Il nostro “sabato santo”. Che facciamo noi in questo giorno?

L'uomo che pensa

In questo lungo “sabato santo” impostoci dall’isolamento per la pandemia abbiamo l’occasione di digiunare da ciò che non è essenziale, anzi, ci è dannoso.

Che cosa faccia Nostro Signore il Sabato Santo lo sappiamo: la Tradizione della Chiesa ce lo descrive molto bene.

Non solo nel Catechismo, ma anche attraverso una stupenda e antica omelia anonima che vi consiglio sempre di rileggere e meditare in questa giornata.

Ma noi cristiani cosa siamo chiamati a fare in questo giorno di silenzio?

Senz’altro siamo invitati a riflettere, a vivere quel tempo di “sospensione” e digiuno ben descritto e preannunciato da Gesù:

«verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno» (Mt 9,15).

Un Sabato Santo particolare

Se già normalmente la “non-Liturgia” del Sabato Santo ci propone di rimanere in silenzio e in attesa, quest’anno, la situazione drammatica che stiamo attraversando ci lancia un invito in più.

Stiamo vivendo un “sabato santo” lunghissimo, che sembra infinito, in questo forzato isolamento e distanziamento sociale.

Non poter celebrare i riti della Pasqua, né quelli religiosi e liturgici, né quelli umani del ritrovarci nelle famiglie allargate, è una prova impegnativa, dolorosa.

Ma sarebbe da stupidi vivere questo giorno come un Sabato Santo qualunque, o – peggio ancora – come un giorno qualunque.

Vorrebbe dire che ci siamo arresi, che stiamo perdendo un’occasione, che ci stiamo “lasciando vivere”.

Cerchiamo invece di trasformare questi giorni in una sorta di grande “sabato santo”, perché una volta terminati ci sia davvero la luce della Pasqua, di una vita nuova.

Fare di necessità virtù

Se vivremo questi giorni responsabilmente, nonostante la loro durezza, potremo raccogliere frutti insperati.

Nel Venerdì e Sabato Santo la Chiesa ci chiede di digiunare.

Sappiamo bene che “digiuno” non è solo rinuncia al cibo ma – per estensione – a tutto ciò che percepiamo come «necessario per vivere».

Ma spesso – digiunando – ci rendiamo conto che forse giudicavamo essenziali cose di cui – in realtà – potevamo benissimo fare a meno.

Anzi, ogni tanto il digiuno è terapeutico: ci sono situazioni nelle quali il medico ci prescrive un digiuno totale o selettivo per permettere al nostro organismo di “disintossicarsi”.

Digiunare ora per renderci liberi dopo

Come un diabetico sa di dover rinunciare per sempre ai dolci (che per lui sono un veleno), anche noi – in questo tempo di “digiuno forzato” – dobbiamo capire da che cosa digiunare, per ritornare ad essere liberi e non più dipendenti.

In questi giorni «ci sentiamo mancare la terra sotto i piedi» perché è forte il bisogno di tante cose che prima ci erano possibili, normali, scontate…

E alcune sono davvero necessarie, come la possibilità di ritrovarsi in amicizia, di esprimere gli affetti con gesti concreti e sinceri…

Ma quante altre cose invece abbiamo rese noi “indispensabili”, diventandone schiavi?

Di quante cose inutili ci siamo convinti di non poter fare a meno?

Un po’ come quando si dice: «ho assolutamente bisogno di un caffè, perché per me è una droga»…

Digiuno dalle persone

Ciò che ci manca di più in questa emergenza sono i volti e la presenza fisica delle persone più care.

Quanta sofferenza, soprattutto per chi ha qualcuno all’ospedale e non gli può fare visita, o addirittura ha perduto una persona cara e non ha potuto nemmeno darle l’ultimo saluto!

La “sete” di queste persone che contano davvero nella vita, di quelle che hanno lasciato un segno, può essere utile a “fare pulizia” di tantissime altre persone che invece erano solo delle comparse, a volte un ingombro…

Sì: si può essere dipendenti anche da persone o compagnie che ci hanno reso “schiavi” della loro presenza, della loro opinione, dei loro affetti malati…

Il digiuno da queste persone ci aiuti a “sfrondare” la nostra lista, la nostra rubrica…

Quante volte abbiamo trascurato i nostri famigliari e affetti più cari per trascorrere tempo ed esperienze con “gli amici”, “i colleghi”…?

Ricordiamocene quando potremo finalmente riappropriarci della nostra libertà e scegliere con chi stare.

Digiuno dalla parole

In questa situazione surreale andiamo in cerca soprattutto di parole “vere”.

Abbiamo paura, siamo preoccupati, non sappiamo più di chi fidarci.

Ascoltiamo con più attenzione le “voci autorevoli” dei virologi, dei medici, degli scienziati, dei politici che si occupano veramente del bene pubblico e non dei nostri voti…

Pendiamo dalla bocca di chiunque possa darci un consiglio su come uscirne al più presto e ringraziamo di cuore quegli amici o conoscenti che ci sanno dare una buona dritta per vivere al meglio questi giorni.

E spesso sappiamo apprezzare anche il silenzio, come tempo in cui “lasciar riposare” in noi le parole vere e “filtrare” tutte le altre inutili e insensate.

E anche noi impariamo a «misurare le parole», a scegliere quelle più adatte.

Ricordiamocene quando un giorno torneremo dentro il tran tran di prima, l’affollamento di chiacchiere, opinioni, gossip, pettegolezzi, frivolezze e oscenità…

Che le nostre orecchie imparino che cosa ascoltare e la nostra bocca quando parlare e quando invece tacere.

Digiuno dalle luci

Molti in questo lockdown – soprattutto i giovani – sentono la mancanza dello sfavillare di luci a tutte le ore: la movida, i locali notturni, il “tirar tardi”…

Invece questo tempo ci sta insegnando la bellezza e la preziosità della luce naturale del giorno e del buio salutare della notte.

Seguire il ritmo imposto dalla natura, osservare con meraviglia le giornate che si allungano man mano che ci inoltriamo nella primavera…

Recuperare un ritmo sano di sonno e veglia (che – tra l’altro – fa benissimo alla salute)…

Ricordiamocene quando potremo di nuovo scegliere: non sono solo le “luci blu” dei nostri cellulari a danneggiare il sistema nervoso, ma tutto ciò che di artificiale pretende di “illuminare” la nostra vita.

Digiuno dall’orologio

Quante volte abbiamo detto «non ho tempo», «sono di corsa», «adesso non posso»?

In questi giorni abbiamo tanto di quel tempo che rischiamo di annoiarci.

Ma qualcuno sta riscoprendo il valore della “lentezza”, delle cose fatte per bene, come si deve, con calma.

Non solo nel cucinare o nel sistemare il magazzino di casa, ma anche nelle relazioni, nell’affrontate un discorso prendendosi tutto il tempo necessario…

«La gatta frettolosa ha fatto i gattini ciechi», «la fretta è cattiva consigliera» dicono i nostri proverbi…

Ebbene, ricordiamoci che siamo noi i padroni del tempo, sempre, anche quando riprenderemo a lavorare e uscire di casa come e quando vogliamo.

Ricordiamoci che l’orologio serve a misurare il tempo, ma siamo noi a decidere quanti giri di lancette dobbiamo riservare per le cose e le persone importanti.