La dieta del cuore. 1ª Domenica di Avvento (C)

Dobbiamo mettere il cuore a dieta

Anche il nostro cuore ha bisogno di “mettersi a dieta”, per non appesantirsi. Andiamo dal Signore, il nostro medico di fiducia!

Letture: Ger 33,14-16; Sal 25 (26); 1Ts 3,12-4,2; Lc 21,25-28.34-36

Iniziamo un nuovo anno liturgico, nel quale il nostro “catechista” principale sarà l’evangelista Luca, e cominciamo come abbiamo appena finito: il vangelo di questa prima domenica di Avvento – infatti – ricalca i temi delle ultime due domeniche dell’anno liturgico appena concluso, e addirittura ripropone gli stessi versetti ascoltati il giorno precedente (ultimo sabato della 34ª settimana del T.O.).

Ricordarci dove stiamo andando

Come in un percorso circolare, l’inizio e la fine si toccano.

La cosa è voluta, perché la Liturgia – facendoci riprendere dall’inizio (in modo spirituale) il nostro cammino di vita – ci rammenta che è bene non dimenticare mai dove siamo diretti: non solo la fine della nostra esistenza, ma il fine, l’orizzonte, la méta verso cui tendiamo, che è Cristo.

È Lui – infatti – che vedremo «venire su una nube con grande potenza e gloria».

Si dice che repetita iuvant, no? Speriamo…

Proprio per questo, anche io – per la riflessione oggi – parto dai versetti che abbiamo ascoltato due volte in due giorni:

«State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita».

Attenti al peso!

Non so voi, ma io ho sperimentato cosa voglia dire essere “sovrappeso”: non è solo una questione estetica (la famigerata “prova costume”), ma soprattutto di salute.

Appena i chili cominciano ad essere troppi, iniziano le complicazioni: il respiro è affannoso per una camminata più veloce del solito o una semplice rampa di scale, si suda per il minimo sforzo, spesso abbiamo mal di testa e senso di pesantezza…

Si sta male con se stessi e si diventa intrattabili anche nei rapporti con gli altri.

Salvo il problema non sia dovuto a disfunzioni metaboliche, il sovrappeso è il prezzo da pagare quando non siamo capaci di contenerci e controllare la nostra gola e famelicità.

Dove si nascondono “i chili di troppo”?

Ma, se l’aumento del peso corporeo si nota abbastanza facilmente (anche solo perché non entriamo più nei vestiti), non è così facile renderci conto che si sta appesantendo il nostro cuore.

È da questo che ci mette in guardia Gesù, alla ripresa del nostro cammino spirituale.

In effetti, non possiamo dire – io per primo – di non avere spesso il cuore “pesante”.

Alcune volte è a causa di un dolore o di preoccupazioni che arrivano da fuori e ci vengono “cacciati addosso” a forza, da altri: in quel caso, poco ci si può fare.

Ma, spesso e volentieri, siamo noi stessi a farci del male, a procurarci del dolore con le nostre stesse mani, a lasciare che il nostro cuore si appesantisca.

Pensiamoci su: da quante cose ci facciamo togliere la serenità inutilmente?

Quando ci preoccupiamo e ci affanniamo per apparire come ci vorrebbe la società, quando siamo gelosi e invidiosi di altre persone, quando non sappiamo vedere e apprezzare il bello e il buono che c’è nella nostra vita, quando crediamo che – per essere felici e “realizzati” – occorra avere tutto, e fare tutte le esperienze possibili e immaginabili, fino allo sfinimento…

Tutto questo grava come un macigno sul nostro cuore.

L’importanza di essere “leggeri”

Il Maestro ci vuole mettere in guardia: ci vuole avvisare che – se fossimo trovati in “sovrappeso” nel cuore – non avremmo la forza e la prontezza per «sfuggire a tutto ciò che sta per accadere».

Che cosa sta per accadere? E quando avverrà?

Ogni momento è buono

Il “quando” potrebbe essere un momento qualsiasi, come è per la maggior parte delle cose della nostra vita, che accadono improvvisamente e ci colgono impreparati:

«se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa» (cfr Lc 12,39-40).

La cosa importante è essere pronti sempre:

«Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese» (cfr Lc 12,35-38).

