Fratelli tutti
È falso che preghiamo il Padre Nostro se non siamo capaci di riconoscere tutti gli uomini come nostri fratelli (e talvolta nemmeno i nostri fratelli di sangue!)
Omelia per martedì 27 giugno 2023
Letture: Gen 13,2.5-18; Sal 14 (15); Mt 7,6.12-14
Alle tante persone che vengono in confessionale a raccontarmi le loro beghe famigliari, che li portano a odiarsi tra fratelli e portarsi in tribunale per dividere l’eredità, dovrei far leggere la pagina della prima lettura di oggi.
Padre nella fede e nella carità
Quanta libertà, quanta capacità di staccarsi davvero da tutto (vedi la riflessione di ieri), quanta umanità, quale magnanimità nel nostro Patriarca Abramo!
Oltre ad essere nostro padre nella fede, è per noi luminoso esempio di vera carità (credo che gli si applichino tranquillamente tutte le caratteristiche elencate da san Paolo nel famoso Inno alla carità – 1Cor 13,4-7).
Le persone prima delle cose
Abramo non è preoccupato delle cose, ma delle persone: tiene più alla concordia col nipote Lot che alla giustizia distributiva.
Nell’anticipare e prevenire una possibile discordia famigliare è capace di applicare la famosa regola d’oro, che ascoltiamo da Gesù nel vangelo di oggi:
«Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti».
Si mette nei panni del nipote e lascia scegliere a lui la parte migliore.
Non è certo facile, anche perché si è sicuri che si passa per scemi e gli altri se ne approfittano (proprio come fece Lot, scegliendo la fertile valle del Giordano e lasciando ad Abramo la parte montuosa e arida).
Ma qui Abramo mette in pratica anche la raccomandazione successiva di Gesù:
«Entrate per la porta stretta… Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano!»
#appuntalaparola: «siamo fratelli»
La frase centrale (che dobbiamo imparare a memoria e appiccicare come Post-it sullo sportello del nostro frigorifero) è stupenda:
«Non vi sia discordia tra me e te… perché noi siamo fratelli».
«Siamo tutti fratelli»: che bello se riuscissimo a ripeterlo miliardi di volte dentro di noi prima di alzare lo sguardo verso ogni essere vivente!
Se sentissimo ogni uomo come nostro fratello, immediatamente sparirebbe ogni indifferenza e ogni egoismo, ogni pregiudizio dietro al quale ci pariamo per trovare giustificazioni alle nostre cattiverie.
Fratelli perché figli di un unico Padre
Non è tanto il legame di sangue che fa agire così Abramo nei confronti del nipote, ma il sentire forte dentro di sé la paternità di Dio che si estende su tutti gli uomini, quella paternità che farà dire all’apostolo Paolo:
Tutti voi siete figli di Dio mediante la fede in Cristo Gesù… Non c’è Giudeo né Greco; non c’è schiavo né libero; non c’è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù. Se appartenete a Cristo, allora siete discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa (cfr Gal 3,26-29).
Preghiamo ciò che non viviamo
Noi preghiamo ogni giorno il Padre Nostro, dicendo – a parole – che siamo tutti fratelli, ma poi guardiamo gli altri come avversari e nemici… non solo gli stranieri, il “diverso”, ma perfino i parenti con cui litighiamo per questioni di soldi! Siamo veramente dei miserabili!
Nella teologia cattolica vige la regola Lex orandi, lex credendi (ovvero: «il contenuto della preghiera è il contenuto della fede»), ma – se siamo sinceri e onesti – dobbiamo miseramente ammettere di pregare a vanvera, dicendo cose che non crediamo e non viviamo.
La vera libertà
Dio ci vuole liberare da questo morbo che ci infesta il cuore, e la storia di Abramo ci insegna la via.
Come dicevo nella riflessione di ieri, ogni volta che ci chiede di staccarci da qualcosa, Dio ci vuole liberare dalle nostre fissazioni e sicurezze, da ciò che ci rende schiavi, per farci trovare qualcosa di più grande e promettente.
Il cammino della gioia vera è liberarci dall’attaccamento alle cose, alle nostre idee e convinzioni e imparare a guardare gli altri come persone, come figli di Dio, come fratelli, e a trattarli con generosità:
«Si è più beati nel dare che nel ricevere!» (cfr At 20,35)