Generosi, generativi, come il Padre
La generosità non è frutto del nostro impegno ma una grazia di Dio: tutto abbiamo ricevuto gratuitamente da Lui e per essere Suoi figli dobbiamo essere generosi
Omelia per martedì 20 giugno 2023
Letture: 2Cor 8,1-9; Sal 145 (146); Mt 5,43-48
La prima lettura introduce il tema della colletta per soccorrere i cristiani di Gerusalemme che si erano trovati nel bisogno a causa di una grande carestia (cfr At 11,27-30).
Fu una preoccupazione che occupò parecchio il cuore dell’apostolo Paolo, che vi vedeva il segno e la garanzia dell’unità tra le Chiese da lui fondate e quelle dei giudeo-cristiani (cfr Rm 15,26-28; Gal 2,10; 2Cor 8-9; At 24,17).
La generosità è grazia di Dio
Paolo introduce l’argomento ai Corinti illustrando la generosità esemplare espressa dai cristiani di Macedonia: da buon furbacchione che conosce i suoi polli, sembra voler far leva su uno spirito di sana gelosia e rivalità tra “parrocchie” per farle gareggiare nel dare di più.
In realtà, quello che l’apostolo sottolinea è che il grande sforzo espresso nonostante la ristrettezza e la tribolazione nella quale vivevano le Chiese di Macedonia è una grazia concessa da Dio:
Vogliamo rendervi nota, fratelli, la grazia di Dio concessa alle Chiese della Macedònia…
Quando noi parliamo di generosità, di condivisione, di elemosina, pensiamo sempre a qualcosa che nasce dal nostro cuore… ma l’inizio del brano ci fa capire chiaramente che non è così: la prospettiva è rovesciata rispetto al nostro modo di pensare.
Tutto abbiamo ricevuto
Il motivo a prova di ciò è che tutto quanto abbiamo è dono del Signore: la vita, la salute, il tempo, la nostra intelligenza, i talenti che Dio ci ha dato. Già nella sua prima lettera, Paolo ci interrogava così:
Che cosa possiedi che tu non l’abbia ricevuto? E se l’hai ricevuto, perché te ne vanti come se non l’avessi ricevuto? (1Cor 4,7)
Non abbiamo nulla di nostro: tutto abbiamo ricevuto da Dio, che ha dato a tutti in modo generoso e abbondante.
Al bando ogni superbia
Quante volte, invece, incontro persone saccenti che parlano delle loro fortune come frutto del loro sudore, dicendo: «quello che ho me lo sono guadagnato onestamente!», magari sottintendendo che i poveracci, i barboni e i disoccupati se la sono cercata impegnandosi poco o niente.
Ragionano come se fossero nati con la camicia e le tasche piene di soldi e non fossero stati accuditi e cresciuti con amore e generosità dai loro genitori come ogni essere vivente.
Tutti siamo chiamati ad essere genitori
Tutti noi siamo stati generati dall’amore di chi ci ha preceduto; infatti, “generosità” e “generare” hanno la stessa radice: per questo solo un genitore sa cosa voglia dire amare e donare gratuitamente, senza fare calcoli, senza badare a spese, senza questioni di merito.
Diventare grandi richiede che impariamo a diventare genitori (anche chi non metterà al mondo fisicamente dei figli), ovvero: capaci di generare, di amare gratuitamente.
Ma il primo passo per diventare generativi e generosi è anzitutto imparare ad essere figli, a ricordare tutto quello che si è ricevuto ed esserne grati.
Imparare ad essere figli di Dio
È quello che ci chiede Gesù nel vangelo di oggi, quando ci invita ad amare tutti senza guardare in faccia a nessuno, solo ed esclusivamente perché siamo figli di Dio:
amate i vostri nemici… affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti.
Siamo chiamati alla gratuità perché – come ascoltavamo nel vangelo di domenica scorsa – abbiamo ricevuto tutto gratuitamente (cfr Mt 10,8). L’amore e la generosità non hanno altra motivazione e origine che questa: Dio Padre.
È quanto ascoltavamo venerdì scorso, nella seconda lettura della solennità del Sacro Cuore di Gesù:
l’amore è da Dio: chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore (cfr 1Gv 4,7-8).
Rendere visibile l’Amore
Per un cristiano, la generosità non è un dovere, ma una questione di “essenza”: o siamo generosi o non siamo figli di Dio, o – quantomeno – viviamo come se non lo fossimo.
Non possiamo accontentarci di curare la nostra preghiera e la nostra spiritualità interiore, perché l’essere figli non è solo questione di DNA o burocratica, ma di vita quotidiana vissuta concretamente nell’Amore del Padre.
L’Amore non è un concetto, ma qualcosa di visibile, così come la fede non può essere un’idea o una sensazione, ma deve essere verificabile: senza le opere che la rendano evidente e visibile, è morta in se stessa (cfr Gc 2,14-26 e 1Gv 3,17).