ricorda che siamo poveri, fragili, carenti di tutto.

Il bisogno, però, va ascoltato con pazienza, lasciandosi svuotare del tutto: non si deve fare l’errore di riempire subito il vuoto che sentiamo dentro con un sacco di palliativi…

  • Di quanto “cibo spazzatura” riempiamo non solo lo stomaco, ma anche il cuore e la mente? Quando ci sentiamo “mancanti” di qualcosa cerchiamo immediatamente una compensazione: abbuffate, alcol, droghe, sballo…

Se ascoltato e educato, invece, il bisogno, il nostro vuoto interiore, ci educa a sua volta: ad accettare e dichiarare la nostra povertà.

Riconoscerci poveri

Allora, forse, la prima ragione per la quale andare a Messa è riconoscere che siamo solo dei poveracci, bisognosi di tutto, e che da soli non andiamo molto lontano: per questo la celebrazione eucaristica inizia con l’Atto penitenziale, che non è un esame di coscienza comunitario, ma l’ammissione corale della nostra povertà, del nostro bisogno di amore e misericordia.

In un mondo dove l’uomo è invitato ad essere indipendente, ad autoesaltarsi come fosse dio, la celebrazione dell’incontro eucaristico ci ricorda che dipendiamo da Dio in tutto e per tutto: come moriremmo in breve tempo se non mangiassimo e non bevessimo, così siamo finiti se crediamo di poter fare a meno di Dio, o di “sostituirlo” con surrogati vari.

Il pane quello vero

Solo Cristo può rispondere al nostro bisogno e riempire il nostro vuoto,2 perché solo Lui è il pane quello vero, il cibo che rimane per la vita eterna, che dà la vita al mondo.

Ovviamente, di fronte a queste affermazioni di Gesù, siamo chiamati a un atto di fede, e qui molti, ahimè – anche tra i cristiani – storcono il naso:

  • quanti dicono «io sono credente ma non praticante»? Quanti vengono a Messa tutte le domeniche ma non fanno mai la Comunione?

Io mi chiedo: come mai si presta fede a nutrizionisti (e a volte a pseudo-medici) per recuperare la forma fisica, disposti a fare diete assurde ed esercizi massacranti? Perché si pende dalle labbra di psichiatri da centinaia di euro a seduta per ritrovare se stessi e, invece, non ci fidiamo mai di quanto ci dice il Signore?

Un «mai!» che spaventa

Il Signore ci promette di colmare una volta per tutte il nostro senso di vuoto, di smarrimento, di bisogno, purché andiamo a Lui con fede:

«Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!»

Non ci chiede grandi sacrifici, esborsi di denaro, opere mirabolanti, ma fiducia totale in Lui, perché l’opera di Dio è che crediamo in colui che egli ha mandato.

Ma, forse, è proprio l’ultima parola di Gesù che ci spaventa, quel «mai!» quasi urlato, perché ci parla di Eternità, di un «per sempre» che ci spaventa, di fronte al quale preferiamo andare avanti sempre e solo a piccoli, provvisori e falsi “riempitivi”, al costo del rimanere schiavi dei nostri bisogni, proprio come gli Israeliti della Prima Lettura, che mormoravano, preferendo tornare schiavi in Egitto piuttosto che affidarsi a Dio.

  1. Cfr Gv 1,14. ↩︎
  2. «Signore… ci hai fatti per te, e il nostro cuore non ha pace finché non riposa in te» (Sant’Agostino, Confessioni 1,1). ↩︎