Inclusività. 26ª Domenica del Tempo Ordinario (B)
Omelia per domenica 29 settembre 2024
Le membra da amputare dal corpo della Chiesa sono gli atteggiamenti anti-inclusivi, che impediscono ai semplici di incontrare Cristo.
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Letture: Nm 11,25-29; Sal 18 (19); Gc 5,1-6; Mc 9,38-43.45.47-48
Il vocabolo che ho scelto come titolo di questa riflessione è uno dei più “gettonati” del nostro tempo, anche se – paradossalmente – è quello che crea più divisioni e scontri.
Effetto opposto
Inclusività, secondo l’enciclopedia Treccani, è un
termine con cui si designano in senso generale orientamenti e strategie finalizzati a promuovere la coesistenza e la valorizzazione delle differenze… contrastando le discriminazioni e l’intolleranza prodotte da giudizi, pregiudizi, razzismi e stereotipi.
Eppure, mai come di questi tempi, è un moltiplicarsi di scontri e divisioni, anche a partire da questo tema: chi vorrebbe revisionare perfino i romanzi più famosi per renderli più “inclusivi” (come stanno facendo alcune case editrici) e chi si oppone al dilagare del “politicamente corretto”.
Mai come negli ultimi due anni poi, con l’ascesa al governo di partiti di destra ed estrema destra, il tema dell’inclusività diventa teatro di scontro culturale, sociale e politico.
Chiusura e intolleranza
Questa premessa, che ci fa prendere atto del clima di scontro in cui viviamo, è semplicemente l’introduzione al tema su cui ci vuole far riflettere la Parola di Dio di questa domenica, che riporta due episodi di intolleranza:
- nella Prima Lettura, Giosuè invita Mosè a impedire a due persone di profetizzare perché non si erano presentate alla tenda del convegno;
- nel vangelo, l’apostolo Giovanni riferisce a Gesù che i discepoli volevano impedire a un uomo di scacciare demòni nel Suo nome perché non era “dei loro”.
A questi atteggiamenti di chiusura, sia Mosè che Gesù reagiscono invitando ad essere accoglienti e inclusivi, perché quello è il modo di fare di Dio: è un richiamo forte, anche e soprattutto per noi.
La Chiesa è ancora “cattolica”?
L’aggettivo “cattolico”, di cui ci fregiamo di decorare la nostra Chiesa apostolica romana, di per sé vuol dire “universale”; il cristianesimo è nato come religione che – a differenza di altri culti settari e misterici – apriva le porte a tutti, secondo il comando di Gesù:
«Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura» (cfr Mc 16,15).
Ma come mai le chiese si svuotano e sempre più persone si allontanano dalla fede?
Non certo perché il messaggio del Vangelo abbia perso di attrattiva, quanto piuttosto a causa di tutti i “distinguo” e delle rigide condizioni di appartenenza che noi “cristiani DOC” abbiamo posto come sbarramento.
Altro che inclusivi!
Oggi la situazione, anche e soprattutto all’interno della Chiesa, è così indecente da questo punto di vista, che Gesù dovrebbe chiosare così la Sua profezia:
«io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me… discepoli permettendo» (cfr Gv 12,32).
Altro che inclusivi! Ormai anche le nostre comunità parrocchiali sono diventate dei club esclusivi!
Difficile come… bere un bicchier d’acqua
Tra i nostri modi di dire c’è un’espressione usata per indicare la semplicità di un gesto:
facile come bere un bicchier d’acqua.
Eppure questa immagine usata da Gesù nel brano odierno sembra uno scoglio insuperabile, proprio perché a chi si sente “detentore della verità” non basta: per essere cristiani ed entrare a «far parte della “cricca”» bisogna superare ben altri criteri selettivi!
Non più la carità, l’unica legge dell’Amore che Gesù ci ha consegnato,1 ma le nostre regole.
Non è assurdo?
Il vero scandalo
Quando ascoltiamo le terribili parole di condanna di Gesù verso chi scandalizza i piccoli che credono in Lui non dobbiamo pensare solo all’orrore degli abusi sessuali.
Il primo scandalo2 è questo atteggiamento settario ed esclusivo che scoraggia i semplici e impedisce loro di trovare Cristo proprio là dove avrebbero tutto il diritto di incontrarlo: in chiesa e nelle comunità cristiane!
Sono questi atteggiamenti anti-inclusivi, le varie membra da tagliare via da quel corpo che è la Chiesa!
Tornare ad essere strumento
Grazie al cielo, anche oggi, come ai tempi di Mosè e di Gesù, lo Spirito soffia come, quando e dove vuole, e si posa ancora su tutti coloro che il Signore vuole raggiungere con la Sua Parola, ma dobbiamo fare di tutto perché la Chiesa, che Egli ha voluto come “sacramento” di salvezza per tutti gli uomini,3 torni ad apire le sue porte ad ogni uomo, in un vero atteggiamento di accoglienza e intima solidarietà con tutti, come insegnato dal Magistero del Vaticano II.4
- Cfr Gv 13,34. ↩︎
- In greco scàndalon significa “ostacolo”, “inciampo”. ↩︎
- «la Chiesa è, in Cristo, in qualche modo il sacramento, ossia il segno e lo strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano… Le presenti condizioni del mondo rendono più urgente questo dovere della Chiesa, affinché tutti gli uomini, oggi più strettamente congiunti dai vari vincoli sociali, tecnici e culturali, possano anche conseguire la piena unità in Cristo»: è il primo paragrafo di Lumen gentium, che abbiamo affrontato tre anni fa nella catechesi per gli adulti. ↩︎
- «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore.
La loro comunità, infatti, è composta di uomini i quali, riuniti insieme nel Cristo, sono guidati dallo Spirito Santo nel loro pellegrinaggio verso il regno del Padre, ed hanno ricevuto un messaggio di salvezza da proporre a tutti.
Perciò la comunità dei cristiani si sente realmente e intimamente solidale con il genere umano e con la sua storia»: Concilio Vaticano II, Gaudium et spes 1. ↩︎