Il troppo stroppia! 5ª Domenica del Tempo Ordinario (A)

Il troppo stroppia!

La Parola di Gesù ci scuota non solo per quando siamo insipidi e inutili, ma anche per quando di “sale” ne mettiamo troppo e rendiamo invivibile la fede.

Omelia per domenica 5 febbraio 2023

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Letture: Is 58,7-10; Sal 111 (112); 1Cor 2,1-5; Mt 5,13-16

Mentre tre anni fa “prendevo per le orecchie” i cristiani che giocano a nascondino (ovvero: vivono la fede “in incognito”, come un fatto personale e privato), stavolta voglio denunciare l’estremo opposto.

Da un estremo all’altro

A partire dalle immagini del sale e della luce utilizzate da Gesù nel vangelo, voglio che la Sua Parola ci scuota, non solo per quando diventiamo insipidi e inutili, ma anche per quando di “sale” ne mettiamo troppo, e da luce che illumina diventiamo fastidiosi fari abbaglianti.

Il troppo stroppia

Se esageriamo col sale il cibo non diventerà saporito, bensì immangiabile, no?

Non a caso si usa l’espressione latina cum grano salis: di sale ne basta un pizzico, non ne serve di più.

E così per il paragone della luce: se durante un blackout mi riesce di trovare una torcia la punto a terra, non in faccia a qualcuno, altrimenti lo accieco e peggioro la situazione!

Capite cosa voglio dire con questi esempi?

Che qualcuno tra i sedicenti cristiani prende l’argomento “fede” troppo sul serio, facendolo diventare non la ragione della propria vita, ma della persecuzione altrui (che poi definire “argomenti di fede” le fissazioni di alcuni esaltati oltranzisti è già un bel problema).

Fondamentalismo ad oltranza

Non me ne vogliano i cari amici appartenenti ai Testimoni di Geova per il paragone inappropriato, ma certo proselitismo insistente da parte di qualche “fondamentalista cattolico” li richiama, e li supera ampiamente!

Mi riferisco a quei tradizionalisti (che si auto-definiscono “cattolici romani”) che arrivano anche qui in Santuario (o dopo la Messa oppure durante una Confessione) a insegnare al Rettore e agli altri sacerdoti come e cosa bisogna fare per essere «secondo la dottrina».

Persone che non hanno la minima capacità di ascolto, dialogo, mediazione, ma si ritengono così «nella verità» da credere di poter giudicare tutto e tutti, ed emettere condanne.

La forma invece della sostanza

Altri che – pur non avendo posizioni così rigide – continuano a chiedere che si faccia così o cosà: la Comunione in bocca e non sulle mani, lo scambio della pace con la stretta di mano e non con lo sguardo, etc. …

Gente che prende le norme liturgiche e le fa diventare “Legge Divina”, senza aver mai studiato un briciolo di storia della Chiesa e della Liturgia, ma soprattutto prive del minimo buon senso e dello spirito di comprensione e accoglienza verso chi non la pensa come loro.

Individui che si autoproclamano paladini della retta fede ma magari non hanno mai letto il Vangelo per intero, oppure ne estrapolano solo i passaggi che sostengono le loro teorie, privandoli del loro contesto.

Sono le persone così attaccate alla forma che calpestano la sostanza: le stesse contro cui si scagliava anche il profeta Isaia nella prima lettura.

La sostanza del Vangelo è la misericordia, che trova il suo volto in Cristo Gesù, e la misericordia divina non calpesta mai l’uomo in nome di una regola o di una forma:

«Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato!» (cfr Mc 2,23-28)

Il sale che uccide la fede

Quelli che cercano di mantenere la “vera tradizione” (Messe in latino e affini) sono i cosiddetti “conservatori”… non a caso il sale preso in grandissime quantità serve per conservare il cibo che altrimenti andrebbe in putrefazione, non per insaporire.

Quanti cristiani del «si è sempre fatto così» mettono letteralmente “sotto sale” l’umanità e fanno morire la fede.

Giusto qualche giorno fa – durante la catechesi agli adulti – leggevamo il paragrafo 19 della Gaudium et spes, che richiama con forza la responsabilità di molti “credenti” nella perdita di fede dell’uomo di oggi:

…nella genesi dell’ateismo possono contribuire non poco i credenti, in quanto, per aver trascurato di educare la propria fede, o per una presentazione fallace della dottrina, o anche per i difetti della propria vita religiosa, morale e sociale, si deve dire piuttosto che nascondono e non che manifestano il genuino volto di Dio e della religione.

Annunciare il Vangelo con dolcezza

Troppo sale nasconde e toglie il sapore delle pietanze; troppa esposizione alla luce in una fotografia non permette di vedere i particolari del soggetto ritratto, o addirittura brucia la pellicola.

Troppa “foga” nel cercare di trasmettere la propria fede la fa perdere a chi è in ricerca, titubante o dubbioso.

Ecco perché l’apostolo Pietro, nella sua prima lettera afferma:

adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto (cfr 1Pt 3,15-16).

Il modo stesso in cui lo sia annuncia è già “Vangelo”, prima ancora del suo contenuto: avete mai visto Gesù insistere in modo insolente con chi non la pensava come Lui, o insultarlo, o additarlo come eretico?

Un mea culpa anche noi preti

Infine, a tal proposito, un mea culpa lo devono fare anche tanti preti, che mettono se stessi sopra al Vangelo, velando il vero volto di Cristo.

A noi sacerdoti fa sempre bene leggere e meditare (battendoci il petto) la seconda lettura di oggi, e chiederci – facendoci un sonoro esame di coscienza – se stiamo davvero annunciando «Gesù Cristo, e Cristo crocifisso», oppure ci stiamo solamente riparando dietro «l’eccellenza della parola» o «discorsi persuasivi di sapienza».