I piccoli sono il Sacramento di Cristo. 25ª Domenica del Tempo Ordinario (B)

I piccoli sono il Sacramento di Gesù

Gesù ci svela di essere presente nei piccoli della terra: se Lo vogliamo incontrare, non possiamo far altro che accoglierli e prenderli in braccio come Lui

Letture: Sap 2,12.17-20; Sal 53; Gc 3,16-4,3; Mc 9,30-37

Domanda piuttosto imbarazzante quella di Gesù ai Suoi, tanto da lasciarli ammutoliti:

«Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande.

Ancora una volta (come già accennavo domenica scorsa) i discepoli non hanno vergogna di raccontarci tutte le loro povertà e incongruenze…

Nessuno nasce Santo

Per questo mi stanno così simpatici: perché mi ricordano ogni volta che nessuno nasce Santo, o “imparato”, ma tutti dobbiamo cadere e rialzarci, e fare i conti con le nostre fragilità.

Anzi: dobbiamo imparare a credere che – alla fine – il Signore troverà il modo di farcele superare, o addirittura di trasformarle in occasione di grazia (come racconta spesso san Paolo nelle sue lettere: cfr 1Tm 1,12-16).

Proprio nel momento più inopportuno

Per di più gli Evangelisti annotano senza pudore che questa discussione disdicevole (di cui non andare fieri) avvenne proprio nel momento meno adatto, e più cruciale per la vita di Cristo.

Nel brano di oggi – infatti – Gesù ha appena dato (per la seconda volta) l’annuncio della Sua imminente Passione e del Suo destino, segnato dalla Croce.

Luca la colloca addirittura nel contesto dell’Ultima Cena, proprio mentre Gesù si stava già donando totalmente nel Segno del Pane e del Vino (cfr Lc 22,14-27)!

Il nostro peccato più grande

Sono proprio simili a noi i Dodici, in tante cose, soprattutto nella radice di tutti i mali: l’egoismo.

Siamo sinceri: se il Signore ci facesse a bruciapelo la domanda: «qual è il pensiero più ricorrente nella tua testa?», dovremmo ammettere – abbassando lo sguardo – di pensare spesso (troppo spesso) a noi stessi: la nostra salute, quello che gli altri pensano o dicono di noi, se le persone si accorgano o meno di quanto facciamo per loro, etc…

Egoisti fin da piccoli

Siamo egoisti, egocentrici, auto-centrati… e lo siamo da quando siamo nati, da quando abbiamo emesso il nostro primo vagito per reclamare attenzioni, cibo, cura, calore…

Perciò, quando Gesù ci chiede di diventare come bambini (Mt 18,3) o li pone al centro dell’attenzione (come nel brano di oggi), non intende certo raccomandarci di essere così, perché proprio non ne abbiamo bisogno: siamo (e rimarremo sempre) sufficientemente infantili e capricciosi.

Piccoli come al tempo di Gesù

E nemmeno vuole consigliarci l’innocenza dei bambini intesa come un regredire nell’intelligenza, nell’istruzione o nell’esperienza del vivere.

Quando pensiamo ai bambini ci viene un senso di tenerezza, di commozione… perché è ciò che un infante suscita (normalmente) nel cuore degli adulti. Al giorno d’oggi i bambini sono “l’ombelico del mondo”, e tutto ruota attorno a loro.

Ma proprio per questo abbiamo bisogno di fare una “composizione di luogo”, di immedesimarci nelle abitudini e usanze del tempo di Gesù, perché allora – invece – i bambini erano le persone che contavano meno di tutte, così “inutili” alla società e al mondo del lavoro, da non essere contati (Mt 14,21), da dare fastidio (Mc 10,13).

