Nella fede non c’è rapporto causa-effetto

Nella fede non c'è rapporto causa-effetto
Commento alle letture di martedì 28 giugno 2022

Letture: Am 3,1-8;4,11-12; Sal 5; Mt 8,23-27

Nella prima lettura Amos – riportando le parole del Signore – elenca una sfilza di ovvietà, di esemplificazioni di come – in natura – tutto avvenga secondo un rapporto di causa-effetto:

«Ruggisce forse il leone nella foresta,
se non ha qualche preda?

Si precipita forse un uccello a terra in una trappola,
senza che vi sia un’esca?

Scatta forse la trappola dal suolo,
se non ha preso qualche cosa?»

E aggiunge che, secondo lo stesso rapporto di causa-effetto,

«il Signore non fa cosa alcuna
senza aver rivelato il suo piano
ai suoi servitori, i profeti».

E fin qui va tutto liscio.

Stop! C’è un problema…

Ma, andando avanti con la lettura qualcosa si incrina:

«Ruggisce il leone:
chi non tremerà?

Il Signore Dio ha parlato:
chi non profeterà?»

Ecco, qui le cose si complicano, perché entra in campo una grossa variabile: la libertà umana.

Se è automatica la reazione di paura di fronte al ruggito del leone, non è così “automatico” che l’uomo ascolti la voce del Signore che parla e si metta a profetare.

L’abbiamo detto nella riflessione di ieri quanto sia difficile che noi prendiamo il coraggio a due mani e ci mettiamo a denunciare le ingiustizie, come ci chiede di fare il Signore.

Profeti mancati

Nella stessa Scrittura esiste un esempio concreto di profeta che – pur avendo “ruggito” il Signore – decide di non profetare:

Fu rivolta a Giona, figlio di Amittài, questa parola del Signore: «Àlzati, va’ a Ninive, la grande città, e in essa proclama che la loro malvagità è salita fino a me». Giona invece si mise in cammino per fuggire a Tarsis, lontano dal Signore (cfr Gio 1,1-3).

Quella di Giona è la storia travagliata e tormentata di Dio che cerca collaborazione in un uomo pauroso, capriccioso e permaloso: un tira e molla che rimane in sospeso fino alla fine, con la domanda aperta di Dio che cerca di far riflettere il Suo profeta su quanto sia incapace di comprendere le “logiche” del Signore (cfr Gio 4,9-11).

Non c’è più rapporto di causa-effetto

Anche la finale del testo della prima lettura di oggi segnala che – quando la parola del Signore “incrocia” la libertà dell’uomo – salta ogni automatismo, e il rapporto causa-effetto non funziona più, nemmeno di fronte alle minacce e alle punizioni:

«Vi ho travolti
come Dio aveva travolto Sòdoma e Gomorra,
eravate come un tizzone
strappato da un incendio;
ma non siete ritornati a me».

Se è automatico che l’uomo scappi davanti a un incendio che divampa, non è detto che faccia altrettanto davanti alle “minacce” e agli avvertimenti del Signore.

L’Apocalisse è piena di esempi di questa non corrispondenza tra i “castighi” divini e la conversione dell’uomo:

Il quarto angelo versò la sua coppa sul sole… E gli uomini bruciarono per il terribile calore e bestemmiarono il nome di Dio che ha in suo potere tali flagelli, invece di pentirsi per rendergli gloria.

Il quinto angelo versò la sua coppa sul trono della bestia… Gli uomini si mordevano la lingua per il dolore e bestemmiarono il Dio del cielo a causa dei loro dolori e delle loro piaghe, invece di pentirsi delle loro azioni (cfr Ap 16,8-11).

Né con le cattive, né con le buone

Quando si tratta della libertà dell’uomo salta ogni schema… Ha voglia Dio di sperare che i Suoi figli capiscano la lezione, ma niente funziona più: né con le buone, né con le cattive maniere.

Lo ascolteremo tra una decina di giorni (attraverso le parole del profeta Osea), il pianto sconsolato del Signore, che vede naufragare ogni Suo gesto di tenerezza e di bontà:

Quando Israele era fanciullo,
io l’ho amato
e dall’Egitto ho chiamato mio figlio.
Ma più li chiamavo,
più si allontanavano da me
…essi non compresero
che avevo cura di loro.
Io li traevo con legami di bontà,
con vincoli d’amore… (cfr Os 11,1-4).

