Lontano dal Signore, lontano dai fratelli

Lontano dal Signore

Scappare lontano dal Signore ci colloca lontano dai fratelli e viceversa. Abbiamo molto da imparare dalla parabola di Giona e da quella del Buon Samaritano.

Omelia per lunedì 9 ottobre 2023

Letture: Gio 1,1-2,1.11; Gio 2,3-5.8; Lc 10,25-37

Da oggi e fino a mercoledì il Lezionario ci fa ascoltare a spizzichi e bocconi il libretto del profeta Giona, uno scritto che differisce da tutti gli altri libri profetici.

È soltanto il racconto dell’esperienza personale di un profeta disobbediente che vuole sottrarsi alla sua missione e infine vi ritorna, recalcitrante, ma ha da lamentarsi con Dio per il successo inatteso della sua predicazione.

Una parabola della misericordia

È una sorta di parabola (anche Gesù la utilizzerà come tale nella Sua predicazione: cfr Mt 12,41; Lc 11,29-32 e Mt 12,40).

Dentro questo racconto didattico c’è un ammonimento al particolarismo nel quale la comunità post-esilica era tentata di chiudersi e l’invito ad accettare che la misericordia di Dio più volte sperimentata sulla propria pelle non è un’esclusiva per sé, ma è destinata a tutti, compresi i più acerrimi nemici (rappresentati dalla città di Ninive).

In questo racconto, infatti (se ci facciamo caso), sono tutti “simpatici” per la loro devozione e religiosità: i marinai pagani, il re, gli abitanti e perfino gli animali di Ninive… tutti tranne l’unico israelita in scena: il profeta Giona!

Lontano dal Signore

C’è un’espressione che torna tre volte per descrivere la mente, l’animo e la situazione del profeta: «lontano dal Signore».

È una vera e propria fuga, da Dio, dalle proprie responsabilità, dal mondo.

Questa lontananza è rimarcata pure dal sonno profondo di Giona durante l’infuriare della tempesta.

È il simbolo del chiudersi in se stessi di fronte ai problemi del mondo, come se non ci riguardassero affatto: un atteggiamento molto frequente ai nostri giorni. È quella famosa e tremenda indifferenza globale dalla quale Papa Francesco ci mette spesso in guardia.

Lontano da tutti

Allontanarsi da Dio, da quello che il Signore ci chiede di assumerci come nostro compito, nostra preoccupazione e nostra responsabilità (ovvero il prenderci cura dei nostri fratelli), ci estranea dal mondo e anche da noi stessi: il sonno è simbolo dell’incoscienza e anticipo della morte.

La fede da chi meno te lo aspetti

È comico (per non dire tragico) che a richiamare al suo dovere il profeta siano dei pagani:

Gli si avvicinò il capo dell’equipaggio e gli disse: «Che cosa fai così addormentato? Àlzati, invoca il tuo Dio! Forse Dio si darà pensiero di noi e non periremo».

È ancor più forte l’accusa sottesa dal prosieguo del racconto, da cui si evince che hanno molto più timor di Dio e una visione più cristallina della Sua misericordia questi pagani che non il profeta: mentre Giona ha in mente un Dio arrabbiato che si può placare solo con la sua punizione e la sua morte, l’equipaggio tenta a tutti i costi di salvare Giona e chiede la misericordia divina per il gesto estremo a cui sono costretti.

Anticipo del Vangelo

Questa paginetta si specchia molto bene nella pagina evangelica odierna (la parabola del buon samaritano): dovrebbero essere il sacerdote e il levita che scendono da Gerusalemme a Gerico a prendersi cura del malcapitato tra le mani dei briganti, e invece loro «passano oltre», lontano da quel poveretto.

Anche loro, come Giona, si collocano lontano da Dio, ponendosi lontano dall’uomo di cui il Signore chiede loro di prendersi cura.

E anche qui è proprio uno straniero a farsi immagine e strumento della misericordia di Dio, mosso dal timore del Signore, perché invece di prendere le distanze, si fa vicino, si fa prossimo.

Nel ventre del pesce

Due parabole, due belle tirate di orecchie: noi predichiamo tanto l’Amore di Dio e del prossimo, ma nella nostra vita non facciamo altro che dire «non è affar mio», e scappare lontano dalle nostre responsabilità.

Nonostante questo, ancora una volta Dio ci usa misericordia: anche per noi – come per il profeta Giona – c’è pronto “il ventre di un pesce” nel quale rimanere tre giorni e tre notti, per poi essere restituiti alla nostra missione.

Gesù utilizza l’immagine di Giona nel ventre del pesce per descrivere la Sua morte e sepoltura (cfr Mt 12,40): significa che anche noi abbiamo bisogno di essere sepolti con Cristo per rinascere con Lui a vita nuova e imparare finalmente a seguire la Sua via nel farci vicini ai nostri fratelli (cfr Rm 6,4 e Col 2,12).