Figlio dell’uomo, mangia la Parola

Figlio dell'uomo, mangia la Parola di Dio
Omelia per martedì 13 agosto 2024

«Figlio dell’uomo, mangia questo rotolo, poi va’ e parla alla casa d’Israele». L’invito di Dio non è solo a Ezechiele, ma a ciascuno di noi.

Letture: Ez 2,8-3,4; Sal 118 (119); Mt 18,1-5.10.12-14

Nella Prima Lettura continuiamo a leggere il Libro di Ezechiele iniziata ieri: dopo la visione gloriosa di Dio, avviene la chiamata e la missione profetica.

Figlio dell’uomo

L’appellativo di «figlio dell’uomo» (che Gesù farà proprio),1 è carico del senso della trascendenza divina che Ezechiele sente con estrema acutezza: egli sa di non essere null’altro che un essere fragile, e che il dono della profezia è totalmente gratuito.

Il suo compito, perciò, è solo e solamente riferire la Parola di Dio, annientando in un certo qual modo se stesso: è chiamato a mangiare la Parola, a nutrirsene, per diventare tutt’uno con essa (anche questa immagine potente sarà ripresa nel Libro dell’Apocalisse: cfr Ap 10,8-11).

Nutrirsi della Parola

L’annuncio che Ezechiele dovrà portare è vastissimo (il rotolo è scritto da una parte e dall’altra) e anche assai doloroso (conteneva lamenti, pianti e guai), nonostante in bocca sia dolce come il miele.

Questo simbolismo ci fa riflettere su fatto che l’uomo deve nutrirsi della Parola di Dio, non ascoltarla semplicemente con le orecchie: deve “masticarla”, “ruminarla”, interiorizzarla, farla arrivare fino alle viscere (come dirà Gesù, richiamando i tempi di Israele nel deserto: cfr Mt 4,4 e Dt 8,3).

Solo se è penerato nel profondo e ci ha trasformato totalmente è possibile comunicare agli altri il pensiero di Dio.

Ezechiele non è chiamato a “ripetere” pedissequamente la Parola di Dio, ma a “ripensarla” e “tradurla” in parola propria, perché Dio vuole che il Suo messaggio giunga agli uomini nel loro “linguaggio” comune, come parola di uomo a uomo.

Il vertice è Gesù

Al vertice di questo processo ci sarà Gesù, come insegna il Magistero:

Dopo aver a più riprese e in più modi, parlato per mezzo dei profeti, Dio «alla fine, nei giorni nostri, ha parlato a noi per mezzo del Figlio» (Eb 1,1-2). Mandò infatti suo Figlio, cioè il Verbo eterno, che illumina tutti gli uomini, affinché dimorasse tra gli uomini e spiegasse loro i segreti di Dio (cfr Gv 1,1-18). Gesù Cristo dunque, Verbo fatto carne, mandato come «uomo agli uomini»,2 «parla le parole di Dio» (Gv 3,34) e porta a compimento l’opera di salvezza affidatagli dal Padre (cfr Gv 5,36; 17,4).

(Concilio Vaticano II, Dei Verbum 4)

Infatti, è Lui che, per primo, ha “mangiato il rotolo” della Parola del Padre Suo, facendosi Lui stesso Parola fatta carne:

«non faccio nulla da me stesso, ma parlo come il Padre mi ha insegnato» (Gv 8,28).


«Io dico quello che ho visto presso il Padre» (Gv 8,38).


«io non ho parlato da me stesso, ma il Padre, che mi ha mandato, mi ha ordinato lui di che cosa parlare e che cosa devo dire… Le cose dunque che io dico, le dico così come il Padre le ha dette a me» (cfr Gv 12,49-50).

L’invito è per ciascuno di noi

L’invito del Signore a Ezechiele non vale solo per lui, ma per ciascuno di noi, in particolare chi – nella Chiesa – ha il compito di servire e annunciare la Parola di Dio.

Perciò, prepariamoci a questa accoglienza profonda della Parola di Dio con le stesse espressioni dell’autore del Salmo Responsoriale:

I tuoi insegnamenti sono la mia delizia:
sono essi i miei consiglieri.


Quanto sono dolci al mio palato le tue promesse, 
più del miele per la mia bocca.


Apro anelante la mia bocca,
perché ho sete dei tuoi comandi.

  1. Cfr la voce “Figlio dell’uomo” su Wikipedia. ↩︎
  2. Lettera a Diogneto 7,4. ↩︎