Nell’attesa, fate di tutto perché Dio vi trovi in pace

Nell'attesa, siate operosi nella carità
Omelia per martedì 4 giugno 2024

L’attesa del credente non è caratterizzata dall’inquietudine o dall’ozio del vivere “alla giornata”, ma è piena di opere buone.

Letture: 2Pt 3,11-15.17-18; Sal 89 (90); Mc 12,13-17

Come dicevo ieri presentando la Seconda Lettera di Pietro, uno dei temi trattati dall’autore è la messa in guardia da quei falsi profeti che – tardando la venuta del Signore – insegnano a vivere disordinatamente, come se non esistesse un senso ultimo della storia.

Perciò, nell’ultimo capito della Lettera (di cui oggi ascoltiamo alcuni versetti), la fine del mondo è data per certa e ineluttabile (e descritta con dovizia di particolari) e si raccomanda ai credenti come comportarsi nell’attesa di quel giorno.

È Dio che ha pazienza, non noi!

Prima dei versetti che ci presenta oggi il Lezionario, però, vi riporto alcune affermazioni precedenti che ritengo interessanti come chiave di lettura al testo che leggiamo durante la Messa:

davanti al Signore un solo giorno è come mille anni e mille anni come un solo giorno. Il Signore non ritarda nel compiere la sua promessa… Egli invece è magnanimo con voi, perché non vuole che alcuno si perda, ma che tutti abbiano modo di pentirsi (cfr 2Pt 3,8-9).

Il nostro modo di percepire e misurare il tempo è spesso insipiente, e ben diverso da quello utilizzato da Dio: per questo facciamo fatica a vivere la nostra esistenza in una dimensione di attesa vigile e carica di speranza cristiana.

Inoltre, non è Dio che si fa attendere (chiedendoci di essere pazienti), anzi: è Lui che attende pazientemente noi, dandoci più tempo per convertirci!

Credo sia un’importante chiarificazione per orientare correttamente il nostro sguardo sul mondo, sulla storia e sul senso della vita.

Il credente non si spaventa

Ascoltando la pagina odierna, non dobbiamo farci impressionare dai toni apocalittici (i cieli in fiamme si dissolveranno e gli elementi incendiati fonderanno),1 ma raccogliere, invece, l’invito alla preghiera e a condurre una vita santa, perché

Noi, secondo la sua promessa, aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali abita la giustizia.

Il credente non si spaventa, ma spera e attende il compimento di una promessa che sa essere degna di fede.

Un’attesa operosa

Oggi come ai tempi dell’autore, invece, l’atteggiamento degli uomini verso il futuro è caratterizzato da due estremi opposti:

  • l’inquietudine e l’ansia per ciò che ci attende,
  • l’ozio e il disordine di una vita vissuta “ammazzando il tempo”, come se non ci fosse un domani.

Il discepolo di Cristo, invece, è chiamato a una “terza via”:

nell’attesa di questi eventi, fate di tutto perché Dio vi trovi in pace, senza colpa e senza macchia. La magnanimità del Signore nostro consideratela come salvezza.

Proprio perché guarda il mondo e la storia con fede e con speranza (e confida nella magnanimità di Dio), il cristiano vive un’attesa operosa, facendo di tutto per “anticipare” quella pace del cuore che solo il Signore potrà portare a compimento.

Affrettare la venuta

C’è un’espressione singolare all’inizio del brano su cui voglio richiamare l’attenzione, ed è quella dell’affrettare la venuta del giorno di Dio.

Non è certo un invito a “farla finita” con un suicidio collettivo (come purtroppo alcune sette religiose hanno attuato),2 ma – invece – a rendere piena l’attesa con le buone opere, facendo di tutto per farsi trovare in pace da Dio.

Non è così anche nella vita di tutti i giorni? Quando il tempo è ben impiegato passa più velocemente e ci dà soddisfazione, a differenza di quando rimaniamo oziosi nell’attesa di nemmeno noi sappiamo cosa.

Vivere alla presenza di Dio

Per un cristiano si tratta di crescere nella grazia e nella conoscenza del Signore nostro e salvatore Gesù Cristo, il che non significa solo leggere e studiare la Bibbia e frequentare i Sacramenti, ma vivere alla presenza di Dio, ovvero: saperlo riconoscere presente nei Suoi figli (quei fratelli più piccoli3 che ci interrogano con i loro bisogni e la loro povertà) e soccorrerli con carità:

«Chi è dunque il servo fidato e prudente, che il padrone ha messo a capo dei suoi domestici per dare loro il cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così!» (Mt 24,45-46)

  1. Questa pagina è caratterizzata dal tema della “manifestazione” finale di Dio, descritta con le categorie dell’apocalittica giudaica. La nozione di un nuovo cosmo, degno dei cristiani glorificati, deriva dal profeta Isaia (Is 65,17; Is 66,22; cfr anche Ap 21,1); così l’idea di una “giustizia” ormai eterna, che lo abiterà. ↩︎
  2. Si veda la voce Jonestown (Guyana) su Wikipedia. ↩︎
  3. Cfr Mt 25,40. ↩︎