Cosa conta davvero

Riguardo al “cosa”, non dobbiamo fare l’errore (come sempre) di pensare alla fine del mondo, alla nostra morte, o a qualsiasi altra sventura: quelli sono solo la circostanza.

Come credenti, dobbiamo capire che anche una morte improvvisa (che consideriamo la peggiore sventura) non è altro che l’occasione perché si realizzi ciò che veramente deve accadere:

«risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina».

La salvezza eterna! Questo è il fine, l’orizzonte, la méta della nostra vita! Questa è l’unica cosa che conta!

Agili e scattanti

L’immagine accennata da Gesù richiama quella di una persona che si trovasse nella necessità di scampare ad un pericolo imminente (una bestia feroce, uno tsunami, un vulcano in eruzione, un terremoto)…

Essere “appesantiti” in quelle occasioni è fatale, perché ne va della propria vita:

«State attenti (che)… quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra».

Ma se è pericoloso non riuscire a “correre” in caso di tsunami (per i chili di troppo sulla “panza”), è ancor più fatale avere il cuore così pesante da non farcela ad affrontare le avversità nel cammino di fede e – soprattutto – non essere pronti alla chiamata finale, a «comparire davanti al Figlio dell’uomo»:

«Dico a voi, amici miei: non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo e dopo questo non possono fare più nulla. Vi mostrerò invece di chi dovete aver paura: temete colui che, dopo aver ucciso, ha il potere di gettare nella Geènna. Sì, ve lo dico, temete costui» (Lc 12,4-5).

La “dieta” del cuore

Per questo il Signore ci suggerisce di “metterci a dieta”, per non appesantirci dentro.

Mmm… già è difficile una dieta per far calare “la panza” dopo le feste! Ma come si fa ad intraprendere e mantenere una “dieta per il cuore”?!

L’unico “dietologo” serio a cui possiamo rivolgerci, è il Medico dei Cuori: nostro Signore; è Lui – infatti – che «risana i cuori affranti e fascia le loro ferite» (cfr Sal 147,3).

Non apro qui il discorso sull’importanza del Sacramento della Confessione perché sarei prolisso (ma ci tornerò, prima o poi); dico però che spesso – in ambito spirituale – noi siamo come quelli che intraprendono una dieta “fai da te”, e poi si riducono a stare peggio di prima: pretendere di saper curare da soli il nostro cuore ammalato e appesantito è l’inizio della fine!

Gesù ci dice chiaramente qual è la “dieta” giusta da praticare perché il nostro cuore non si appesantisca:

«Vegliate in ogni momento pregando».

«Domani mi metto a dieta»

Il tema del vegliare e dello stare pronti ci accompagna in ogni Avvento, ma dobbiamo ricordare che è un atteggiamento necessario per tutta la durata della nostra vita: non si può cominciare a pensare all’aldilà solo dopo gli ottant’anni, o quando cominciamo ad avere problemi evidenti di salute!

Siamo in cammino verso l’eternità, sempre e da sempre! Da prima ancora che nascessimo! Non si può dire – come si fa per le diete – «da domani faccio sul serio», perché domani potrebbe essere già troppo tardi!

La parola “magica” – anche a livello spirituale – è “adesso”, “oggi stesso”!

Occupare bene il tempo

Il tema della preghiera – invece – è uno dei più cari all’evangelista Luca (oltre a quello della misericordia): essa non è semplicemente un’attività “accessoria” del cristiano, ma è la sua essenza, il suo respiro, ed è l’unico modo di vegliare.

Gesù si ritira continuamente in preghiera, e Luca lo sottolinea specialmente nei momenti cruciali del Suo ministero (fin dal momento del Suo battesimo al Giordano, per arrivare alla notte precedente la scelta dei Dodici, al giorno della Trasfigurazione, al momento drammatico nel Getsèmani, fino all’ultima preghiera sulla Croce).

Quante volte noi diciamo di non aver tempo di pregare? Ma pensiamoci bene: che cosa ci occupa così tanto da non trovare nemmeno un momento per raccoglierci, per lasciare spazio al silenzio e aprire la porta del nostro cuore al Signore?

