Indifferenza = Inferno. 26ª Domenica del Tempo Ordinario (C)

Indifferenza

L’indifferenza (che è l’opposto della compassione) è il vero male del mondo: scava un abisso tra le persone e le condanna all’Inferno già su questa terra.

Omelia per domenica 25 settembre 2022

Letture: Am 6,1.4-7; Sal 145 (146); 1Tm 6,11-16; Lc 16,19-31

Il povero Lazzaro è l’unico personaggio delle parabole di Gesù a cui è dato un nome proprio, e già qui abbiamo subito un bel “faro” puntato su un particolare che è messo lì proprio per attirare la nostra attenzione.

Nella Scrittura il nome di una persona non è una semplice “etichetta” da apporre sui libri o sugli armadietti scolastici per indicare a chi appartengono: dice tutta l’identità di un individuo e il suo legame con Dio.

Omonimia causale?

Lazzaro è il diminutivo di Eleàzaro, che significa «Dio aiuta».

Troviamo altrove questo nome nei vangeli: così si chiama l’amico di Gesù, fratello di Marta e Maria di Betania, resuscitato dal Maestro dopo quattro giorni passati nel sepolcro (cfr Gv 11,1-45)…

Una semplice omonimia? Non credo proprio che Gesù abbia scelto un appellativo a caso per identificare l’unico personaggio delle Sue parabole a cui ha deciso di dare un nome proprio…

Tra i due vi sono similitudini ma anche profonde differenze: per entrambi si parla dell’esperienza della morte e della risurrezione, ma i contesti sono decisamente diversi.

In ogni caso: qui il povero ha un nome, il ricco invece no.

Innominati famosi

Non è il primo caso in cui la Scrittura non ci tramanda il nome di un personaggio ricco e famoso, e riferisce – invece – quello di altri personaggi “secondari”.

Il primo esempio (e forse il più eclatante) lo troviamo nel libro dell’Esodo, quando il re d’Egitto ordina alle levatrici degli Ebrei di uccidere i neonati maschi del popolo di Israele, ma loro si rifiutano.

Questo gesto di pietà vale alle due donne il privilegio di farcele conoscere per nome (Sifra e Pua) e una benedizione da parte di Dio, che dona loro una discendenza (cfr Es 1,15-21).

Del re d’Egitto (nientepopodimeno che il faraone!) – invece – non conosciamo affatto il nome!

Chi si merita un nome?

Coloro che temono Dio, e coloro di cui Dio si prende cura perché gli uomini li trattano con indifferenza e cattiveria.

Inferno o Paradiso?

Visto che la parabola ci proietta quasi immediatamente nell’aldilà a contemplare l’Inferno e il Paradiso, viene abbastanza spontaneo chiedersi cosa abbiano fatto i due uomini per meritarsi la loro sorte eterna.

Come si erano comportati in vita Lazzaro e il ricco? La parabola non ce lo dice.

Non ci dice se il ricco si fosse arricchito onestamente oppure no, e nemmeno se Lazzaro fosse stato ridotto in povertà dall’ingiustizia altrui o fosse finito a fare il barbone dopo aver sperperato i suoi beni come il figliol prodigo…

Non sono la ricchezza o la povertà a determinare la sorte dei due personaggi: non è questo il “punto focale” della parabola.

Il vero discrimine è il rapporto dei due personaggi con gli uomini e con Dio:

  • Lazzaro viene portato nell’abbraccio di Abramo da un corteo di angeli, perché Dio difende gli ultimi e prende la parte dei poveri;
  • il ricco viene semplicemente sepolto, nella totale indifferenza: lo stesso atteggiamento che aveva riservato a Lazzaro (e quindi anche a Dio, vivendo una religiosità solo di facciata e non incarnata).

Il vero peccato è l’indifferenza

Il ricco non è giudicato per la sua ricchezza ma perché non si accorge di Lazzaro, o meglio: fa solo finta di non vederlo e non conoscerlo (infatti dal profondo dell’Inferno lo riconosce subito e lo indica col suo nome, chiedendo ad Abramo di mandarglielo).

Il peccato mortale è l’indifferenza (che è il contrario dell’amore e della compassione): questo è il centro della parabola; questo è il grande abisso “scavato” tra Inferno e Paradiso.

Chiediamoci se questa terribile piaga della superficialità, della supponenza e del minimalismo non stia erodendo pian piano anche il nostro cuore: quanto tempo e quanta attenzione dedichiamo alle persone che incrociamo ogni giorno?

Quanto ci lasciamo toccare dalle situazioni di bisogno che ci circondano?

L’Inferno inizia qui

C’è una bella poesia che ci fa capire come l’indifferenza sia già un vero e proprio Inferno sulla terra:

L’indifferenza è inferno senza fiamme.

Ricordalo scegliendo

fra mille tinte il tuo fatale grigio.

Se il mondo è senza senso,

tua è la vera colpa.

Aspetta la tua impronta

questa palla di cera.

(Maria Luisa Spaziani, L’indifferenza, da La stella del libero arbitrio)

Continuiamo a lamentarci che nulla è più come prima, che non ci sono più i valori di una volta… ma non è forse perché ognuno bada sempre solo a se stesso, fregandosene letteralmente degli altri, lasciandosi scorrere addosso tutti i drammi dell’umanità, dalle “piccole” sofferenze dei vicini fino alle catastrofi umanitarie?

È sempre più attuale e stringente il monito di Papa Francesco quando ci mette in guardia dalla «globalizzazione dell’indifferenza».

Non servono miracoli

Come ricordavo anche nella riflessione di tre anni fa, la finale della parabola è tragica e terribile:

«Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti».

A noi che ormai usiamo il Vangelo come un “soprammobile”, Gesù sta dicendo che se non ascoltiamo e non prendiamo sul serio la Sua Parola, non riuscirà a scalfire il nostro cuore nemmeno a suon di miracoli, nemmeno attraverso il più grande dei Suoi “miracoli”: la Sua morte in Croce e la sua Risurrezione!

Smettiamola di andare in cerca di grandi segni, di rivelazioni private, di eventi di nicchia o di massa, di liturgie ricercate, e ricominciamo a leggere e ascoltare il Vangelo, non dimenticando che il Vangelo vivente (la Parola di Dio incarnata) sono i poveri, perché dietro il loro volto si nasconde quello di Cristo:

«tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40).