Più in basso dei più piccoli

Ponendo un bambino in mezzo, Gesù intende chiederci di accoglierlo, di prenderlo in braccio a nostra volta… e l’unico modo per prendere in braccio qualcuno è metterci sotto di lui, proprio come quando un papà o una mamma sollevano il loro bambino per evitare che inciampi o non riesca ad attraversare un punto impervio del sentiero…

Gesù ci chiede di diventare piccoli come i bambini, ovvero:

  • di renderci insignificanti come e più di loro;
  • di disporci a un atteggiamento di cura, di servizio dei più piccoli.

Questo è l’abbassamento che è chiesto dal vangelo di oggi:

«Se uno vuol essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti».

Il “luogo” della presenza di Cristo

I piccoli, gli ultimi diventano – perciò – il Sacramento della presenza reale di Gesù.

Possono sembrare parole forti, esagerate, quasi contestabili a livello teologico, ma è Gesù stesso a dircelo:

«Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me».

Riflettiamo su questa cosa: abbiamo verso i piccoli e gli ultimi della terra la stessa devozione e gli stessi atteggiamenti rispettosi che abbiamo (o dovremmo avere) verso le Sacre Specie Eucaristiche (il Pane e il Vino consacrati), il Tabernacolo, l’Ostensorio durante l’Esposizione Eucaristica?

Quanti cristiani vanno a ricevere la Santa Comunione tutte le domeniche e – al tempo stesso – applaudono ai “politici” che propongono il respingimento dei profughi afgani e siriani, il blocco navale etc.?

Sono in Comunione con Cristo o stanno mangiando la loro condanna (cfr 1Cor 11,28-29)?

Primi o ultimi?

Proprio in ragione del messaggio del vangelo di oggi, molti critici della morale cristiana (per esempio, il filosofo Friedrich Nietzsche) hanno denigrato il cristianesimo come una religione dei “deboli”, che “tarpa le ali” alla libertà e alla volontà dell’uomo.

Ma attenti bene: il vangelo non insegna che è sbagliato primeggiare: Gesù stesso dice «Se uno vuole essere il primo», e anche san Paolo paragonerà il cammino spirituale del cristiano ad una corsa allo stadio, dove solo uno vince (cfr 1Cor 9,24-25).

Sbagliato è primeggiare schiacciando la testa agli altri, asservendoli al nostro modo di vedere, di fare, di dire, di pensare…

Quando invece ci mettiamo al servizio dei fratelli con umiltà, li “innalziamo”, li solleviamo dalle loro miserie, stiamo “gareggiando” per “primeggiare” nella carità (cfr Rm 12,10).

Imparare a servire

E allora stiamo attenti – anche in famiglia e in Comunità – a tutti quegli atteggiamenti che dovrebbero essere fatti con spirito di servizio e invece noi facciamo con atteggiamento di rivalsa, facendo pesare (e pagare) a tutti le cose che facciamo.

Quanto è avvilente sentirsi dire: «Con tutto quello che ho fatto per te potresti almeno avere un po’ di riconoscenza!»

Questo non è certo spirito di servizio! Gesù, infatti, ci ha raccomandato:

«voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”» (Lc 17,10).

Il segreto per “vincere la corsa”

In questa “corsa” tutta particolare che è la nostra vita cristiana c’è già chi ha vinto (e ci spiega il “segreto” per vincere a nostra volta): Gesù, che si è messo a lavare i piedi ai suoi discepoli:

«Infatti chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve» (Lc 22,27).


«il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mc 10,45).

Il “segreto” di Gesù per vincere è dunque, abbassarsi (facendosi più piccolo dei piccoli) e servire:

Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù:
egli, pur essendo nella condizione di Dio,
non ritenne un privilegio
l’essere come Dio,
ma svuotò se stesso
assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini.
Dall’aspetto riconosciuto come uomo,
umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò
e gli donò il nome
che è al di sopra di ogni nome,
perché nel nome di Gesù
ogni ginocchio si pieghi
nei cieli, sulla terra e sotto terra,
e ogni lingua proclami:
«Gesù Cristo è Signore!,
a gloria di Dio Padre
(Fil 2,5-11).