Hai fatto peccare il popolo

Far peccare
Omelia per martedì 18 giugno 2024

Se tutti possiamo condizionarci a vicenda nel fare il bene o nel peccare, la responsabilità di chi ha un compito educativo è molto più grave.

Letture: 1Re 21,17-29; Sal 50 (51); Mt 5,43-48

Anche se oggi la Città e la Diocesi di Bergamo celebrano la festa del Patrono secondario san Gregorio Barbarigo (che ha Letture proprie), voglio fare una riflessione sulla Prima Lettura del giorno, per completare il discorso iniziato ieri.

Dio non è indifferente

Dicevo che Dio non rimane indifferente di fronte a vicende terribili come quella che abbiamo ascoltato ieri, ma scuote la coscienza dei responsabili.

Dio detesta il male e mette l’uomo che lo compie di fronte alle proprie responsabilità.

Lo fa sempre: attraverso il Suo Spirito che parla nel nostro intimo (quando la nostra coscienza non è obnubilata), oppure con la voce di persone che esercitano la profezia, parlando in Sua vece.

È ciò che ascoltiamo nel brano di oggi:

la parola del Signore fu rivolta a Elìa il Tisbìta: «Su, scendi incontro ad Acab, re d’Israele… è nella vigna di Nabot, ove è sceso a prenderne possesso. Poi parlerai a lui dicendo: “Così dice il Signore: Hai assassinato e ora usurpi!”».

Un dio troppo “umano”

I toni minacciosi e terribili delle sciagure che Elia preannuncia e promette ad Acab, Gezabele e tutti i loro discendenti lasciano intravedere un Dio adirato e vendicativo.

A tal proposito, invito, come sempre, a tenere conto del fatto che la Bibbia Parola di Dio scritta da uomini e, perciò, molto spesso Dio è troppo antropomorfizzato, ovvero: rappresentato né più né meno che come un uomo, semplicemente più potente.

Più che altro, l’esagerazione nel preannunciare punizioni, serve a sottolineare ancor di più la gravità del male compiuto.

Far peccare gli altri è grave

Quello su cui voglio richiamare l’attenzione, in mezzo a tutte le minacce, è che Dio non condanna solo il peccato personale di Acab (e della moglie), ma ancor di più il fatto di aver indotto a peccare il popolo:

«tu mi hai irritato e hai fatto peccare Israele».

Quella di Acab non è solo una responsabilità personale, ma sociale, collettiva: in quanto re e guida del popolo, aveva il compito di condurlo diritto per le vie del Signore, e invece l’ha portato all’idolatria!

Questa è una riflessione molto importante che dobbiamo fare tutti, specialmente chi ha responsabilità educative (genitori, insegnanti, preti, politici…): se tutti possiamo condizionarci a vicenda nel fare il bene o nel peccare, la responsabilità di chi ha un compito educativo è molto più grave.

Prevale la misericordia

Infine, richiamo la vostra attenzione sul fatto che questa pagina non è la sbrigativa soluzione giuridica che al delitto fa corrispondere un’adeguata punizione.

Noi siamo quelli del «chi rompe paga», quelli delle condanne immediate e senza appello; Dio, invece, crede sempre nella capacità di redenzione dell’uomo.

Di fronte ad Acab che si straccia le vesti, indossa un sacco sul suo corpo e digiuna, si corica con il sacco e cammina a testa bassa, Dio si impietosisce:

«Hai visto come Acab si è umiliato davanti a me? Poiché si è umiliato davanti a me, non farò venire la sciagura durante la sua vita; farò venire la sciagura sulla sua casa durante la vita di suo figlio».

Dio perdona sempre

Anche qui, vi invito a non leggere la cosa con categorie solo umane, ovvero come una semplice dilazione nel tempo (che oltretutto risulterebbe tremendamente ingiusta, facendo pagare ai figli le colpe del padre!): come Dio ha perdonato ad Acab nonostante il suo peccato tremendo, così sarà disposto a perdonare alle generazioni future se si pentiranno alla stessa maniera.

È la rivelazione del nome stesso di Dio a Mosè sul Sinai a testimoniarlo:

«Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà, che conserva il suo amore per mille generazioni, che perdona la colpa, la trasgressione e il peccato, ma non lascia senza punizione, che castiga la colpa dei padri nei figli e nei figli dei figli fino alla terza e alla quarta generazione» (cfr Es 34,5-7).

Se la punizione per chi non si pente attraversa tre o quattro generazioni, ancor di più la misericordia e il perdono verso chi si pente si moltiplica per i secoli eterni.