I Tuoi sogni sono i miei. 4ª Domenica di Avvento (A)

Il sogno di Giuseppe

Letture: Is 7,10-14; Sal 23 (24); Rm 1,1-7; Mt 1,18-24

Abbiamo già ascoltato questo vangelo nel secondo giorno della Novena di Natale, ma fa sempre bene riascoltarlo e tornarci su per meditarlo di nuovo: non si finisce mai di imparare da san Giuseppe!

Ho già accennato al tema del sogno (modalità che Dio ha scelto più volte per parlare a Giuseppe) e ci vorrei tornare su in modo più approfondito in questa quarta e ultima domenica di Avvento.

Sognare fa bene

Tutti noi sogniamo, fin da piccoli. Se si prova a chiedere ad un ragazzino «cosa farai da grande?» gli si illuminano subito gli occhi, perché «i sogni son desideri di felicità» – come cantava la celeberrima canzone di Cenerentola.

Il desiderio di cose buone e belle da realizzare è ciò che tiene in vita l’essere umano. Smetteremo di vivere il giorno in cui smetteremo di sognare. Quindi, occorre non smettere mai perché, se i sogni sono caratteristici dei bambini, è bene che non smettiamo mai di essere un po’ bambini, come ci consiglia nostro Signore (cfr Mt 18,3).

I sogni di Giuseppe

Anche Giuseppe aveva dei sogni: voleva metter su famiglia con Maria, avere dei figli, crescerli nell’arte del falegname, portare avanti il nome glorioso della casata del Re Davide… quanti progetti avrà avuto in testa, quanti sacrifici era disposto a fare!

E invece, poco prima di sposarsi scopre che Maria è già incinta, e il mondo gli casca addosso.

Immedesimandoci in Giuseppe (è quello che dovremmo fare con ogni racconto del vangelo, come insegna Sant’Ignazio di Loyola quando parla della “composizione di luogo”), ci sentiamo affranti e disperati assieme a lui. Non è un semplice sogno notturno interrotto dal suono della sveglia (che già ci fa iniziare la giornata con l’amaro in bocca), ma un futuro che va in frantumi in un solo secondo!

Dio è un guastafeste?

Nei panni di Giuseppe, non vi sarebbe venuto voglia di urlare al mondo, al cielo, a Dio? Un enorme «perché?!» sarà salito dal suo cuore con un urlo straziante.

Tante volte sembra proprio che il Signore si diverta a rovinare tutti i nostri piani, ad infrangere tutti i nostri sogni. È una cosa che tanti “cristiani medi” pensano, quando ripetono a cantilena il proverbio «l’uomo propone, Dio dispone». O quando pregano il Padre Nostro dicendo quel «sia fatta la tua volontà» come una specie di accusa imbronciata da bambino capriccioso che dice «tanto hai sempre ragione tu!»

Chi pensa così – in realtà – non conosce affatto Dio. Non ha fede.

Il nostro è un Dio che ci ascolta

Giuseppe «era uomo giusto». Lo dicevo anche l’altro giorno: non significa che era una “macchinetta” o un “pappagallo” che recitava ed eseguiva a memoria i comandi del Signore. Giuseppe si lasciava interrogare nel cuore da Dio e dalla Sua Parola. Per questo aveva già scelto (amando così tanto Maria) di rimetterci lui, di fare la figura del fesso, di rimanere “cornuto e mazziato” per tutta la vita!

Giuseppe ha preso i suoi “perché?!” e li ha ridetti con le preghiere che aveva imparato a pregare a memoria fin da ragazzo, i Salmi:

«Perché, Signore, stai lontano,
nel tempo dell’angoscia ti nascondi?»
(Sal 9,22)


«Dirò a Dio, mia difesa:
“Perché mi hai dimenticato?
Perché triste me ne vado, oppresso dal nemico?”»
(Sal 42,10)


«Perché, Signore, mi respingi,
perché mi nascondi il tuo volto?»
(Sal 88,15)

Giuseppe sapeva bene che «il Signore mi ascolta quando lo invoco» (Sal 4,4). E sapeva anche che spesso Dio “si fa vivo” nel sonno e nei sogni. Come il sonno di un torpore profondo che il Creatore fece calare su Adamo per estrarre Eva dal suo fianco. Come il torpore inquietante che coglie Abramo poco prima che il Signore gli si riveli. Come il sogno di Giacobbe e la sua lotta notturna con Dio.

