Liturgie sterili? 19 dicembre – Novena di Natale 3
Zaccaria che entra stancamente nel tempio ad offrire l’incenso è lo stereotipo di tutte le nostre liturgie divenute ormai sterili. Dobbiamo rinascere dentro!
Letture: Gdc 13,2-7.24-25; Sal 71; Lc 1,5-25
Mi sento sempre chiamato in causa in prima persona di fronte a questo brano che descrive la durezza di cuore dell’anziano sacerdote Zaccaria.
L’anno scorso titolavo «Un prete muto» la riflessione di questo terzo giorno della Novena di Natale, segnalando come – in realtà – Zaccaria fosse già tale ben prima di essere zittito dall’arcangelo Gabriele: la sua aridità interiore ne aveva fatto un uomo ormai privo di fede.
Incredulità e mutismo vanno a braccetto, dicevo.
Memoria corta
“Zaccaria” significa «il Signore si è ricordato», o «memoria di Dio»…
Eppure, quando l’arcangelo viene ad annunciargli «la tua preghiera è stata esaudita», lo smemorato sembra essere proprio lui!
Quante volte – in gioventù – avrà invocato il Signore, da semplice fedele e poi anche da sacerdote, di ascoltare la sua preghiera? Quante volte avrà compiuto gesti di penitenza per “attirare” l’attenzione di Dio sulla propria miseria?
Una tensione che pian piano – probabilmente – si era andata affievolendo, fino a spegnersi del tutto, coperta da una coltre di stantia disillusione.
Fino a far dimenticare la speranza e a spegnere la fede.
A forza di ripetere meccanicamente parole e liturgie antiche, imparate a memoria fin da giovane, aveva dimenticato il loro significato profondo: Dio mantiene le Sue promesse, Dio si rende presente.
Novità che invecchiano presto
Anche le nostre liturgie rischiano di fare la stessa fine: a maggio – tutti felici di poter tornare a Messa – abbiamo “rimodellato” scrupolosamente le celebrazioni per obbedire alle norme igienico-sanitarie, pur conservando la dovuta sacralità dei gesti…
Ad inizio Avvento abbiamo introdotto una nuova traduzione del Messale, orgogliosi di poter pregare il Padre Nostro in modo più attuale e rispondente agli insegnamenti del catechismo…
Ma – guardandosi intorno – sembra di trovarsi davanti a individui che si adattano ben presto a qualsiasi “novità”, ricollocandola subito nel solco delle vecchie abitudini.
Magari proprio a causa di noi preti – i “custodi del Sacro” – , che siamo fautori di liturgie che spesso esauriscono la loro forza proprio perché hanno perso per strada il compito della memoria, anzi, del Memoriale che dovrebbero attuare.
Liturgie senza fede?
Sono prete da un po’ (non un’eternità, ma sono già più di 22 anni), e mi chiedo: «don Pietro, quando celebri ci credi a quello che fai? E – se sì – la tua gente lo percepisce?»
E mi tornano in mente le parole che il Vescovo mi ha detto alla fine del Rito di Ordinazione Sacerdotale, consegnandomi il pane e il vino:
«Ricevi le offerte del popolo santo per il sacrificio eucaristico.
Renditi conto di ciò che farai,
imita ciò che celebrerai,
conforma la tua vita al mistero della croce di Cristo».
Sono parole fortissime, e mi trapassano come delle fucilate, ogni volta che ci ripenso…
Quante volte – pur essendo concentrato sul Mistero che avviene ogni giorno tra le mie mani – rischio di essere una “macchinetta” davanti alla mia gente?
E non perché le liturgie che celebro sappiano di vecchio, ma per il fatto che – forse – le mie liturgie durano soltanto per quei tre quarti d’ora in cui celebro la Santa Messa!
Liturgie incarnate
Mi rendo conto di quello che faccio? Ovvero: capisco quanto grave sia la mia responsabilità, in quanto ministro del Signore?
Imito ciò che celebro? Ovvero: sono davvero presenza reale di Cristo? Non solo quando presiedo l’Eucaristia, ma ogni attimo della mia vita?
Conformo la mia vita al mistero della Croce di Cristo? Ovvero: mi dono totalmente fino all’ultima goccia di sangue?
Questo mi ha mandato a fare il Signore. Questo devo essere per ogni uomo, a partire dai miei parrocchiani.
La forza di un popolo che prega
Dopo lo sgomento suscitato dalle domande che mi sono appena ripetuto per l’ennesima volta, il Signore mi fa trovare consolazione e pace in una frase del brano evangelico di oggi:
Fuori, tutta l’assemblea del popolo stava pregando nell’ora dell’incenso.
Mi ricorda tanto l’altra situazione, narrata dagli Atti degli Apostoli:
Mentre Pietro dunque era tenuto in carcere, dalla Chiesa saliva incessantemente a Dio una preghiera per lui (At 12,5).
Ogni sacerdote continua ad agire «in persona Christi» nonostante la sua aridità e una fede che magari sta venendo meno, proprio perché Dio continua a fare affidamento su di lui e non gli fa mancare il sostegno della sua gente che prega per lui e con lui.
Quante persone ogni giorno mi dicono – con sincerità – «don Pietro, ho pregato per lei e per tutti i nostri sacerdoti». E mi commuovo.
E sento che il Signore fa per me – attraverso la gente – quello che Lui vorrebbe fare per la gente attraverso di me!
Stiamo uniti
Sono queste le liturgie che dobbiamo recuperare: ritornare a pregare tutti insieme con convinzione, sacerdote e fedeli, come un unico popolo che innalza a Dio al sua fiduciosa preghiera, sicuro che «il Signore si è ricordato», che Dio non dimentica mai le Sue promesse e le mantiene, che – oggi come allora – Egli è l’Emmanuele, il «Dio con noi».
Liturgie che ci fanno essere uniti nonostante l’isolamento e le limitazioni che questa pandemia vorrebbe imporci, non solo esteriormente, ma anche nel cuore.