Tempo libero ne avremmo, ma – se siamo sinceri – quei momenti (che diversamente rimarrebbero “vuoti”) li riempiamo di ogni sorta di impegni o attività aggiuntive, pur di non rimanere soli con noi stessi, e non permettere alle domande essenziali della nostra vita di venire a galla e far capolino al nostro cuore.

Quante volte perdiamo ore ed ore al cellulare, alla TV, in chiacchiere inutili (o maligne) con persone che magari nemmeno conosciamo… e invece potremmo “chiacchierare” un po’ col Signore!

Meglio pensarci prima

La saggezza popolare ci ha insegnato che è meglio prevenire che curare (vale anche per le diete). Ma cosa si può fare – oltre a pregare – per evitare che il cuore si appesantisca e poi ci tocchi correre ai ripari quando ormai è troppo tardi?

Occorre mettere un filtro, una “griglia” sulla “porta” del nostro cuore (i nostri occhi e le nostre orecchie), perché possa passare solo ciò che non lo appesantirà.

Il Signore ci ha dato gli occhi, ma li ha dotati di palpebre, per poterli chiudere al momento opportuno; ci ha dato le orecchie, ma anche due mani per poterle tappare, le corde vocali e una lingua, ma anche due labbra che si possono chiudere ermeticamente.

Non abbiamo imparato niente

La batosta che ci ha dato questa pandemia, con gravi conseguenze economiche e sociali, avrebbe dovuto aiutarci a capire cosa è importante nella vita, insegnarci a puntare all’essenziale, a non perderci in cose superflue…

«Ne usciremo migliori» dicevamo… e invece stiamo ancora qui a correr dietro a «dissipazioni e ubriachezze»; anzi, adesso dobbiamo e vogliamo tutti recuperare il tempo (e il denaro) perduto nei lunghi mesi della paura.

Vogliamo essere alla moda, non sappiamo rinunciare alle comodità, al divertimento, al lusso… così facciamo risalire il PIL, o no?

Ma – a forza di correre dietro a queste cose futili – ci consumiamo, letteralmente, in quelle malattie che gli specialisti individuano come stress, esaurimento nervoso, depressione, burnout… ma per un credente, lo “specialista delle anime” (lo Spirito Santo) diagnostica anche una lenta e inesorabile morte del cuore, che è ben più pericolosa!

Altro che self control

Per prevenire il rischio di andare in tilt mentalmente gli psicologi suggeriscono diversi modi per ottenere la “padronanza della propria mente”, il self control (corsi di Yoga, meditazione trascendentale)…

Ma in materia di cuore – come dicevo sopra – ciò non funziona: non ci si può auto-medicare, non si può guarire da soli, perché il rinchiudersi in se stessi, l’essere autoreferenziali è – a sua volta – una delle cause di “obesità” del nostro cuore.

Abbiamo bisogno di aiuto.

Abbiamo bisogno di una guida

Prima di tutto, abbiamo bisogno del Signore: è Lui che – da dentro (con la presenza del Suo Santo Spirito) – si fa nostro medico e libera il nostro cuore dai macigni che lo schiacciano (le paure, le preoccupazioni, i peccati).

E poi abbiamo bisogno di quei fratelli che sono disposti ad aiutarci (e a farsi aiutare), a camminare assieme, con una sana correzione fraterna e una corresponsabilità adulta.

Infine, non sarebbe male scegliersi una guida spirituale, soprattutto in un tempo così confuso.

Vale anche per noi sacerdoti, perché – come gli psicologi devono andare a loro volta dallo psicologo (per mantenere l’equilibrio necessario ad accompagnare i loro pazienti) – anche noi abbiamo continuamente bisogno di affidare il nostro cuore a Dio attraverso l’aiuto di un altro sacerdote che ci guidi e ci aiuti a discernere (per essere oggettivi e soprattutto misericordiosi, amministrando la bontà e la tenerezza di Dio nel condurre con pazienza le pecorelle smarrite).

Pronti? Via!

Forza allora: con i consigli del nostro “medico di fiducia”, mettiamoci a dieta, subito, da oggi, prima di ritrovarci appesantiti e incapaci di camminare speditamente verso la méta, quella che ci ricorda già il profeta Geremia nella prima lettura:

«Ecco, verranno giorni – oràcolo del Signore – nei quali io realizzerò le promesse di bene che ho fatto».