Il sonno è simbolo della resa totale, in cui l’uomo si abbandona tra le braccia del suo Creatore.

È un Dio vicino

Per questo Giuseppe si sarà addormentato pregando, chiedendo al Signore:

«Mostrami, Signore, la tua via,
perché nella tua verità io cammini;
tieni unito il mio cuore,
perché tema il tuo nome»
(Sal 86,11).

E non si sarà trovato sorpreso né davanti all’apparizione di un angelo del Signore, né davanti alla spiegazione di una nascita miracolosa per intervento divino.

In sostanza: chi vive di pane e Parola di Dio – come Giuseppe – sa che Dio non si nasconde, e non occorre andare a cercarlo chissà dove, ma è qui «molto vicino a te, sulla tua bocca e nel tuo cuore» (cfr Dt 3,11-14).

Dio entra nella tua quotidianità, se in essa lasci aperte delle “finestrelle” dalle quali Lui possa entrare.

Purché tu sia vicino a Lui

Abbiamo detto che i sogni sono importanti, che non bisogna mai smettere di sognare. Ma non tutti i sogni sono uguali.

Ci sono i desideri legittimi dell’aspirare a cose grandi, che tengono in vita l’uomo, ma ci sono pure i sogni fasulli, “ad occhi aperti”, che si basano su false speranze. Sono quelli in cui si fantastica di cose che «non stanno né in cielo né in terra»… appunto! Sogni fatti di egoismo, di sopraffazione. Un po’ come le fantasticherie del ricco stolto della parabola raccontata da Gesù (che commentavamo nella 18ª Domenica del Tempo Ordinario).

Oltre ai sogni fasulli “autoprodotti” (quelli della nostra fantasia che fa voli pindarici) ci sono poi quelli – ancor più pericolosi – che ci vengono inculcati dall’esterno, quando qualcuno di malintenzionato ci vuole plagiare. Mi viene in mente – a proposito – un testo del profeta Geremia:

«Così dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: Non vi traggano in errore i profeti che sono in mezzo a voi e i vostri indovini; non date retta ai sogni, che essi sognano. Poiché con inganno parlano come profeti a voi in mio nome; io non li ho inviati. Oracolo del Signore» (Ger 29,8-9).

Quante persone – soprattutto nei momenti di fragilità – si lasciano abbindolare dal furbo o dal potente di turno che gli riempie la testa di scemenze per averlo in suo potere (è la dinamica delle pubblicità ingannevoli)!

E quanti – nel momento della prova – invece di cercare una roccia sicura su cui poggiare il piede – vanno in cerca di malati come loro (come il cieco che guida un altro cieco, stigmatizzato da Gesù), di persone che la pensino come loro, che – trovandosi nella stessa situazione di malattia spirituale – propinano false consolazioni. Come chi è in crisi nel suo matrimonio e va a chiedere consiglio a conviventi, divorziati, risposati…

Giuseppe avrebbe potuto ascoltare i suoi “amici del bar”, che sicuramente gli avrebbero detto «mollala quella sgualdrina! Sai quante te ne puoi trovare?»

I Tuoi sogni sono i miei sogni

Invece Giuseppe è rimasto saldo. Ha continuato a pregare così:

«Solo in Dio riposa l’anima mia;
da lui la mia salvezza.
Lui solo è mia rupe e mia salvezza,
mia roccia di difesa: non potrò vacillare»
(Sal 62,2-3).

C’era spazio solo per Dio nella sua vita. Aveva deciso di sognare assieme con Dio, di vedere le cose come Lui, di pensarla come Lui.

Davanti all’oracolo di Isaia «i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie» (Is 55,8), non si era posto l’obiettivo di piegare il volere di Dio al proprio (come fanno tanti “uomini moderni” al giorno d’oggi, che parlano di “modernizzare” il vangelo), ma di avvicinare sempre più il suo cuore, i suoi sogni, i suoi desideri a quelli di Dio.


* E i nostri sogni sono quelli di Dio? O – quantomeno – cerchiamo di metterli a confronto con i Suoi?