Il vero tempio da ricostruire

Ricostruire il tempio

Oggi dobbiamo ricostruire il tempio che è la Chiesa di persone e non aver paura di sgravarci di tante strutture (anche chiese) che non rappresentano più nulla.

Omelia per martedì 26 settembre 2023

Letture: Esd 6,7-8.12.14-20; Sal 121 (122); Lc 8,19-21

Il Lezionario ci fa saltare alcuni capitoli del libro di Esdra: quelli dolorosi sull’interruzione della costruzione del tempio di Gerusalemme (ritorneremo sulla questione dopodomani, ascoltando le parole di rimprovero del profeta Aggeo).

Il brano odierno, invece, narra della ripresa e della conclusione di questa impresa, attraverso un decreto del re Dario I.

Ancora una volta, come già nel brano di ieri, un pagano si rende strumento inconsapevole nelle mani di Dio per portare avanti la storia della salvezza. Non solo: la sua generosità e la sua spinta, fanno sì che si superino le indecisioni e i tentennamenti che avevano portato il popolo ad interrompere la costruzione.

L’importanza del tempio

Per la fede biblica del tempo giudaico il tempio aveva un’importanza fondamentale: era un vero e proprio sacramento, un segno efficace della presenza di Dio e il centro dell’unità nazionale (cfr 1Re 8,27-29).

Il tempio a cui si allude in questo testo fu completato nel 515 a.C. (trasformato poi da Erode il Grande nel 19 a.C. – cfr Gv 2,20) e fu utilizzato per 585 anni, fino alla distruzione definitiva da parte di Tito, nel 70 d.C.

Ricordi belli

Gli anziani dei Giudei continuarono a costruire e fecero progressi… Portarono a compimento la costruzione per ordine del Dio d’Israele… Si terminò questo tempio per il giorno tre del mese di Adar...

Gli Israeliti, i sacerdoti, i leviti e gli altri rimpatriati celebrarono con gioia la dedicazione di questo tempio di Dio…

Leggere questa pagina mi ha fatto tornare in mente i miei anni da Parroco a Laxolo, nei quali ho avuto la gioia di celebrare il 75° anniversario di edificazione della nuova chiesa parrocchiale.

I racconti degli anziani del paese che ricordavano di aver contribuito pure loro, da bambini, a quella grande opera, e l’organizzazione di una mostra fotografica, hanno fatto riaffiorare la genuinità della fede e dello slancio di affetto che li guidò in quell’opera sotto la guida sapiente del loro Parroco di allora, don Luigi Rota.

Sopralluogo del Vescovo Bernareggi

Anche per loro il tempio, la chiesa parrocchiale, era segno evidente della presenza del Signore, e la soddisfazione, alla fine dell’opera, valeva tutti i sacrifici che avevano fatto per tirarla su in due anni di duro lavoro.

Nei mesi “belli” lavoravano i pochi rimasti in paese, a partire dalle donne e dai bambini e dagli anziani, che portavano a spalla le pietre e tutto il materiale necessario all’edificazione. Nei mesi invernali, lavoravano alacremente anche i boscaioli emigrati in Francia, che tornavano a casa per le “ferie” forzate dall’impossibilità di tagliare legna durante l’inverno.

I templi di oggi…

Una volta le chiese si costruivano per reale necessità e per fede, per il desiderio vivo della gente che si privava addirittura del necessario per vivere per contribuire alle spese, e quegli edifici erano il condensato e il segno evidente di una Comunità unita e coesa, di una Chiesa fatta di persone, non di mattoni e monumenti.

Negli ultimi decenni (gli anni dei boom edilizio), purtroppo, si sono moltiplicate costruzioni di grandi strutture parrocchiali e “chiese” moderne che nemmeno sembrano più degli edifici sacri… in molti casi erano più il frutto del vezzo di preti “dalla cazzuola facile” e di archistar in cerca di visibilità.

Forse queste “cattedrali nel deserto” rappresentano quello che effettivamente è successo alla Chiesa: è rimasta una sorta di “scatola vuota”, un mausoleo abbandonato, utile – tuttalpiù – per le foto opportunity dei matrimoni-farsa e dei battesimi di convenienza…

Perdonatemi il pessimismo latente e la visione fosca, ma di fronte a tante aberrazioni (anche qui nel nostro Santuario di Sotto il Monte) mi cadono davvero le braccia.

Ricostruire il tempio che siamo noi

Oggi dobbiamo ricostruire il tempio che è la Chiesa di persone, di cuori, e non aver paura di abbandonare e sgravarci di tante strutture (anche chiese) che non rappresentano più nulla, anzi: sono un peso e un ostacolo ad attuare la carità e la fraternità.

È mai possibile che la maggior parte delle parrocchie non riescano più a fare opere di carità perché – per restaurare vecchi edifici o costruirne di nuovi inutili – sono gravate da mutui e fidi che non permettono nemmeno di pagare le utenze mensili?!

Finché rimarremo ostaggio del dovere (o dell’insensata ostinazione) di mantenere l’esistente e continuare ad “allargarci”, ci seppelliremo con le nostre stesse mani, in un bel “cimitero monumentale” di quel che fu la Chiesa.