Il Signore ha dato, il Signore ha tolto…

Credere che il Signore vuole sempre il nostro bene, anche nella prova
Omelia per lunedì 30 settembre 2024

Giobbe è il modello di come affrontare ogni prova e tentazione: rimanendo irremovibili nella convinzione che il Signore vuole sempre il nostro bene.

Letture: Gb 1,6-22; Sal 16 (17); Lc 9,46-50

Dopo un assaggio del Libro dei Proverbi e un altro del Qoèlet, il terzo assaggio dei Libri Sapienziali che il Lezionario ci propone questa settimana nella Prima Lettura è il grande Libro di Giobbe.

Troppo poco per assaporare

Sarebbero previsti sei brani (e quindi già del tutto insufficienti per avere anche solo un sunto di un testo lungo 42 capitoli), ma – siccome il ritmo feriale sarà interrotto da due feste (i santi Angeli Custodi e san Francesco d’Assisi), ci dovremo accontentare di ascoltarne solo quattro.

È davvero troppo poco per comprendere la densità di questo scritto e, come sempre, rinnovo l’invito a tutti quanti di provare a prenderlo in mano un giorno, con calma, e con l’ausilio di un buon commentario che sia alla portata di tutti.

Un testo obbligatorio

Non è assolutamente un libro semplice, anzi, ma è necessario leggerlo e meditarlo, perché prende in esame il tema più misterioso per un credente:

  • Se Dio è buono, perché gli innocenti soffrono?

È un interrogativo di fronte al quale la fede può cadere facilmente, oppure rafforzarsi.

Il Signore “gioca” sulla nostra pelle?

La prima pagina che ascoltiamo è il primo capitolo (il Lezionario ci fa saltare la presentazione di Giobbe e della sua rettitudine, raccontata nei primi cinque versetti,1 che vi invito a leggere).

Quello che stordisce subito di questo testo è l’invenzione letteraria della “scommessa” che Dio fa con il demonio sulla rettitudine di Giobbe:

Il Signore disse a Satana: «Hai posto attenzione al mio servo Giobbe? Nessuno è come lui sulla terra: uomo integro e retto…». Satana rispose al Signore: «Forse che Giobbe teme Dio per nulla? …Tu hai benedetto il lavoro delle sue mani… Ma stendi un poco la mano e tocca quanto ha, e vedrai come ti maledirà apertamente!». Il Signore disse a Satana: «Ecco, quanto possiede è in tuo potere, ma non stendere la mano su di lui».

Questo escamotage letterario serve all’autore per informare i lettori che i mali che si abbattono su Giobbe non sono mandati da Dio (e quindi dare una spiegazione alla sofferenza ingiusta patita dall’innocente), ma ci pone davanti un’immagine scandalosa di Dio, che – pur di dimostrare al diavolo che i Suoi giusti Gli rimangono fedeli – permette al Maligno di maltrattarli.

Il mistero della prova

Dobbiamo assolutamente uscire da questa impasse: è solo un’audace costruzione letteraria,2 che – in modo iperbolico – intende affermare che Dio è buono ma, per ragioni del tutto misteriose, permette che i Suoi figli siano messi alla prova.

Ciò è comunque difficile da capire e accettare, perché offusca il cuore e la mente e ci impedisce di percepire l’immagine misericordiosa del Padre Celeste: non capiamo come mai Dio – che conosce ogni cosa – abbia bisogno di metterci alla prova.

In realtà, Dio non ha bisogno di provarci, ma permette che noi siamo tentati (e spesso anche perseguitati ingiustamente) perché la nostra fede diventi più salda e ci affidiamo totalmente a Lui quando ci troviamo in questi frangenti.

Non ci chiede di fidarci ciecamente e starcene zitti, anzi: accetta di buon grado che ci ribelliamo a tutto quanto ci accade in modo ingiusto e inspiegabile, e anche che Lo accusiamo di tutto quanto, purché continuiamo a rimanere convinti che ci dev’essere una spiegazione e la esigiamo con tutte le nostre forze.

È esattamente quello che fa Giobbe, e che è narrato in questo libro stupendo.

Sia benedetto il nome del Signore

Venendo alla pagina di oggi, la reazione di Giobbe davanti a tutte le tragedie e le sciagure che si abbattono sulla sua vita è esemplare e assolutamente incredibile:

Allora Giobbe si alzò e si stracciò il mantello; si rase il capo, cadde a terra, si prostrò e disse:

«Nudo uscii dal grembo di mia madre,
e nudo vi ritornerò.
Il Signore ha dato, il Signore ha tolto,
sia benedetto il nome del Signore!».

In tutto questo Giobbe non peccò e non attribuì a Dio nulla di ingiusto.

Pur in mezzo al dolore più inspiegabile, egli non mette in dubbio la bontà e la giustizia di Dio, e Lo benedice, ovvero: parla bene di Lui.

Resistenza e sottomissione

L’atteggiamento di Giobbe diventa il modello per ogni credente, perché ci educa e istruisce su come dobbiamo comportarci di fronte alle prove e alle tentazioni: rimanendo irremovibili nella convinzione che Dio vuole sempre il nostro bene, anche quando perdiamo le coordinate umane e razionali per poterlo sostenere.

Noi discepoli del Risorto, che abbiamo conosciuto per rivelazione il vero volto del Padre,3 siamo chiamati a distinguere sempre la mano del Padre da quella del Maligno.

Il diavolo, come leone ruggente va in giro cercando chi divorare,4 cercando di farci maledire Dio: a lui dobbiamo resistere con tutte le nostre forze; allo stesso tempo, dobbiamo sottometterci fiduciosamente a Dio,5 fidandoci del fatto che Egli conosce la nostra debolezza e non permette che siamo tentati oltre le vostre forze ma, anzi, ci dà il modo di uscirne e sostenere la tentazione (cfr 1Cor 10,13).

  1. Cfr Gb 1,1-5. ↩︎
  2. Non è, infatti, assolutamente possibile che Dio scenda “a patti” col demonio: «Quale rapporto infatti può esservi fra giustizia e iniquità, o quale comunione fra luce e tenebre? Quale intesa fra Cristo e Bèliar…?» (cfr 2Cor 6,14-15). ↩︎
  3. Gesù ha speso gran parte della Sua predicazione cercando di fare “piazza pulita” dall’idea antica di retribuzione, che dipingeva Dio come Colui che premia e benedice i giusti e punisce e maledice i malvagi: «quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo» (cfr Lc 13,1-5). Dio è il Padre misericordioso che «fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti» (Mt 5,45); anzi, è Colui che parte proprio dai peccatori, come del medico hanno bisogno i malati, e non i sani (cfr Mc 2,17). ↩︎
  4. Cfr 1Pt 5,8. ↩︎
  5. Cfr Gc 4,7. ↩︎