In ogni Chiesa designarono alcuni anziani
Continuo a sognare una Chiesa che abbia la stessa libertà di spirito e audacia dei primi apostoli nell’affidare ministeri e compiti anche ai laici.
Omelia per martedì 30 aprile 2024
Letture: At 14,19-28; Sal 144 (145); Gv 14,27-31
Ieri abbiamo festeggiato santa Caterina da Siena, perciò abbiamo “perso il filo” del discorso nella lettura quasi continua degli Atti degli Apostoli.
Noi ci rivolgiamo ai pagani
Sabato ci eravamo lasciati con Paolo e Barnaba che – rifiutati e scacciati per gelosia e invidia dai Giudei di Antiochia di Pisidia – scuotevano la polvere dai loro piedi per rivolgersi ai pagani, dirigendosi a Icònio.
Sventato rischio
Ieri, se non avessimo ascoltato le letture proprie di santa Caterina, il Lezionario ci avrebbe proposto l’inizio del capitolo 14 degli Atti, col racconto della guarigione di uno storpio da parte di Paolo a Listra e la fatica nel convincere la folla a non considerare e venerare lui e Barnaba come delle divinità.
Grandi pene e dolori
Oggi ascoltiamo la seconda parte del capitolo 14, che ci informa che l’odio dei Giudei di Antiochia di Pisidia e di Iconio non si è ancora spento, anzi: arriva persino a perseguitare Paolo fino a Listra, facendolo lapidare dalla folla plagiata.
Colpiti, ma non uccisi
Paolo è conciato così male da essere creduto morto, ma – miracolosamente – si rialza e continua il suo viaggio. Mi pare di poter leggere dentro questa prima grande “batosta” la causa di quanto lo stesso apostolo scrive nella sua seconda lettera ai Corinzi:
…siamo tribolati, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi, portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù… (cfr 2Cor 4,7-12).
Tribolati che incoraggiano
La persecuzione che hanno sperimentato sulla propria pelle non solo non li scoraggia e non li ferma, ma li rafforza tanto da poter trasmettere coraggio e spinta a tutti gli altri discepoli che si trovano ancora nei luoghi di persecuzione:
ritornarono a Listra, Icònio e Antiòchia, confermando i discepoli ed esortandoli a restare saldi nella fede «perché – dicevano – dobbiamo entrare nel regno di Dio attraverso molte tribolazioni».
Chiesa locale e Chiesa universale
Il tratto che voglio sottolineare di questo brano è la frase successiva:
Designarono quindi per loro in ogni Chiesa alcuni anziani e, dopo avere pregato e digiunato, li affidarono al Signore, nel quale avevano creduto.
Il costituirsi di un gruppo collegiale di anziani per ogni comunità religiosa era una prassi giudaica; però qui essi non vengono eletti dalla comunità stessa, ma sono scelti dagli apostoli: questo non certo per un intento autoritario, ma per conservare la comunione e il collegamento tra la Chiesa locale e quella universale.
D’altra parte, il costituire una “gerarchia” locale, è segno di grande rispetto verso l’autonomia delle diverse comunità, dalle quali non si pretende la soggezione a un “governo centralizzato”, ma si offre lo strumento per assicurare il vincolo di una fede comune.
Libertà di spirito
Ritorno a dire quanto ho già detto giorni fa in occasione della lettura del capitolo 6 (la scelta dei 7 diaconi): mi piacerebbe tanto che la Chiesa di oggi, così “ingessata” e immutabile nelle sue strutture organizzative, tornasse ad avere la stessa libertà di spirito di Paolo e dei primi apostoli nel prendere scelte concrete e audaci, che coinvolgano direttamente e fattivamente i laici nella gestione delle parrocchie…
Chi lo sa? Bisogna che si estinguano tutti i preti prima di arrivarci?