Nella tentazione vince chi scappa. 19ª Domenica del Tempo Ordinario (A)
Non dobbiamo fare l’errore di crederci invincibili di fronte alla tentazione. Dio sa quali sono le tentazioni più pericolose per noi e ci costringe a “scappare”
Letture: 1Re 19,9.11-13; Sal 84 (85); Rm 9,1-5; Mt 14,22-33
Ho scelto il titolo della riflessione di oggi prendendo in prestito una massima attribuita al mio caro san Filippo Neri:
«Davanti alla tentazione, vince chi scappa!»1
Vi chiederete il perché.
Perché credo che spieghi il motivo del gesto di Gesù, che – subito dopo la moltiplicazione dei pani e dei pesci – «costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva».
A volte Dio ci deve costringere
Il verbo “costringere” è molto chiaro nel suo significato, e per questo fa nascere spontanea una domanda: perché Gesù non ha semplicemente chiesto ai Dodici di precederlo con la barca sull’altra riva, ma ha dovuto costringerli?
Forse perché – pur avendoglielo già chiesto gentilmente – non si decidevano più ad andarsene da quella spianata di erba… e da tutta quella gente.
Strano! Domenica scorsa li abbiamo visti così infastiditi dalla folla da ordinare a Gesù di congedarla, di mandare tutti fuori da piedi, e adesso invece non se ne vogliono più separare!
Come mai? Cos’è successo per trasformarli così?
La tentazione del successo
Ah, già: sono diventati famosi! Il loro Maestro ha fatto “saltar fuori” praticamente dal nulla tanto pane e tanto pesce da sfamare migliaia di persone!
Perché allora non godersi un po’ di notorietà? Dopo tanta fatica è bello anche essere osannati, no?
Eccola lì – servita su un piatto d’argento – la tentazione più subdola: crogiolarsi sugli allori, godersi il meritato successo.
Niente di più deleterio e pericoloso per il discepolo! Specialmente dopo il duro insegnamento che Gesù aveva voluto dare con quel «voi stessi date loro da mangiare»: la gratuità!
L’unico modo per non farsi irretire dalla tentazione del successo è “darsela a gambe levate”, sparire, e alla svelta!
Ma i discepoli non la volevano capire: erano ormai “ubriachi” delle lodi e dei complimenti della gente, ammaliati come dal canto delle sirene.
Ecco il motivo della costrizione imposta loro da Gesù.
Anche un genitore in gamba a volte deve ricorrere alla costrizione per togliere i propri figli dai pericoli che – da soli – non capiscono di correre…
La tentazione della comodità
Rimanere lì era una bella tentazione non solo per i Dodici, ma anche per la folla: non potevano lasciarsi sfuggire quel Rabbì così potente e i suoi seguaci, capaci di darti da mangiare gratis!
Fa comodo avere dalla propria parte un “dio” così, no?
Queste intenzioni della folla si evincono chiaramente leggendo la versione dell’evangelista Giovanni:
«Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo […]
…voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà» (Gv 6,15; Gv 6,26-27).
Recuperare la vera immagine di Dio
Di fronte a queste tentazioni Gesù “costringe” i discepoli a “scappare”, ad andare via, lontano, e congeda la folla, ritirandosi tutto solo:
«Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo».
Gesù rientra nella comunione col Padre. Lui per primo – fin dall’inizio del suo ministero – aveva fuggito la tentazione di essere un Messia potente e acclamato, un Dio che si manifesta con segni strepitosi (cfr Mt 4,1-11).
Da questa immagine falsata di Dio dobbiamo purificarci sempre anche noi.
Ecco il senso del bellissimo testo che ci è proposto nella prima lettura, dell’incontro del profeta Elia con Dio, sull’Oreb:
«Ed ecco che il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento, un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto, un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera. Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna».
Il profeta, dopo aver mostrato la grandezza di Dio in modo miracoloso ai 450 falsi profeti di Baal (cfr 1Re 18,20-40), si aspettava di incontrarlo nella stessa maniera, in una teofania spaventosa…
Ma Dio – ai suoi discepoli – non si mostra così. Si mostra invece nel silenzio di una brezza leggera.
La tentazione di… tentare Dio
Anche Pietro pensa di poter “insegnare” a Gesù come provare la Sua vera identità di Messia e Figlio di Dio. Se è veramente Lui, deve mostrarlo in modo stupefacente:
«Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque».
Gesù accetta la sfida (ovviamente senza l’intento di mostrare alcunché, se non la propria paziente disponibilità), e lo chiama a sé.
Tutto va bene finché Pietro tiene lo sguardo fisso su Gesù, e si fida di Lui… comincia – invece – ad affondare nel momento in cui si lascia impaurire dalla forza del vento, dubitando che Dio possa veramente vincere le sue paure e i suoi fantasmi.
La tentazione di mettere alla prova Dio è sempre in agguato… ma – alla fine – si ritorce sempre contro di noi, facendoci sperimentare tutta la pochezza e l’inconsistenza della nostra fede:
«Uomo di poca fede, perché hai dubitato?»
Fuggire la tentazione
Può sembrare un cosa vecchia e stantia, un retaggio del catechismo di Pio X, quella frase dell’Atto di dolore che dice
«prometto di non offenderti mai più, e di fuggire le occasioni prossime di peccato…»
ma è senz’altro un bel suggerimento: prima ancora di chiederci come si possano affrontare e combattere le tentazioni, è bene cercare proprio di evitarle, scappando – appunto – fuggendole.
Noi crediamo di essere forti e capaci di fronteggiarle da soli, ma non è così.
Per questo, ogni tanto il Signore ci fa “sbattere il naso”, lasciandoci “liberi” di sbagliare e sperimentare la nostra miseria.
Ciò nonostante – come fece con Pietro sul lago in tempesta – non ci lascia soli nella tentazione, non ci abbandona a noi stessi (proprio come gli chiediamo alla fine del Padre Nostro), ma viene in nostro aiuto e ci salva.
Speriamo almeno di imparare la lezione dagli sbagli che il Signore ci “permette” di fare.
- La citazione è tolta dal film State Buoni se potete, dalla scena in cui il Santo cerca di portar via Cirifischio dalla bottega della Bella Mora Cadigia, una delle tante personificazioni del Diavolo. La massima – più precisamente, anche se povera di fonti – sarebbe: «Nella battaglia contro i sensi vince chi scappa». ↩︎