Non è più la cena del Signore!

Il vostro non è più un mangiare la cena del Signore
Omelia per lunedì 16 settembre 2024

Celebrare la cena del Signore in chiesa e poi uscire fuori a mostrare divisione e mancanza di carità per i poveri è il più grande scandalo.

Letture: 1Cor 11,17-26.33; Sal 39 (40); Lc 7,1-10

Dopo la pausa domenicale riprendiamo la lettura della Prima Lettera ai Corinzi, anche se sabato, essendo festa dell’Esaltazione della Santa Croce, ci siamo persi una “puntata”.

Le puntate mancanti

Avremmo dovuto leggere la parte centrale del decimo capitolo, che contiene un’immagine eucaristica famosissima, che comunque abbiamo l’occasione di ascoltare nella Solennità del Corpus Domini:1

Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane (cfr 1Cor 10,14-22).

Anche la parte iniziale del capitolo 10° sarebbe stata molto interessante, perché propone una lettura allegorica della Storia di Israele:

Tutte queste cose accaddero a loro come esempio, e sono state scritte per nostro ammonimento, di noi per i quali è arrivata la fine dei tempi (cfr 1Cor 10,1-13).

E anche la parte finale, che contiene ancora un ammonimento sull’attenzione a non scandalizzare i fratelli più deboli (di cui parlavamo giovedì scorso riguardo alla questione degli idolotiti), e contiene un’altra frase paolina altrettanto famosa:

«Tutto è lecito!». Sì, ma non tutto giova. «Tutto è lecito!». Sì, ma non tutto edifica (cfr 1Cor 10,23-33).

Insomma, dobbiamo rassegnarci: non possiamo leggere e meditare tutta la Bibbia lungo l’anno liturgico; occorre fare un po’ da soli, o – meglio ancora – iscriversi alla Scuola della Parola, perché no?2

Meglio tralasciare…

Il brano odierno è tratto dall’undicesimo capitolo della Lettera, ed è preceduto da alcuni versetti che, parimenti, sono tralasciati dal Lezionario; ma questi penso anche io sia meglio non proporli nel contesto di una lettura liturgica durante la celebrazione eucaristica (cfr 1Cor 11,1-16).

Infatti, andrebbero spiegati a lungo in modo dettagliato, pieni di allusioni e immagini che difficilmente noi riusciamo a comprendere, perché legate agli usi e costumi della cultura biblica e del contegno raccomandato agli uomini e alle donne del tempo di Paolo: rischieremmo di fraintenderle come una serie di affermazioni sessiste.

Come si celebrava l’Eucaristia

Venendo finalmente al brano della Prima Lettura di oggi, abbiamo una pagina importantissima, che ci testimonia come l’Eucaristia ai tempi di Paolo non fosse celebrata nel modo liturgico e “sacrale” in cui la celebriamo noi oggi, in chiesa, ma nel contesto di una cena comunitaria.

Tale banchetto di amicizia (che si chiamava agàpe) aveva lo scopo di cementare la fratellanza della Comunità.

La cena della vergogna

Tornando a rimproverare i Corinzi per le loro divisioni già più volte richiamate, ora l’apostolo si riferisce direttamente al momento di tale cena comunitaria:

sento dire che, quando vi radunate in assemblea, vi sono divisioni tra voi…

Quando vi radunate insieme, il vostro non è più un mangiare la cena del Signore. Ciascuno infatti, quando siete a tavola, comincia a prendere il proprio pasto e così uno ha fame, l’altro è ubriaco… volete gettare il disprezzo sulla Chiesa di Dio e umiliare chi non ha niente?

Senza maschere

Ci sono due azioni in cui l’essere umano è pienamente se stesso e, perciò, si rivela pienamente per quello che è, senza maschere: il giocare e il mangiare; in questi due frangenti è davvero difficile nascondere il proprio carattere e la propria vera natura.

Ecco perché, se c’è divisione di cuori e di intenti, se manca la carità, a tavola si vede subito: laddove l’egoismo regna sovrano, c’è chi si abbuffa pensando solo a sé, e chi fa la fame.

La consegna

Partendo da questa situazione incresciosa, Paolo è costretto a richiamare il senso e il cuore della cena eucaristica, ovvero le parole fondative dell’Ultima Cena:

Io, infatti, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me»...

Anche questo richiamo è prezioso per noi, perché è una delle più antiche attestazioni della tradizione liturgica cristiana della formula utilizzata da secoli fino ad oggi durante l’Eucaristia.3

Rimprovero meritato

Al di là del suo valore storico e liturgico, questa pagina ci fa riflettere, perché credo che ci meritiamo pure noi tutto il rimprovero di Paolo:

Che devo dirvi? Lodarvi? In questo non vi lodo!

Infatti, se dovessimo tornare a “celebrare” l’Eucaristia in un contesto conviviale di pranzo o cena comunitaria come quello delle prime Comunità, tante delle cose che “nascondiamo” beffardamente dietro le formalità della sacralità liturgica apparirebbero in tutto il loro squallore.

E nei pochi momenti in cui le nostre comunità propongono momenti conviviali o di condivisione, è facile notare gli “scheletri nell’armadio”.

Celebrazioni false

Ma anche le nostre celebrazioni, spesso, lasciano intravedere tutta la loro falsità: non è infrequente notare, nelle nostre chiese, gente che sta bene attenta a non sedersi vicino a persone sgradite per non dovere scambiarsi nemmeno uno sguardo di pace…

Per non parlare dei pettegolezzi malevoli che qualcuno si permette di fare nei minuti precedenti la celebrazione (quando non durante!) o appena usciti di chiesa.

E non tocchiamo il tasto della carità, perché fuori da ciascuna delle nostre chiese ci stanno mendicanti, e non mi sembra facciano una gran fortuna con la carità che i cristiani hanno appena professato a parole durante la Santa Messa.


Chiediamo al Signore di celebrare sinceramente l’Eucarestia, perché sia davvero la cena del Signore, una cena di amicizia e fraternità, di attenzione caritatevole soprattutto verso i più poveri, portando fuori dalle mura della chiesa quanto abbiamo professato tutti assieme, devotamente, al suo interno.

  1. Cfr la Seconda Lettura della Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo (A). ↩︎
  2. In Diocesi ce n’è già una assolutamente egregia, che si può seguire, anche in differita e con calma, sull’apposito Canale YouTube. ↩︎
  3. Il testo di Paolo (che leggiamo nella sera del Giovedì Santo) è di molto antecedente i Vangeli (siamo tra il 53 e il 54 d.C.), ed è vicino a quello di Lc 22,19-20. ↩︎