La più grande tentazione. 1ª Domenica di Quaresima (A)

La più grande tentazione

La tentazione più grande non è quella che il male esercita su di noi, ma quella che noi tendiamo a Dio, mettendo continuamente alla prova il Suo Amore per noi.

Omelia per domenica 26 febbraio 2023

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Letture: Gen 2,7-9; 3,1-7; Sal 50 (51); Rm 5,12-19; Mt 4,1-11

Come ogni anno, nella prima domenica di Quaresima ascoltiamo il brano delle tentazioni di Gesù, sia per capire il senso di questo tempo di quaranta giorni in preparazione alla Pasqua, sia per imparare come affrontare un cammino impegnativo, che metterà alla prova la nostra fede.

Puntuale come…

Sì – lo sappiamo benissimo – sarà una prova; perché ogni volta che cerchiamo di metterci d’impegno a fare qualcosa (che sia la dieta, la palestra, lo studio…), puntuale come un orologio svizzero arriva la tentazione a distoglierci dal nostro buon proposito.

Succede soprattutto quando si tratta del nostro impegno di conversione, e lo sa anche la Bibbia… infatti, nel Libro del Siracide troviamo questo monito:

Figlio, se ti presenti per servire il Signore,
prepàrati alla tentazione
(Sir 2,1).

Cos’è la tentazione?

Quando pensiamo alla tentazione (specialmente in campo morale) ci viene subito in mente la pagina che ascoltiamo nella prima lettura: l’immagine del serpente (come personificazione di qualcosa che si insinua astutamente nella nostra mente e nel nostro cuore) è perfetta.

Ma nel linguaggio biblico la tentazione non è solamente qualcosa di subdolo e negativo: infatti, il verbo utilizzato nella lingua ebraica significa sia «tentare» che «mettere alla prova».

Nei libri dell’Esodo e del Deuteronomio è il Signore a «mettere alla prova» il suo popolo (cfr Es 15,25; Dt 8,2).

Quindi la tentazione da chi viene? Da Dio o dal Diavolo?

Chi è che ci mette alla prova?

Giobbe fu messo alla prova da Satana, tuttavia in quel racconto il satàn è una sorta di funzionario della corte celeste che – col permesso del Signore – svolge il compito di pubblico ministero in un processo che si tiene davanti a Dio (cfr Gb 1,6-2,8); egli è un accusatore (questo è l’etimo), non un avversario.

Nel Secondo libro di Samuele si afferma che fu l’ira del Signore a incitare Davide a compiere il peccato di censire il popolo (cfr 2Sam 24,1); invece, la riscrittura del Primo Libro delle Cronache attribuisce la responsabilità a Satana (cfr 1Cr 21,1).

Mosè ed Elia, dopo un digiuno di quaranta giorni, incontrarono Dio (cfr Es 34,28 e 1Re 19,8)… Gesù, invece, si scontrò con il diavolo.

Insomma: il momento della prova e della tentazione rimane qualcosa di ambiguo anche per la Parola di Dio… suggerisce sempre quella situazione in cui l’uomo è posto davanti a una scelta difficile.

La libertà messa alla prova

L’uomo si trova sempre davanti a un bivio, e ciò è la conseguenza del grande dono di responsabilità che Dio gli ha fatto creandolo libero, come dice il testo del Deuteronomio che ascoltiamo il giovedì dopo le Ceneri:

«Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male. Oggi, perciò, io ti comando di amare il Signore, tuo Dio, di camminare per le sue vie» (cfr Dt 30,15-20).

Ma questa non è una tentazione: semmai è un’occasione di mettere alla prova la nostra responsabilità e verificare se siamo in grado di usare bene il dono della libertà che Dio ci ha fatto.

D’altronde è così in tutte le cose della vita, no? Mettere alla prova è l’unico modo per testare se una cosa funziona bene ed è affidabile, come la prova su strada di una nuova automobile o gli stress test fatti sui componenti di un cellulare prima di lanciarlo sul mercato…

Dio non ha bisogno di metterci alla prova

Ma c’è una grande differenza tra Dio e Satana riguardo alle scelte che l’uomo si trova di fronte: Dio ci invita a usare la nostra libertà per scegliere il bene e desidera la nostra vita; invece il diavolo cerca di istigarci a scegliere la via più facile e comoda, ben sapendo che ci porterà alla rovina.

Dio ci mette alla prova, invece il diavolo ci tenta.