Gente di poca fede

Lo stesso stupore e la stessa velata amarezza esprime Gesù davanti alla poca fede dei Suoi discepoli nel vangelo di oggi che narra l’episodio della tempesta sedata.

L’unico rapporto causa-effetto che funziona è quello istintivo della paura di fronte all’ignoto e alle forze della natura:

nel mare si scatena la tempesta => i discepoli sono terrorizzati.

Quello che non funziona secondo questo tipo di dinamica – invece – è la capacità di capire che del Signore ci si può sempre fidare, avendo Egli dimostrato già più e più volte il Suo Amore e la Sua potenza.

Insomma: con tutti i miracoli grandiosi che Gesù aveva già mostrato loro, i discepoli avrebbero dovuto stare tranquilli, o no? E, invece, ancora non si fidano di Lui.

La paura è figlia della mancanza di fede: perciò i discepoli non capiscono nemmeno che la bonaccia del mare è causata dalla signoria di Dio su ogni cosa:

Tutti, pieni di stupore, dicevano: «Chi è mai costui, che perfino i venti e il mare gli obbediscono?»

Giochiamo col fuoco

Pericolo => paura => fuga

…è una dinamica che conosciamo bene, una regola di causa-effetto che – grazie all’istinto di autoconservazione – preserva la nostra vita.

Eppure, noi umani siamo proprio strani: di fronte a questa regola chiara ci mettiamo a giocare. Sì: ci piace sfidare il limite delle nostre paure e del pericolo; giochiamo spesso con il fuoco, in tutto e per tutto, anche quando c’è di mezzo la nostra salute e la nostra vita…

  • Come i fumatori che sul pacchetto di sigarette leggono ogni tipo di minacce e vedono polmoni anneriti e consumati dal catrame presente nelle “bionde”, ma fanno spallucce…
  • Come il ragazzino che passa sei mesi in coma per essere andato a sbattere la testa facendo lo scemo col motorino, ma appena fuori dall’ospedale ricomincia da capo con le acrobazie, come se nulla fosse accaduto…

Non impariamo mai la lezione da quello che ci accade nella vita, dal fatto che il rapporto di causalità dimostri piuttosto evidentemente che, se fai qualcosa di pericoloso, rischi la vita, e se invece fai le cose come si deve tutto va per il meglio.

Giochiamo anche col Signore?

Crediamo sempre che alla legge causa-effetto non ci riguardi, o che per noi possa fare delle eccezioni.

Siamo dei temerari, e questo è un peccato, tra l’altro, perché mette in pericolo la nostra vita (dono preziosissimo di Dio) e quella degli altri.

Ma non ci accontentiamo di giocare alla roulette russa con la nostra vita materiale… spesso lo facciamo anche con la vita eterna che il Signore ci ha promesso: in ragione della nostra libertà chiediamo sempre delle deroghe, delle dilazioni, delle eccezioni.

Pensiamo sempre di avere tempo, di poter rimandare all’infinito… e quando per caso ci si stringono i panni addosso (per una disgrazia, una malattia grave, una pandemia o qualche altra grave minaccia) ci ravvediamo solo per il tempo necessario a “tornare in forma”, e poi riprendere con le nostre testardaggini.

Insomma: avuta la grazia, gabbato lo santo

Anche Dio rompe la regola causa-effetto

L’unico di cui ci si possa sempre fidare, cascasse il mondo, è il Signore: in Lui il rapporto causa-effetto (ovvero: promessa => mantenimento) non trovano eccezione:

Il Figlio di Dio, Gesù Cristo, che abbiamo annunciato tra voi, io, Silvano e Timòteo, non fu «sì» e «no», ma in lui vi fu il «sì» (2Cor 1,19).

O meglio: se proprio deve fare delle eccezioni, sono sempre in nostro favore. Mi viene in mente – a tal proposito – un altro testo molto bello di Paolo:

Questa parola è degna di fede:

Se moriamo con lui, con lui anche vivremo;
se perseveriamo, con lui anche regneremo;
se lo rinneghiamo, lui pure ci rinnegherà;
se siamo infedeli, lui rimane fedele,
perché non può rinnegare se stesso
(2Tim 2,11-13).

È stupenda questa fedeltà del Signore che va addirittura e rompere il naturale rapporto causa-effetto, in ragione della fedeltà a Se stesso e al Suo Amore infinito… ma vi prego: non abusiamone!

Anzi: proviamo a sovvertire anche noi il rapporto di causalità in favore delle eccezioni buone.