Familiari di Dio. San Tommaso apostolo

Siete concittadini dei santi e familiari di Dio
Omelia per giovedì 3 luglio 2025

Come Tommaso, anche noi scopriamo di essere familiari di Dio, di “essere di casa” per Lui. È un dono grande! Restiamo volentieri in questa “casa”!

Letture: Ef 2,19-22; Sal 116 (117); Gv 20,24-29

Lo dicevo già domenica, in occasione della solennità dei santi Pietro e Paolo:

gli apostoli sono indicati come le “colonne” della Chiesa non tanto per i loro meriti personali, ma per ciò che il Signore ha fatto nella loro vita e attraverso di loro; per questo ci sono proposti come esempio da imitare.

Sono uomini che

nella diversità della loro esperienza e della loro missione, hanno in comune la fiducia riposta definitivamente in Cristo dopo una vita di errori, peccati e sbandamenti.

Una via familiare

Che bello, allora, scoprire anche in Tommaso non solo un’altra “colonna”, ma soprattutto un altro fratello – un “gemello” per la precisione – nel quale specchiarsi e poter trovare una via del tutto umana e familiare per concretizzare il nostro cammino di fede!

Anche in noi possiamo individuare le stesse fatiche, le stesse incomprensioni,1 lo stesso bisogno di conferme di Tommaso, eppure, nonostante tutto, non sentirci stranieri né ospiti, ma concittadini dei santi e familiari di Dio.2

Parenti stretti

Questa definizione è potente, perché il termine greco utilizzato da Paolo nello scrivere agli Efesini non indica semplicemente una certa cordialità nei rapporti, una similarità di intenti, ma una familiarità reale, di parentela vera e stretta: quella che c’è tra i consanguinei diretti!

Come direbbe san Giovanni, figli di Dio lo siamo realmente! (cfr 1Gv 3,1)

Un dono voluto

Questo essere familiari di Dio è un dono grandissimo, che solo Lui ci può fare.

E ce lo vuole fare! Sì, perché, anche per noi – apposta per noi! – il Signore è disposto a tornare otto giorni dopo per farsi incontrare, per farci toccare con mano i segni della Sua passione e sentire il Suo cuore che batte per noi.

Stiamo a casa!

Il suddetto termine greco che indica la familiarità con Dio ha la stessa radice di “casa”: a partire da questa sottolineatura lessicale, aggiungo un ultimo pensiero per concludere la riflessione.

Ora che abbiamo scoperto che Dio ci vuole fare il dono della familiarità con Lui, dell’“essere di casa” a casa Sua, non facciamo come quei figli che utilizzano la casa dei loro genitori come un albergo (dove rientrare solo per mangiare, dormire e portare i panni sporchi da lavare)!

Gesù stesso, infatti, ci dice che

«lo schiavo non resta per sempre nella casa; il figlio vi resta per sempre» (cfr Gv 8,35).

Ora che Dio ci ha dato in mano le chiavi di casa Sua, restiamoci volentieri e sempre in questa “casa” che è la comunione con Lui e i nostri fratelli nella fede!

Potremmo recuperare quell’hashtag che andava di moda all’inizio della pandemia: #iorestoacasa.

  1. Cfr Gv 14,5s.
  2. Cfr la Prima Lettura.