E poi – sarò anti-biblico, ma – secondo me Dio non ha proprio nessun bisogno di metterci alla prova, perché conosce già passato, presente e futuro e conosce nel profondo il nostro cuore, molto più di quanto noi conosciamo noi stessi, come afferma Sant’Agostino nella sua autobiografia (Confessioni III,6,11).

Casomai, Dio permette che affrontiamo la prova perché in essa possiamo adoperare la libertà che Lui ci ha donato, e nella prova non ci lascia soli, ma ci accompagna con la Sua grazia.

La nostra più grande tentazione

E adesso arrivo a chiarire il succo del discorso che voglio fare e il motivo del titolo che ho scelto per questa omelia: se è vero che l’uomo ha bisogno di essere messo alla prova per verificare la sua capacità di scegliere il bene e rifiutare il male, ciò non vale sicuramente per Dio, che – per definizione – è il Sommo Bene ed è totalmente alieno dal male.

Dunque, anche noi non avremmo nessun bisogno di mettere alla prova il Signore, sia perché è affidabile per essenza, sia perché ci ha già dato prova di tutto il Suo Amore e di tutta la Sua affidabilità mandando Suo Figlio a morire per noi.

Invece questa è proprio la nostra più grande tentazione: quella di istigare continuamente Dio a darci prove e dimostrazioni della Sua affidabilità.

Quante volte anche noi – come facevano gli scribi e i farisei con Gesù – chiediamo a Dio «vogliamo vedere un segno»? (cfr Mt 12,38-39; Mt 16,1.4; Mc 8,11-12)

Continuiamo a pretendere da Lui segni eclatanti per dimostrarci la Sua esistenza e la Sua bontà: «Se Dio è buono deve concedermi questo, non deve permettere che mi accada quest’altro…», etc.

Insomma: siamo noi a tentare Dio, a metterlo continuamente alla prova, proprio come avviene nella seconda delle tentazioni poste dal diavolo a Gesù, quando cerca di istigarlo a compiere un gesto estremo per costringere Dio a venire in suo soccorso.

Fede o superstizione pagana?

E qui io imbestialisco letteralmente per tutti quei “fondamentalisti cattolici” che mettono continuamente alla prova Dio, quando fanno cose che vanno a sbattere contro ogni logica e intelligenza umana, convinti che «tanto Dio ci protegge».

Come quelli che tre anni fa, nella piena recrudescenza della pandemia, insistevano per riprendere subito le celebrazioni, ricevere la comunione in bocca, scambiarsi il segno di pace, usare l’acqua santa non solo per farsi il segno di croce, ma pure per mettersela sulle labbra e financo trangugiarla come se fosse un elisir di lunga vita!

Capite la deficienza di questi atteggiamenti?

E quanti no-mask, no-vax, no-green pass conosco tra questi sedicenti “cristiani DOC”!

Ma questa non è fede: è paganesimo, proprio perché si basa sulla pretesa di ottenere da Dio un antidoto per dei pericoli che potremmo evitare usando bene l’intelligenza e la libertà che Lui ci ha donato, nonché sulla convinzione che i Sacramenti siano magie o talismani che proteggono da ogni pericolo e malattia.

Leggere la Bibbia coi piedi

Ancora di più mi arrabbio quando – a loro giustificazione – mi citano il versetto di Marco

prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno (cfr Mc 16,17-18).

Questa è la dimostrazione lampante che leggere la Bibbia “alla lettera” pensando di saperla capire e interpretare è un atto di superbia, che la bistratta profondamente.

Quel testo – anzitutto – dice che «questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono», non i superstiziosi che obbligano Dio a correre dietro alle loro azioni squinternate.

E i serpenti e i veleni a cui fa riferimento l’evangelista, non sono pericoli auto-procurati (come quelli di un temerario che sfida la sorte, pur sapendo che rischia la sua vita), ma le malvagità operate dal diavolo e dai suoi seguaci nei confronti dei discepoli del Vangelo!

Tutti dobbiamo convertirci

Insomma, pur sperando che tra i miei lettori e ascoltatori non ci siano casi così gravi di superstizione e “fede malata”, tutti abbiamo bisogno di convertirci e di combattere contro la nostra tentazione più grande: quella di mettere continuamente alla prova Dio e chiedergli sempre nuove dimostrazioni del Suo Amore: ma cos’altro deve fare per noi oltre ad aver sacrificato la Sua vita sulla croce?

Potremo combattere questa tentazione solo tenendo fisso lo sguardo sul Crocifisso, e meditando quotidianamente la Passione di Cristo.