Il “carcere” della Parola siamo noi
Siamo noi a mettere in carcere e in catene la Parola di Dio, quando non ci lasciamo scavare dentro per operare un vero esodo di conversione.
Omelia per mercoledì 10 aprile 2024
Letture: At 5,17-26; Sal 33 (34); Gv 3,16-21
Ho già commentato il vangelo di oggi il mese scorso, in occasione della 4ª Domenica di Quaresima, perciò – come faccio quasi sempre nei giorni feriali – mi soffermo di più sul testo della Prima Lettura.
Dentro e fuori dal carcere
Nei primi capitoli degli Atti, gli Apostoli fanno continuamente dentro e fuori dal carcere, e spesso la loro liberazione avviene in modo miracoloso.1
L’intervento diretto dell’angelo del Signore è la dimostrazione che Dio è con loro e non li abbandona nella prova, anzi, mostra tutta la Sua potenza, secondo quanto Gesù aveva annunciato prima di tornare al Padre:
«A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli… Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (cfr Mt 28,18-20).
Si compiono le promesse
La liberazione dal carcere, che ha come scopo l’andare ad annunciare al popolo le parole di vita del Risorto, è anche il segno del compiersi dei tempi messianici annunciati dai Profeti:
«Io, il Signore…
ti ho preso per mano…
perché tu…
faccia uscire dal carcere i prigionieri…» (cfr Is 42,5-7).
«…Ti ho formato e ti ho stabilito
come alleanza del popolo…
per dire ai prigionieri: “Uscite”…» (cfr Is 49,8-9).
La Parola non è incatenata
Gesù stesso aveva preannunciato queste persecuzioni, ma insieme aveva rassicurato i Suoi discepoli:
«metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni… Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto» (cfr Lc 21,12-19).
Insomma: possono mettere in carcere gli uomini, ma non la Parola di Dio, come dirà l’apostolo Paolo:
soffro fino a portare le catene come un malfattore.
Ma la parola di Dio non è incatenata! (cfr 2Tim 2,8-9).
Siamo noi il carcere della Parola
Se questa pagina è rassicurante e consolante, devo ammettere che rimane in me il timore di essere io stesso a «mettere in carcere» la Parola…
- quando – come il sommo sacerdote e i sadducei – ne percepisco tutta l’insopportabile novità e forza di liberazione, che mi chiama a una conversione sincera;
- quando – di fronte a tanta luce che la Parola sprigiona – amo più le tenebre che la luce, perché le loro mie opere sono malvagie, come dice Gesù a Nicodemo;
- quando – per paura o superficialità – faccio solo il “pappagallo” della Parola di Dio, predicandola come se fosse un mestiere, invece di lasciare che prima di tutto scavi nel mio cuore e nella mia vita.
Per assurdo, quando facciamo così, siamo come prigionieri a cui vengono aperte le porte del carcere, sciolti mani e piedi dalle catene e dai ceppi, ma non vogliono uscire! Un po’ come il popolo di Israele che – liberato dalla schiavitù – continuava a rimpiangere l’Egitto lungo tutto il cammino dell’esodo.2
Lasciamoci liberare
Ogni giorno siamo chiamati a uscire dal carcere delle nostre paure e delle nostre “comodità” per liberare la Parola e permetterle di compiere la sua corsa liberatrice a favore di tutti.
Il mistero della Pasqua è il cammino di conversione quotidiano in cui siamo chiamati a compiere l’esodo dal nostro “Egitto” interiore alla libertà e bellezza del Tempio di Dio, in cui possiamo e vogliamo annunciare «tutte queste parole di vita».
- Oltre al brano odierno, cfr anche la liberazione miracolosa di Pietro narrata in At 12 e quella di Paolo e Sila narrata in At 16,20-34. ↩︎
- Cfr Es 14,11-12; Nm 11,4-6. ↩︎