Guai ai pastori che pascono se stessi!

Pastori che pascono se stessi (la tosatura)
Omelia per mercoledì 21 agosto 2024

Pastori che pascono se stessi siamo ciascuno di noi ogniqualvolta dimentichiamo che abbiamo ricevuto da Dio l’incarico ci condurre tutti a Lui.

Letture: Ez 34,1-11; Sal 22 (23); Mt 20,1-16

Saltando direttamente al capitolo 34 del Libro di Ezechiele, oggi la Prima Lettura ci propone un brano piuttosto conosciuto.1

Un rimprovero frequente

Sulla linea di una celebre parola di Geremia,2 Ezechiele pronuncia una condanna severa contro i pastori, ossia i capi della nazione ebraica, soprattutto i re.

Il rimprovero ai capi del popolo è molto frequente nella Bibbia, soprattutto fra i profeti; infatti, furono le colpe dei re, in primo luogo, a provocare la catastrofe della distruzione del tempio e della deportazione.

Dio è il pastore di Israele

Al posto dei pastori indegni, il Signore Dio si prenderà cura Egli stesso del Suo gregge.

L’immagine di Jaweh come pastore di Israele è tra le più antiche espressioni della religione ebraica: risalendo all’età del nomadismo degli Ebrei, essa si rafforza e arricchisce sempre più, fino al Nuovo Testamento, quando Gesù stesso la riprenderà per presentare Se stesso come «il Buon Pastore» (cfr Gv 10,11-21).

Pastori siamo tutti

Come sempre quando ascoltiamo e accogliamo la Parola di Dio, non dobbiamo escluderci dai destinatari, perché – se è vero che i profeti parlavano di re, capi e sacerdoti – oggi il Signore parla a ciascuno di noi.

Chiunque abbia un compito o dovere di guida deve esaminarsi: genitori, insegnanti, sacerdoti, politici…

Ma anche chi non ricoprisse un ruolo “istituzionale” nella società: il Signore chiede a ciascuno di noi di guidarci gli uni gli altri; perfino ai ragazzini di una stessa classe, quando qualcuno abbia la capacità o il carattere di persuadere i suoi compagni.

Pascere in vece di Dio

Il richiamo, per tutti, è a ricordare che non siamo chiamati ad essere pastori per noi stessi o “per mestiere”, ma siamo chiamati a pascere in nome dell’unico vero e Sommo Pastore: Dio.

Tutti, ognuno secondo la sua età, il suo compito e la sua vocazione, siamo chiamati a guidare quelli che Dio ci affida in vece Sua e per portarli a Lui: dimenticarsi di questo è pascere se stessi.

Il dovere di richiamare

Come dicevo, è troppo facile puntare il dito contro i pastori “ufficiali” (le cariche pubbliche, civili o religiose): prima di tutto dobbiamo esaminare e correggere noi stessi.

Ma, una volta applicata a noi stessi questa Parola, dobbiamo avere il coraggio e la forza profetica di contestare e criticare chi si approfitta della posizione civile, sociale o religiosa per sfruttare, fare favoritismi, mancando a precisi doveri: cercare il bene comune, essere forza ai deboli, sostegno agli infermi e ai poveri, ricondurre gli sbandati, ricercare i lontani…

Rinunciare a qualsiasi compromesso

Come dico sempre, per avere questa forza e libertà di parola, occorre vivere in totale onestà e trasparenza, rinunciando a qualsiasi compromesso e servilismo nei confronti degli altri “pastori”.

In questo, purtroppo, la “Chiesa ufficiale” non riesce a prendere il largo, perché ancor troppo “ammanicata” ai “poteri forti”, in una silenziosa connivenza che è un danno tremendo per sé e per il popolo santo di Dio…

Purtroppo, mi duole dirlo, a parte poche eccezioni, i pastori della Chiesa pascono se stessi.

  1. Generalmente, però, durante l’anno, il Lezionario ci propone il brano successivo a quello odierno (Ez 34,11-16): nelle memorie o feste dei Pastori della Chiesa, nella Solennità di Cristo Re del Ciclo “A” o del Sacratissimo Cuore di Gesù del Ciclo “C”. ↩︎
  2. Cfr Ger 23,1-6. ↩︎