Il nostro “influencer”. 7ª Domenica del Tempo Ordinario (A)

Omelia per domenica 19 febbraio 2023
Ascolta questa omelia su Spotify
Letture: Lv 19,1-2.17-18; Sal 102 (103); 1Cor 3,16-23; Mt 5,38-48
Viviamo in un mondo in cui le persone più ammirate e prese come modello da seguire sono i cosiddetti influencer e – volenti o nolenti – il loro modo di pensare, di vestire, di comportarsi, etc. diventa un termine di paragone e un punto di riferimento, o quantomeno un argomento di cui discutere.
Basti pensare al tormentone di polemiche che ha suscitato il Festival di Sanremo nei giorni scorsi, proprio per il coinvolgimento e i comportamenti bizzarri di personaggi come Chiara Ferragni, suo marito Fedez e alcuni “artisti” che hanno fatto leva più sulla provocazione che non sulla musica.
Pappagalli o chimere?
In realtà, l’uomo di oggi vive in una sorta di tensione paradossale, tra il volersi distinguere ed essere unico al mondo e l’imitare persone che – appunto per distinguersi da tutti gli altri – fanno cose insensate o tengono comportamenti fuori da ogni logica.
Su internet si trovano influencer di ogni tipo: da quelli che si propongono come esperti di moda, di salute, di sport, di alimentazione, a quelli che insegnano a parlare in corsivoe (e qui ci sta bene un bel «no comment!»).
Bene o male, purché se ne parli
Più uno fa cose strane, fuori dal comune, più attira attenzione… Sembra quasi che la condizione necessaria per affermarsi oggi sia il fare qualcosa di assurdo, e – con questo – attirare i like, i consensi e le visualizzazioni di milioni di follower.
Non faccio commenti, poi, su quei sacerdoti che usano i social in questo modo disinvolto, al limite del sacrilegio, raccontando il vangelo o la dottrina cristiana in modo – diciamo – “moderno”, perché (essendo io sacerdote, e facendo uso dei social) provo un certo disagio e una certa vergogna.
L’“influencer” proposto da Gesù
Eppure, a prima vista, anche Gesù, nel vangelo di oggi, sembra spronarci a distaccarci da quello che fanno tutti, e a fare, invece, qualcosa di fuori dal comune, quando dice:
«se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario?»
Sembra quasi che anche il Maestro ci inviti a distinguerci dalla massa, e – udite udite – pare indicarci anche l’influencer da seguire:
«Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».
Chissà perché, nella fede non funziona
Ma – chissà perché – nell’ambito della fede questo tipo di meccanismo non funziona. Anzi, vale proprio il contrario, ovvero: la regola è accontentarsi di fare il minimo necessario, di rientrare nella statistica del “cristiano medio”.
L’eccellenza e la straordinarietà non trovano posto nella vita di un credente.
Quanti cristiani si prendono la briga di conoscere approfonditamente la vita di un santo e cercano di imitarne l’esempio?
Ormai i santi li chiamiamo in causa solo per chiedere favori e risolvere i nostri problemi… Figuriamoci se ce la sentiamo di puntare così in alto da prendere come riferimento addirittura il Padre Eterno!
Oppure, ci sono cristiani che fraintendono la cosa e amano “distinguersi” praticando una vita impossibile, ripescando in modo acritico e intransigente tradizioni del passato assurte a “etichetta di eccellenza” e diventando “follower” di nuove “sette religiose” che non si distinguono un granché dai fenomeni che ho denunciato prima parlando di social e influencer.
Il paragone non regge
Il paragone che ho scelto – oltre a farci riflettere sulla poca attrattiva che il Vangelo esercita su di noi rispetto a tante provocazioni del mondo contemporaneo – ci fa capire subito che l’invito di Gesù ha poco a che fare col mondo dei social.
Gesù ci propone – sì – un modello da imitare, ma ci fa subito sentire che la cosa è possibile, appunto perché non sta parlando di un estraneo, di un personaggio mitico, ma di nostro Padre, e che quello che ci propone non sono cose assurde, ma orizzonti di vita molto alti.
Gli influencer sono persone distanti, quasi irreali, e – in quanto tali – irraggiungibili: affascinano proponendo stili di vita che – nella maggior parte dei casi – sono irreplicabili.
Per questo sono la prima causa di delusione personale e frustrazione di molti ragazzi e giovani, che si illudono di poter diventare come loro partendo dal nulla, immaginando di potersi costruire una fortuna e un futuro semplicemente blaterando scemenze davanti a un cellulare e andando in cerca di visualizzazioni su YouTube o Instagram.
Dio non è un influencer
Dio non è un influencer, ma Colui che ci propone una vita piena, vera, che vale, che rende felici, e ci dona la capacità di realizzarla realmente, perché essere come Lui è possibile proprio grazie al Suo aiuto, alla Sua Grazia, al fatto che siamo Suoi figli e portiamo in noi il Suo stesso “DNA”.
Da piccoli tutti guardavamo ammirati nostro padre fare il suo lavoro e ci immaginavamo di diventare come lui, ma nessuno di noi è stato abbindolato o lasciato solo nel suo crescere.
E anche Dio – in questo cammino – non ci lascia soli: non solo ci accompagna con amore, ma abita in noi, come ci ricorda l’apostolo Paolo nella seconda lettura di oggi:
non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?
Difficile ma possibile
Amare i nemici, reagire al male con la non violenza e con la misericordia è qualcosa di veramente difficile, oserei dire “disumano”, ma è possibile perché questi atteggiamenti li sperimentiamo anzitutto su di noi da parte del nostro Padre celeste.
Siamo noi i primi a dare schiaffi, a obbligare gli altri con violenza a fare quel che diciamo noi, e facendolo ai nostri fratelli lo facciamo al Padre nostro… eppure Lui continua a far sorgere il suo sole e a far piovere sulla nostra cattiveria.
Come abbiamo imparato ad amare lasciandoci amare dai nostri genitori, così potremo imparare ad amare i nemici lasciandoci amare da Dio, anche e soprattutto quando siamo suoi nemici (cfr Rm 5,8).