Non c’è lieto fine. Festa dei Santi Innocenti

Non c'è lieto fine
Omelia per mercoledì 28 dicembre 2022

Letture: 1Gv 1,5-2,2; Sal 123 (124); Mt 2,13-18

Come può essere Vangelo – “Buona Notizia” la Parola che ascoltiamo oggi?

Come può essere luminosa e natalizia questa pagina che gronda sangue innocente?

Come si può “far festa” per questo orribile avvenimento?

Non sopportiamo di ascoltare questi racconti, noi che siamo abituati fin da piccoli a sentirci raccontare che «alla fine vissero tutti felici e contenti».

La storia infinita

Eppure non battiamo ciglio di fronte alla stessa identica storia che si ripete, giorno dopo giorno.

Quanti innocenti ogni giorno sono sacrificati sull’altare della violenza, della brama, del potere, della superbia dei potenti e nell’indifferenza del resto del mondo?

Quanti giorni passano tra una notizia di cronaca e l’altra che ci rende noto di altri bambini affogati nel Mediterraneo? E di altri morti sotto le bombe in Ucraina? E altri ancora trucidati dal regime in Iran?

La storia di Giuseppe che è costretto a fuggire come un profugo dalla sua terra perché la vita del suo bambino appena nato è in grave pericolo è la stessa dei tanti disperati che ogni giorno si imbarcano dalla Libia su carrette che affondano solo a guardarle, sperando di riuscire ad attraversare il mare fino a Lampedusa…

È la stessa di quelle mamme che hanno preso in braccio i loro bambini a fine febbraio per scappare dall’Ucraina, senza sapere se avrebbero mai rivisto i loro mariti o figli più grandi…

L’indifferenza e il sospetto uccidono

Di fronte a queste tragedie ormai siamo abituati a chiudere occhi e orecchie, per non farci travolgere… magari dicendoci (come scusa) che noi non c’entriamo, e non possiamo farci nulla.

Ma prima di narrare la strage degli innocenti, Matteo tratteggia appena il dramma vissuto da Giuseppe, Maria e Gesù: loro sono scampati – sì – ma come avranno vissuto quegli anni in Egitto? L’evangelista sorvola, ma noi possiamo facilmente immaginare la cruda “accoglienza” che avranno riservato a quegli stranieri.

Basta leggere un’altra pagina della Bibbia per immaginare il fastidio sentito degli Egiziani:

sorse sull’Egitto un nuovo re… E disse al suo popolo: «Ecco che il popolo dei figli d’Israele è più numeroso e più forte di noi. Prendiamo provvedimenti nei suoi riguardi per impedire che aumenti». Allora vennero imposti loro dei sovrintendenti ai lavori forzati per opprimerli con i loro gravami… Ma quanto più opprimevano il popolo, tanto più si moltiplicava e cresceva oltre misura; si cominciò a sentire come un incubo la presenza dei figli d’Israele (cfr Es 1,8-14 trad. CEI 1974).

Quanto ci ricordano i nostri ritornelli queste parole: «Non c’è posto per tutti qui! Prima gli Italiani! Questi immigrati sono pericolosi, e ci portano via il lavoro!»

Il nostro sguardo sospettoso, la nostra diffidenza (quando non è addirittura odio razziale) uccide più del mare e delle bombe!

Quando i piccoli danno fastidio

Ci suscita odio Erode, che uccide senza distinzione tutti i bambini del circondario dai due anni in giù, sperando di eliminare anche il possibile “pretendente al trono”…

Ma quanti innocenti nella storia sono stati eliminati così, senza guardare in faccia a nessuno, con le scuse più assurde?

E non solo da Paesi con regimi dittatoriali che hanno applicato il controllo delle nascite per ragioni squisitamente economiche e politiche, ma anche da singoli individui, plagiati da “filosofi” che sostengono l’opportunità dell’aborto facendo leva proprio sull’argomento di quanto un figlio possa essere un “problema”, un “peso” insostenibile per la famiglia che dovrebbe accoglierlo…

Un grido silenzioso

È un grido silenzioso (o – peggio – silenziato) quello dei tanti innocenti che vengono schiacciati, magari non togliendo loro la vita fisicamente, ma distruggendo la loro innocenza, rendendoli spettatori e vittime delle violenze degli adulti.

È angosciante la citazione di Geremia riportata da Matteo:

«Un grido è stato udito in Rama,
un pianto e un lamento grande:
Rachele piange i suoi figli
e non vuole essere consolata,
perché non sono più».

Riusciamo ad entrare nel cuore disperato e straziato di una madre a cui sono stati strappati i figli?

Ce la facciamo oppure ci stiamo facendo ingoiare inesorabilmente dalla globalizzazione dell’indifferenza, che ci ha tolto la capacità di piangere?

Nemmeno ce la ricordiamo più l’immagine del piccolo Alan Kurdi che tanto sembrava aver scosso le coscienze?

Dov’è il lieto fine?

No, il vangelo non è una favoletta col lieto fine: la Parola di Dio non sempre accarezza, ma – per il nostro bene – sovente scuote dal loro torpore i cuori indifferenti e indolenti.

L’unico “lieto fine” del Vangelo è che – dal momento in cui Dio si è fatto carne – nessun grido innocente rimarrà mai più inascoltato.

Ecco perché questi giorni dell’Ottava di Natale sono tinti di rosso sangue, prima quello di Stefano e poi quello dei poveri Innocenti,

perché a questa generazione sia chiesto conto del sangue di tutti i profeti, versato fin dall’inizio del mondo: dal sangue di Abele fino al sangue di Zaccaria, che fu ucciso tra l’altare e il santuario (cfr Lc 11,50-51).

Dio salva nella Croce

Il dolore innocente è il problema più grande del mondo, è ciò che mette “in scacco” perfino la nostra fede in un Dio buono e misericordioso.

Come può Dio permettere queste cose? Addirittura: come può permettere che dei bambini innocenti muoiano a causa della nascita del Suo Figlio?

Non c’è risposta razionale al dolore, a nessun dolore, specialmente a quello innocente.

L’unica “risposta” è quella portata da Cristo, che – di fronte al dolore – non ha scansato la sofferenza, ma l’ha attraversata personalmente.

Come ha scritto Dietrich Bonhoeffer, grande teologo luterano, protagonista numero uno della resistenza al Nazismo:

Dio non ci salva dalla sofferenza, ma nella sofferenza. Non ci protegge dal dolore, ma nel dolore, non dalla croce, ma nella croce.

È questo il “lieto fine” della nostra storia nella quale Dio si è incarnato: alla fine il dolore, la sofferenza e la morte non avranno l’ultima parola, perché Dio

«asciugherà ogni lacrima dai loro occhi
e non vi sarà più la morte

né lutto né lamento né affanno,
perché le cose di prima sono passate» (cfr Ap 21,1-4).