Morire è come nascere. Commemorazione di tutti i fedeli defunti

Morire è come nascere

Il pensiero di dover morire è un trauma, e ci fa piangere come nel momento in cui siamo venuti al mondo. Ma ciò che ci attende oltre quella soglia è splendido.

Omelia per giovedì 2 novembre 2023

Letture: Sap 3,1-9; Sal 41-42 (42-43); Ap 21,1-5.6-7; Mt 5,1-12 (Messa 3)

C’è un’espressione nella prima lettura che torna due volte, e chiama in causa la vista, lo sguardo:

Agli occhi degli stolti parve che morissero…

Anche se agli occhi degli uomini subiscono castighi…

Questione di occhi

Il testo sapienziale ci sta dicendo che, quando si tratta di guardare in faccia la morte, occorre avere degli occhi diversi, altrimenti essa resterà sempre e solo motivo di angoscia e paura.

Guardare la morte con occhi da semplici uomini è da stolti, perché ci si ferma all’apparenza.

La nostra fede ci invita a guardare oltre, e ad avere uno sguardo tutto nuovo, come quello dell’evangelista Giovanni, che nel brano dell’Apocalisse dice:

vidi un cielo nuovo e una terra nuova… E vidi anche la città santa…

È guardare le cose con gli occhi di Dio, che in Cristo fa nuove tutte le cose.

Imparare dalla vita

Anche Gesù ci ha insegnato a guardare il mondo con sapienza, prendendo ad esempio tutto ciò che sta attorno a noi come allegoria e parabola del senso nascosto della vita:

«se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto» (cfr Gv 12,20-25).

Apparentemente il seme muore, ma in realtà nasce a nuova vita e porta con sé altra vita, in abbondanza: è la parabola del senso della nostra esistenza.

Morire è nascere di nuovo

Per capire cosa significhi morire, possiamo ricorrere a un’altra immagine, facendo il paragone tra ciò che siamo ora rispetto a quello che eravamo prima di nascere.

Ognuno di noi, prima di venire al mondo, era un feto, e ci stava così bene nella pancia della sua mamma da non sentire il bisogno di nulla, perché nulla gli mancava, e non volveva certo cambiare condizione, non sapendo cosa lo aspettava.

Poi, una volta partoriti, la prima cosa che abbiamo fatto è stata piangere: per tutti è stato un trauma affrontare quel passaggio così difficile; ma, una volta venuti al mondo e presa confidenza con la nuova condizione, nessuno di noi si è mai sognato di rimpiangere lo stato fetale e tornare indietro.

Così è ora: ci siamo tanto affezionati a questa vita terrena da non pensare quasi mai da dove veniamo e dove andiamo, e abbiamo paura di affrontare un nuovo e tremendo trauma nel passaggio a un’altra condizione che non sappiamo come sia…

Ma in questa immagine della nascita al mondo possiamo cercare di capire cosa sarà nascere al cielo e intravvedere ciò che il Signore ci ha promesso: qualcosa di tanto temuto prima, quanto splendido e inaspettato poi, del quale non potremo più fare a meno una volta varcata quella soglia così misteriosa e difficile che chiamiamo morte.