Fammi avere il mio pezzo di pane
Omelia per mercoledì 25 settembre 2024
Il “pezzo di pane” che chiediamo al Signore è il necessario per vivere, ma soprattutto la capacità di godere dei Suoi doni e vivere nella giustizia.
Letture: Pr 30,5-9; Sal 118 (119); Lc 9,1-6
Nel terzo e ultimo brano del Libro dei Proverbi che il Lezionario ci offre come Prima Lettura c’è una richiesta che richiama da vicino il Padre Nostro:
fammi avere il mio pezzo di pane.
Ogni giorno, infatti, pregando come il Signore ci ha insegnato, ripetiamo
dacci oggi il nostro pane quotidiano (cfr Mt 6,9-13).
Quale pane chiediamo?
Nel Padre Nostro tale richiesta ha diversi significati:
- anzitutto è la fiducia incondizionata nella Provvidenza divina, richiamando alla memoria il dono della manna, che Dio aveva fatto agli Israeliti durante il cammino dell’Esodo per metterli alla prova e vedere se si sarebbero fidati di Lui (cfr Es 16,4-5.19-20);
- in secondo luogo, quel pane rimanda al pane “soprannaturale” della Santa Eucaristia, che ci sostenta nel cammino verso la Gerusalemme celeste.
L’arte dell’equilibrio
Nel testo sapienziale che ci è donato oggi, il tozzo di pane rappresenta l’essenziale per vivere; è il necessario ma anche quello che noi chiamiamo “il giusto mezzo”, la giusta misura: sì, perché le esagerazioni, gli eccessi, in tutti i campi, portano a conseguenze tragiche.
Il contesto di questa richiesta di equilibrio è il rapporto con Dio e, di conseguenza, il proprio cammino di fede:
non darmi né povertà né ricchezza,
ma fammi avere il mio pezzo di pane,
perché, una volta sazio, io non ti rinneghi
e dica: «Chi è il Signore?»,
oppure, ridotto all’indigenza, non rubi
e abusi del nome del mio Dio.
La ricchezza esagerata induce all’illusione superba di poter fare a meno di Dio, ed è un pericolo per la propria fede, ma anche la grave penuria induce a compiere il male (invidiando o rubando i beni altrui) e a maledire Dio.
Saper godere dei doni di Dio
Se siamo sinceri, però, dobbiamo ammettere che spesso l’invidia regna nei nostri cuori senza motivo, perché non sappiamo accontentarci di quello che abbiamo, pur non mancando del necessario (anzi).
Credo, perciò, che la preghiera che dobbiamo fare noi, sia chiedere al Signore che ci aiuti a riconoscere i Suoi doni, a goderne nella semplicità senza guardare a destra e a sinistra con occhio malizioso e invidioso.
Richiesta inutile
Anche perché la richiesta dell’autore di questi proverbi è saggia ma anche “inutile”; infatti, Dio, fin dalla creazione del mondo, si comporta così: dando a ciascuno la parte che gli spetta, secondo criteri di giustizia che solo a Lui sono noti.
In realtà questa richiesta l’uomo dovrebbe farla a se stesso, ben sapendo che gli squilibri che regnano sulla terra e originano profende ingiustizie, sperequazioni, cattiverie e conflitti, sono causati dall’avidità insaziabile di pochi ricchi che usano il mondo come una proprietà privata ed esclusiva.
Odiare e detestare la menzogna
Ecco perché la prima delle due cose che l’autore sacro chiede a Dio di avere in dono prima della morte (ripetuta più volte anche nel Salmo Responsoriale) è la più importante:
tieni lontano da me falsità e menzogna.